Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2879 del 03/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 03/02/2017, (ud. 05/12/2016, dep.03/02/2017),  n. 2879

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 11064/2012, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n.12,

presso l’avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliato in Roma, alla via Nizza

n.59, presso lo studio dell’avvocato Astolfo Di Amato, rappresentato

e difeso dall’avvocato Domenico Stanga, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 78/23/11 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata il 28/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2016 dal consigliere dott. Rosario Caiazzo;

udito per il ricorrente l’avvocato dello Stato, che si riporta agli

scritti;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.

Sorrentino Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.G. impugnò, innanzi alla CTP di Caserta, l’avviso di accertamento redatto dall’agenzia delle entrate di Caserta, in ordine all’anno 2005, con cui, sulla base della documentazione contabile esibita dal contribuente in risposta ad un questionario notificato, riscontrando la mancata dichiarazione di spese per un lavoratore dipendente, fu ricostruito il maggior reddito d’impresa, ai fini irpef e iva, determinando maggiori ricavi per Euro 80.793,00 e, ai fini irap, un maggior valore della produzione pari a Euro 100.786,00.

Con sentenza emessa il 15.1.2009, la CTP adita accolse il ricorso; avverso tale sentenza, l’ufficio propose appello alla CTR di Napoli, respinto con sentenza emessa il 10.2.2011, adducendo l’insufficienza dell’unico elemento indiziario a sostegno dell’accertamento induttivo, cioè l’emissione di alcune bolle di consegna da parte di una persona diversa dal titolare dell’impresa, quale supposto lavoratore “al nero”.

Avverso tale sentenza, l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione.

Parte ricorrente ha formulato due motivi di ricorso; B.G. ha depositato il controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso, ex art. 360 bis c.p.c., n. 1 e art. 366c.p.c., comma 1, nonchè l’infondatezza del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, va rigettata l’eccezione d’inammissibilità dei motivi di ricorso, in quanto muniti dell’autosufficienza, in quanto essi descrivono con precisione le parti della sentenza appellata criticate e i motivi d’appello disattesi.

Il ricorso è fondato.

Con il primo motivo, l’agenzia delle entrate ha lamentato la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In particolare, la parte ricorrente ha censurato la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto illegittimo l’accertamento induttivo, di cui all’art. 39, comma 1, suddetto, in quanto fondato su un’unica argomentazione.

Il motivo merita accoglimento.

Al riguardo, occorre richiamare il consolidato orientamento della Corte secondo cui, in tema di accertamento delle imposte, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, fa salva la possibilità di desumere l’esistenza di attività non dichiarate, facendo ricorso a presunzioni semplici, assistite dalla connotazione civilistica di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c.. Ne consegue l’ammissibilità dell’accertamento induttivo del reddito, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, qualora la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile, in quanto confliggente con l’accertamento della presenza di “forza lavoro” non dichiarata (Cass., ord. 11.4.2013, n. 5731). Ora, nel caso concreto, la decisione impugnata non risulta conforme a tali principi.

La CTR ha violato l’art. 39 in esame, non avendo attribuito all’accertamento del rapporto di lavoro dipendente non dichiarato una valenza probatoria legittimante l’accertamento induttivo espletato, ritenendo erroneamente che non potesse essere utilizzato, a tal fine, un unico fatto presuntivo.

Invero, occorre ribadire quanto già altre volte affermato da questa Corte, e cioè che il convincimento del giudice può ben fondarsi anche su una sola presunzione, purchè grave e precisa, nonchè su una presunzione che sia in contrasto con altre prove acquisite, se si ritenga di tale precisione e gravità da rendere inattendibili gli elementi di giudizio ad essa contrari (Cass. 24/01/1983, n. 671; Cass., 21/05/1984, n. 3109). E neppure occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità: cioè che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza (Sez. un., 13.11.1996, n. 9961).

Nella fattispecie, il giudice d’appello non ha applicato correttamente i suddetti principi, ritenendo erroneamente, senza alcuna plausibile argomentazione, che il rinvenimento di alcune bolle di consegna di materiale firmate da una persona diversa dal titolare dell’impresa non costituisse fatto presuntivo idoneo a fondare un accertamento induttivo diretto all’accertamento di maggiori ricavi da ascrivere al contribuente.

Al riguardo, sono infondate le difese espresse dal B. nel controricorso, in quanto l’asserito impedimento a svolgere l’attività d’impresa e, dunque, l’eccepita insussistenza del rapporto lavorativo posto a sostegno dell’accertamento induttivo, non ha costituito motivo di decisione nella sentenza d’appello, in quanto la CTR ha solo argomentato dal rilievo della mancanza dei presupposti legittimanti l’accertamento induttivo.

La contestazione del rapporto lavorativo invocato dall’agenzia delle entrate afferisce all’asserita insussistenza del fatto storico che ha sorretto l’argomentazione presuntiva dell’ufficio fiscale, mentre la CTR ha respinto l’appello unicamente adducendo l’insufficienza di un unico fatto (il rapporto lavorativo non dichiarato) al fine di ritenere il medesimo non connotato dai requisiti della gravità e precisione.

Invece, è da ritenere che il fatto accertato e posto a sostegno dell’avviso impugnato (la firma di varie bolle di consegna di materiale susseguitesi nell’arco di un certo e non irrilevante periodo temporale) in quanto munito di precisione e gravità, legittimi l’accertamento effettuato, mentre il contribuente non ha fornito alcuna prova che superi la presunzione addotta dall’ufficio, considerando che l’impedimento invocato e l’asserito rapporto di parentela non possono escludere la presunzione di sussistenza del rapporto lavorativo subordinato con la persona che ha firmato le bolle di consegna richiamate, trattandosi di fatti del tutto neutrali e privi di intrinseca valenza dimostrativa al riguardo.

Il secondo motivo, afferente alla denuncia dell’insufficiente motivazione relativa ad un fatto controverso e decisivo – in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – è altresì fondato, in quanto la motivazione della sentenza impugnata non ha esposto con chiarezza e precisione i motivi del rigetto del gravame, ovvero della ritenuta insussistenza dei presupposti legittimanti l’applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, predetto art. 39, comma 1, in ordine alla ritenuta insufficienza dell’unico elemento indiziario utilizzato dall’ufficio fiscale.

Per quanto esposto, in accoglimento dei due motivi del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR per un riesame dei fatti.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della commissione tributaria regionale della Campania.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2017

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