Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28788 del 30/11/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 30/11/2017, (ud. 27/06/2017, dep.30/11/2017),  n. 28788

Fatto

RILEVATO

che con sentenza depositata il 4 ottobre 2011 la Corte di Appello di Venezia accoglie l’appello dell’Azienda ULSS (OMISSIS) della Regione Veneto e, in totale riforma della sentenza n. 433/2007 del Tribunale di Padova, respinge ogni domanda originariamente proposta da T.I.;

che la Corte territoriale, per quel che qui interessa, precisa che:

a) è fondamentale e assorbente il primo motivo di appello con cui l’Azienda sanitaria rileva che il primo giudice non ha considerato la sentenza n. 3684/2005 del TAR Veneto, dichiarativa dell’estinzione del rapporto di lavoro della T. a decorrere dal 25 novembre 1997, poi divenuta cosa giudicata a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. 4368/2007 che ha definitivamente respinto il ricorso della T.;

b) la T. non contesta gli effetti retroattivi del licenziamento esaminato nelle anzidette sentenze e delle sentenze stesse – con conseguente cessazione della titolarità giuridica del rapporto a decorrere dal 25 novembre 1997 – ma invoca l’applicazione dell’art. 2126 C.C., per il periodo in cui il rapporto ha avuto comunque esecuzione;

c) anche in sede di ricorso ex art. 669-duodecies c.p.c., proposto dalla T. per ottenere l’attuazione dell’ordine cautelare impartito ex art. 700 c.p.c. dal Tribunale di Padova all’Azienda – avente ad oggetto la riattribuzione alla ricorrente delle funzioni dirigenziali di responsabile dell’Unità Operativa Cure Primarie del distretto di (OMISSIS) – il suddetto ordine è stato considerato non suscettibile di esecuzione in forma specifica perchè implicante scelte gestionali dell’Azienda, tanto che anche il giudice di primo grado si è limitato ad accertare la violazione dei diritti soggettivi dell’interessata e a disporre la condanna della AUSL al solo risarcimento dei danni;

d) da ciò si evince che la T. non ha mai svolto le funzioni dirigenziali per le quali invoca l’applicazione dell’art. 2126 c.c. la quale, per tale ragione, deve essere esclusa.

che avverso tale sentenza T.I. propone ricorso affidato a sei motivi, al quale oppone difese con controricorso l’Azienda ULSS n. (OMISSIS) EUGANEA, oggi subentrata alla soppressa ULSS (OMISSIS) della regione Veneto e ritualmente costituita in giudizio con atto del 9 giugno 2017 depositato in atti insieme con la documentazione.

Diritto

CONSIDERATO

che, il ricorso è articolato in sei motivi;

che con il primo, il secondo, il terzo e il quinto motivo, si denunciano vizi di motivazione, a volte anche unitamente con violazioni di norme di diritto, nei seguenti termini:

a) per avere la Corte territoriale, con motivazione insufficiente ed errata, accolto l’appello dell’Azienda sanitaria sull’assorbente rilievo della mancata considerazione da parte del primo giudice della sentenza n. 3684/2005 del TAR Veneto che ha dichiarato l’estinzione del rapporto di lavoro della T. a decorrere dal 25 novembre 1997, senza considerare che la AUSL non aveva prodotto tale sentenza in primo grado, che le domande proposte al giudice ordinario riguardavano un periodo di tempo successivo, che la sentenza del Consiglio di Stato n. 4368/2007 che ha definitivamente respinto il ricorso della T. è stata depositata dopo la lettura in udienza del dispositivo della sentenza del Tribunale di Padova (primo motivo);

b) per avere la Corte d’appello escluso l’applicabilità dell’art. 2126 – così anche violandolo – sull’assunto secondo cui in assenza di effettività e corrispettività della prestazione lavorativa non può esservi retribuzione, mentre la retribuzione spetta anche per i periodi di messa a disposizione delle energie lavorative. E, nella specie, la T. non ha potuto svolgere le proprie mansioni perchè la AUSL non ha eseguito l’ordine di reintegrazione impartito dal Tribunale di Padova (secondo motivo);

c) per avere la Corte veneziana, in modo superficiale, ritenuto fondamentale e assorbente rispetto a tutte le altre questioni la mancata considerazione da parte del primo giudice della sentenza del TAR Veneto, divenuta definitiva, senza valutare che il suddetto assorbimento non poteva riguardare i danni subiti per la mancata reintegra e quelli, all’immagine, alla professionalità e alla stessa esistenza, derivanti dai reiterati comportamenti mobbizzanti della AUSL, danni di natura aquiliana, rispetto ai quali il rapporto di lavoro si configura come una semplice occasione (terzo motivo);

d) per avere la Corte veneziana – in modo superficiale e con violazione dell’art. 5 del CCNL 1998-2001 per la dirigenza medica – per effetto del suddetto assorbimento annullato anche la pronuncia del primo giudice che, nei termini ivi indicati, aveva riconosciuto alla T. l’indennità di esclusività (quinto motivo).

che, con il quarto e il sesto motivo si denunciano vizi di nullità della sentenza per omessa pronuncia o motivazione, deducendo in particolare:

a) omessa motivazione in ordine al punto della sentenza di primo grado che ha condannato la AUSL al risarcimento dei danni in favore della T. (quarto motivo);

b) omessa motivazione sul punto della sentenza del Tribunale di Padova che ha riconosciuto il diritto della T. ad ottenere l’indennità di esclusività, prevista dall’art. 5, parte economica, del CCNL 1998-2001 (sesto motivo);

che va preliminarmente chiarito che: 1) nel presente giudizio si applica ratione temporis l’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo antecedente la modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, ART. 54 convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (in quanto la sentenza impugnata è stata depositata il 4 ottobre 2011, cioè prima dell’11 settembre 2012); 2) le censure risultano prospettate con il dovuto rispetto del principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, essendo stato assolto il duplice onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6, e all’art. 369 c.p.c., n. 4, grazie all’allegazione dei documenti richiamati e alla riproduzione nel ricorso delle loro parti salienti ai fini dell’esame da parte di questa Corte della sussistenza dei vizi denunciati senza necessità del compimento di generali verifiche degli atti (vedi, per tutte: Cass. SU 11 aprile 2012, n. 5698; Cass. SU 3 novembre 2011, n. 22726; Cass. 14 settembre 2012, n. 15477; Cass. 8 aprile 2013, n. 8569);

che, passando all’esame del merito delle censure, il primo motivo non è fondato;

che, infatti, pur se, in ipotesi, il Tribunale di Padova – quando ha emesso la sentenza di primo grado n. 433/2007, 18 maggio-6 agosto 2007 – non era a conoscenza della sentenza del TAR Veneto (pubblicata il 14 ottobre 2005) ed ignorava pure l’esistenza della sentenza n. 4368/2007 del Consiglio di Stato che, peraltro, essendo stata depositata il 3 agosto 2007, al momento dell’emanazione del dispositivo della sentenza padovana non era ancora stata pubblicata e tanto meno era passata in giudicato, è sicuro che, in ogni caso, la Corte d’appello non poteva non tenere conto del giudicato amministrativo formatosi a seguito della sentenza suddetta del Consiglio di Stato;

chi, infatti, in base a consolidati e condivisi indirizzi di questa Corte, non essendovi intestazione fra le parti circa il contenuto della sentenza del giudice amministrativo passata in giudicato e sulla relativa influenza sul giudizio in corso, la Corte d’appello era tenuta a rilevare – anche d’ufficio, in ipotesi – l’esistenza del giudicato esterno, perchè il giudicato esterno, al pari di quello interno, risponde alla finalità d’interesse pubblico di eliminare l’incertezza delle situazioni giuridiche e di rendere stabili le decisioni, sicchè essa è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e, non applicandosi a tale riguardo le limitazioni concernenti il divieto di proposizione di questioni nuove nel giudizio di secondo grado, la relativa eccezione può essere validamente proposta per la prima volta dalla parte interessata con l’atto di appello (vedi, per tutte; Cass. SU 16 giugno 2006, n. 13916; Cass. 29 luglio 2011, n. 16675; Cass. 3 aprile 20(OMISSIS), n. 8607);

che, pertanto, il primo motivo va respinto in quanto sul punto relativo alla rilevanza del giudicato esterno la motivazione della sentenza risulta corretta, senza che possa assumere una qualche valenza in contrario l’uso dell’espressione “mancata considerazione della sentenza… del TAR Veneto” riferita al giudice di primo grado, in quanto non solo essa compare in una parte della sentenza in cui si riporta il primo motivo di appello dell’Azienda, ma in ogni caso si tratta di una espressione priva di decisività, per quanto si è detto;

che anche il secondo motivo non è fondato;

che, invero, come esattamente ha affermato la Corte territoriale l’art. 2126 c.c. non è applicabile nella specie perchè viene invocato dalla T. in riferimento a funzioni dirigenziali che non sono mai state svolte, anche se a causa della mancata esecuzione dell’ordine ex art. 700 c.p.c. da parte della AUSL, ordine non coercibile, secondo quanto correttamente si rileva nella sentenza impugnata ricordando il provvedimento emesso in sede di ricorso ex art. 669-duodecies c.p.c., proposto dalla T. per ottenere l’attuazione dell’ordine cautelare impartito ex art. 700 c.p.c. dal Tribunale di Padova all’Azienda;

che, come si desume anche dal chiaro tenore letterale dell’art. 2126 c.c. la norma è diretta a riconoscere il diritto del lavoratore al trattamento retributivo e alla contribuzione previdenziale per il tempo in cui il rapporto di lavoro ha avuto materiale esecuzione e, in questi termini, è applicabile anche nei confronti della Pubbliche Amministrazioni, assoggettate al regime del lavoro pubblico contrattualizzato (vedi, per tutte, di recente: Cass. 30 giugno 2016, n. 13472; Cass. 21 novembre 2016, n. 645 e tra le prime: Cass. 3 luglio 2003, n. 10551);

che il terzo e quarto motivo, da esaminare insieme, sono da accogliere, nei limiti di seguito precisati;

che, con essi si sostiene, in sintesi, che l’assorbimento di tutte le censure per effetto del menzionato giudicato esterno (che nel 2007 ha dichiarato, retroattivamente, l’estinzione del rapporto di lavoro della T. a decorrere dal 25 novembre 1997) disposto dalla Corte territoriale non poteva tuttavia riguardare i danni subiti dalla ricorrente per la mancata reintegrazione nonchè quelli all’immagine, alla professionalità e alla stessa esistenza, come riconosciuti dalla sentenza di primo grado del Tribunale di Padova, danni dì natura aquiliana, rispetto ai quali il rapporto di lavoro si configura come una semplice occasione;

che, in effetti, la pacifica efficacia retroattiva del suddetto il giudicato esterno non può certamente travolgere la suddetta condanna – che dalla sentenza di primo grado risulta limitata al risarcimento del danno all’immagine nonchè del danno esistenziale (con la precisazione del carattere assorbente dell’accoglimento della domanda per quest’ultimo tipo di danno rispetto alle domande per risarcimento del danno alla professionalità e biologico) – in quanto si tratta di danni derivanti da comportamenti della PA collegati al rapporto di lavoro da un nesso di mera occasionalità ed integranti una violazione dei doveri che la Pubblica Amministrazione ha nei confronti della generalità dei cittadini – e, quindi, anche dei dipendenti, come persone – in virtù della clausola generale del “neminem laedere” (arg. ex Cass. SU 21 dicembre 2000, n. 1324);

che anche il quinto e il sesto motivo, anch’essi da esaminare congiuntamente, vanno accolti parzialmente;

che al riguardo la ricorrente sostiene che la Corte veneziana – in modo superficiale e con violazione dell’art. 5 del CCNL 1998-2001 per la dirigenza medica – ha, per effetto del suddetto assorbimento, annullato anche la pronuncia del primo giudice che, nei termini ivi indicati, aveva riconosciuto alla T. l’indennità di esclusività;

che come affermato da questa Corte (vedi, per tutte: Cass. 10 aprile 2015, n. 7292) dall’art. 5 del CCNL dirigenza medica 1998-2000 nonchè dal CCNL stipulato l’8 giugno 2000 di interpretazione autentica degli artt. 5 e 12 del CCNL – secondo biennio economico 2000-2001 – dell’Area della Dirigenza Medica e Veterinaria del SSN si desume che l’indennità di esclusività è riconosciuta sulla base dell’esperienza dirigenziale maturata;

che, quindi, nella specie: a) la pronuncia del primo giudice sul punto non poteva essere integralmente travolta dall’assorbimento in oggetto; b) tuttavia, il riconoscimento dell’indennità in questione deve essere limitato al periodo di effettivo svolgimento delle funzioni dirigenziali da parte della ricorrente, quale accertato giudizialmente;

che, in sintesi, i primi due motivi di ricorso vanno respinti e gli altri motivi devono essere, invece, accolti, nei limiti indicati;

che la sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati e, quindi, anche al seguente: “L’efficacia retroattiva del giudicato (interno o esterno) che abbia affermato la legittimità del licenziamento di un lavoratore non può travolgere la disposta condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno all’immagine nonchè del danno esistenziale del dipendente in quanto si tratta di danni derivanti da comportamenti datoriali collegati al rapporto di lavoro da un nesso di mera occasionalità ed integranti una violazione del generale principio del “neminem laedere”, che sono riconosciuti al danneggiato non nella sua qualità di lavoratore ma come persona. Tale principio si applica anche nei rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato, nei quali, in una simile evenienza, vengono in considerazione i doveri che la Pubblica Amministrazione ha nei confronti della generalità dei cittadini – e, quindi, anche dei dipendenti, come persone – in virtù della clausola generale del “neminem laedere””.

PQM

La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso e accoglie gli altri quattro motivi, nei termini di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2017

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