Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28789 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. I, 09/11/2018, (ud. 14/03/2018, dep. 09/11/2018), n.28789

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

C.A., M.A., S.Z.,

Ma.Fr., M.F., T.A., P.P.,

P.G., Sc.Ga., m.m., m.s.,

elettivamente domiciliati in Roma, via G.G. Belli 27, presso lo

studio dell’avv. Gian Michele Gentile (fax 06/3214048; p.e.c.

gianrnichelegentile.ordineavvocatiroma.org), dal quale sono

rappresentati e difesi, giusta procure speciali a margine del

ricorso, unitamente all’avv. Pietro Usai (p.e.c.

avv.pietrousai.pec.it, fax 0782.480919) anche in via disgiunta, che

dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al processo al

fax e alla p.e.c.;

– ricorrenti –

nei confronti di:

Comune di Tortolì, rappresentato e difeso, come da mandato a margine

del controricorso, dall’avv. Filippo Lubrano (fax 06/3214981, p.e.c.

avv.filippolubrano.pec.it) ed elettivamente domiciliato in Roma, via

Flaminia 79, presso lo studio legale Lubrano & Associati;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 314/2012 della Corte di appello di Cagliari,

emessa l’8 giugno 2012 e depositata il 15 giugno 2012, nella causa

iscritta al n. R.G. 475/2004;

lette le conclusioni del P.G. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Cons. Dott. Lucio Capasso;

sentita la relazione in Camera di consiglio del relatore Cons. Dott.

Giacinto Bisogni.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. I Sig.ri C.A., D.F.M.P., Ma.Fr., m.u., S.Z., P.P. e G. e T.A. hanno convenuto in giudizio il Comune di Tortolì, davanti al Tribunale di Lanusei assumendo di essere comproprietari di un immobile occupato in forza del decreto dell’Assessore ai lavori pubblici della Regione Sardegna del 20 settembre 1988 in vista dell’espropriazione per pubblica utilità per la realizzazione di una zona archeologica attrezzata.

L’occupazione, autorizzata in via di urgenza con ordinanza n. 3/1988 del Sindaco del Comune di Tortolì, era divenuta illegittima per la mancata emanazione del definitivo provvedimento di esproprio e della impossibilità per i proprietari di ottenere la restituzione delle aree a causa dell’avvenuta realizzazione dell’opera. Gli attori hanno chiesto la condanna del Comune al pagamento di una somma pari al valore del bene o comunque al risarcimento del danno per la perdita del diritto dominicale rapportato al valore di mercato del bene; al risarcimento dei danni per il diminuito valore dell’area restante a causa dell’imposizione di una fascia di rispetto; al risarcimento dei danni per la compromissione del sistema di irrigazione; al pagamento dell’indennità per l’occupazione legittima; agli interessi e alla rivalutazione monetaria.

2. Nel corso del giudizio si sono costituiti gli eredi di D.F.M.P., M.A. e F..

3. Il Tribunale di Lanusei, con sentenza n. 59/2004, ha dichiarato la sua incompetenza a conoscere della determinazione dell’indennità di occupazione e ha condannato il Comune convenuto al risarcimento dei danni ed al rimborso delle spese di giudizio. Il Tribunale, accertato che i terreni oggetto della controversia non hanno natura edificatoria e ritenuto che tale circostanza non comporta necessariamente che le aree devono essere valutate in base all’utilizzazione agricola bensì in base alla dimostrata diversa destinazione di esse, comunque compatibile con l’inedificabilità, ha recepito la stima del CTU che ha indicato in Lire 18.000 al metro quadrato il valore dei terreni.

4. La sentenza è stata impugnata, davanti alla Corte d’Appello di Cagliari, dal Comune di Tortolì che ha contestato la mancata applicazione dell’art. 43, in combinato disposto con il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55 e ha eccepito che non si era realizzata la irreversibile trasformazione dei terreni, nè era ipotizzabile una utilizzazione “intermedia” degli stessi. Ha chiesto che la determinazione del valore del terreno venisse effettuata sulla base degli indici agricoli normativamente previsti.

5. Hanno proposto appello incidentale anche i proprietari delle aree per la determinazione della indennità di occupazione legittima.

6. La Corte d’Appello, con sentenza n. 314/2012, ha accolto l’appello del Comune e riformato parzialmente la sentenza di primo grado sul presupposto della non configurabilità di un valore commerciale delle aree in questione in ragione della loro totale inutilizzabilità derivante da vincolo archeologico. A sostegno di tale decisione la Corte di appello ha rilevato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 181/2011, dichiarando l’incostituzionalità del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40, non ha inciso sul primo comma di tale norma ma esclusivamente sul comma 2, che stabilisce un riferimento di tipo tabellare in base al valore agricolo prescindendo da qualsiasi altro dato valutativo inerente ai requisiti specifici del terreno laddove il comma 1, rimasto in vigore, si riferisce esclusivamente alla effettiva destinazione agricola senza prevedere un valore agricolo medio e consentendo al giudice di merito una interpretazione costituzionalmente orientata. Con riferimento alla ipotesi come quella in esame di soggezione a vincolo archeologico ex L. n. 1089 del 1939, la Corte di appello ha ritenuto che il valore agricolo medio rappresenti in concreto il valore del bene oggetto della controversia data la completa inutilizzabilità del fondo e la conseguente non configurabilità di un valore commerciale.

7. Avverso la sentenza d’appello propongono ricorso i sigg.ri C.A., M.A., S.Z., Ma.Fr., M.F., T.A., P.P., P.G., Sc.Ga., m.m., m.s. affidandosi a sette motivi di impugnazione.

8. Il Comune di Tortolì si difende con controricorso.

9. Le parti depositano memorie difensive.

Diritto

RILEVATO

che:

10. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto laddove la sentenza appellata ha applicato la disciplina di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40, mentre avrebbe dovuto applicare la L. n. 2359 del 1865, art. 39. Parte ricorrente ritiene errato il richiamo al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 40, in quanto l’art. 57 dello stesso D.P.R. (T.U. in materia espropriativa) stabilisce che le disposizioni del testo unico non sono applicabili nei casi in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001.

11. Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (D.P.R. n. 321 del 2001 art. 40; art. 2043 c.c.). Secondo i ricorrenti la Corte di appello ha fondato la sua decisione su un presupposto giurisprudenziale inesistente e cioè l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 40 del Testo Unico in materia di espropriazione alle ipotesi di occupazione appropriativa. In tal modo è pervenuta all’erronea applicazione del criterio del valore agricolo medio anzichè dell’art. 2043 cc. e alla determinazione del danno risarcibile con riferimento al valore reale del bene.

12. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 865 del 1971 art. 16). I ricorrenti censurano la decisione della Corte d’appello per avere, nonostante il riconoscimento dell’incostituzionalità del criterio tabellare, perchè avulso dai requisiti specifici del bene, applicato incoerentemente il criterio del valore agricolo medio previsto dalla L. n. 865 del 1971, art. 16, ritenendo il bene insuscettibile di una valutazione commerciale.

13. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 865 del 1971 art. 16) per avere la Corte di appello applicato il criterio del valore agricolo medio sul presupposto dell’inutilizzabilità del terreno ritenendo ancora possibile nonostante la dichiarazione di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 181 del 2011 l’utilizzazione di tale criterio. Secondo i ricorrenti tale decisione si basa sull’erronea convinzione, che non trova alcun riferimento normativo nè giurisprudenziale, secondo cui occorre distinguere dai terreni edificabili non sono quelli inedificabili soggetti a possibile utilizzazione agricola ma anche i terreni privi di qualsiasi utilizzazione pratica anche agricola come quello per cui si controverte in quanto soggetto a un vincolo conformativo archeologico. Sulla base di questo infondato presupposto la Corte di appello è pervenuta a ritenere che mentre i terreni agricoli siano valutabili sulla base del valore di mercato quelli assoggettati a vincolo archeologico siano valutabili solo sulla base del valore agricolo medio.

14. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 112 e 342 c.p.c.). La Corte d’appello, secondo i ricorrenti, si è pronunciata ultra petita perchè il Comune di Tortolì aveva chiesto che il risarcimento del danno fosse commisurato a quanto spettante per l’espropriazione di fondi agricoli senza alcuna decurtazione per effetto del vincolo conformativo archeologico, mentre la Corte distrettuale cagliaritana ha differenziato la qualitas del fondo rispetto ai terreni agricoli cadendo nella predetta e incomprensibile applicazione del valore agricolo medio.

15. Con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 2359 del 1865, art. 39). La Corte di appello non ha preso in considerazione le C.T.U. espletate nel primo grado di giudizio nè gli atti pubblici allegati che consentivano di accertare il reale pregio delle aree in questione. Inoltre ha ritenuto erroneamente irrilevante, ai fini della esatta determinazione del valore di mercato del bene, l’espletamento di una nuova CTU.

16. Con il settimo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (D.P.R. n. 321 del 2001, art. 40; L. n. 865 del 1971, art. 16; artt. 112 e 342 c.p.c., L. n. 2359 del 1865, art. 39). I ricorrenti affermano che la Corte d’appello ha calcolato erroneamente l’indennità per l’occupazione legittima dovuta ad essi per il periodo dal 20/09/1988 al 20 settembre 1995, in quanto anche relativamente a tale quantificazione la Corte di appello è pervenuta sulla base del valore agricolo medio dei terreni.

Ritenuto che:

17. I motivi di ricorso per la loro stretta connessione vanno esaminati congiuntamente.

18. Il riferimento della Corte di appello all’art. 40 del Testo Unico in materia di espropriazione (D.P.R. n. 327 del 2001) è erroneo in quanto, nei giudizi aventi ad oggetto la determinazione dell’indennità di espropriazione, relativi a procedimenti in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia stata emessa prima del 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, opera la disciplina transitoria prevista dall’art. 57 del D.P.R. stesso, secondo cui le disposizioni del testo unico non si applicano qualora, alla data di entrata in vigore del decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, mentre continuano invece ad applicarsi tutte le normative vigenti a quella data (cfr. Cass. civ., sez. 1, n. 3749 del 9 marzo 2011).

19. In tema di espropriazione per pubblica utilità, l’attuale sistema indennitario e risarcitorio è fondato sul valore venale del bene, applicabile non soltanto ai suoli edificabili, da ritenersi tali sulla base del criterio dell’edificabilità legale ma anche, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 181 del 2011, ai suoli inedificabili, assumendo rilievo per tale ultima categoria ai fini indennitari e risarcitori la possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative etc.) sempre che siano assentite dalla normativa vigente sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative (Cass. civ. sez. 1 n. 25314 del 25 ottobre 2017 con riferimento a una fattispecie nella quale la sentenza impugnata, sia in ordine all’indennità di occupazione che al risarcimento per la perdita del bene aveva utilizzato il criterio, superato dallo jus superveniens, del valore agricolo medio).

20. Non è neanche condividibile il ragionamento della Corte di appello che si basa sulla ricognizione della inutilizzabilità del terreno per effetto del vincolo conformativo archeologico in quanto, come anche di recente affermato dalla giurisprudenza di legittimità la stima deve essere effettuata applicando il criterio generale del valore venale pieno, potendo l’interessato dimostrare che il fondo sia suscettibile di uno sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, pur senza raggiungere il livello dell’edificatorietà e che, quindi, abbia una valutazione di mercato che rispecchia possibilità di utilizzazione intermedie tra l’agricola e l’edificatoria (ad esempio, parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti). Ove la natura edificatoria sia del tutto esclusa in applicazione del parametro stabilito dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, perchè l’area risulti sottoposta ad un vincolo di inedificabilità assoluta previsto dalla normativa statale o regionale od alle previsioni di qualsiasi atto di programmazione o di pianificazione del territorio che abbia precluso il rilascio di atti abilitativi della realizzazione di edifici manufatti di natura privata, deve essere applicato, in virtù dello ius superveniens costituito dalla sentenza della Corte cost. n. 181 del 2011, il criterio del valore venale pieno considerando, a tale fine, le possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria – parcheggi, depositi, chioschi, ecc., purchè assentite dalla normativa vigente (Cass. civ., sez. 1, n. 24150 del 13 ottobre 2017). In ogni caso il criterio del valore pieno del bene applicabile anche ai terreni non edificabili comporta la necessità di tenere conto dei requisiti specifici del bene e della sua potenzialità extra-agricola.

21. Il ricorso va pertanto accolto affinchè la Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, applichi alla controversia i principi affermati dalla citata giurisprudenza, regolando altresì le spese processuali del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Cagliari che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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