Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28788 del 19/10/2021

Cassazione civile sez. trib., 19/10/2021, (ud. 11/05/2021, dep. 19/10/2021), n.28788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22781-2015 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA, 262/264, presso lo studio degli avvocati SALVATORE

TAVERNA ed ANNA STEFANINI che lo rappresentano e difendono

unitamente all’avvocato ALESSANDRO PAINO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE DELLO STATO, AGENZIA

DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI PALERMO – UFFICIO

CONTROLLI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 814/2015 della COMM. TRIB. REG. SICILIA,

depositata il 25/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/05/2021 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

In data 15.12.2010, la D.P. di Palermo notificò ad M.A. (titolare della ditta individuale “La parete e il soffitto”) un avviso di accertamento con cui – non avendo il contribuente presentato la dichiarazione dei redditi per l’anno 2004 – si accertava induttivamente il reddito d’impresa per detto anno, determinando le imposte dovute per IRPEF, IRAP ed IVA, oltre interessi e sanzioni.

Proposto ricorso dal contribuente, la C.T.P. di Palermo lo accolse con sentenza n. 163/6/12, ritenendo non sussistere i presupposti per l’accertamento induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d-bis, richiamato nell’atto impositivo. La C.T.R. per la Sicilia, con decisione del 25.2.2015, riformò però la prima sentenza, accogliendo l’appello dell’Ufficio. Osservò in particolare il secondo giudice che, stante la mancata presentazione della dichiarazione da parte del contribuente, l’Ufficio legittimamente poteva procedere ad accertare induttivamente il reddito d’impresa, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41, sulla base di qualsiasi informazione nella sua disponibilità (nella specie, mediante applicazione di una percentuale di ricarico pari al 70%, identica a quella concernente l’anno d’imposta 2003, in cui il M. aveva invece presentato la dichiarazione), mentre il diritto di detrazione dell’IVA assolta non poteva essere riconosciuto, stante l’assoluta irregolarità della contabilità.

M.A. ricorre ora per cassazione, sulla base di due motivi, illustrati da memoria, cui resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39, comma 2, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Il ricorrente si duole della erroneità del ricorso alla percentuale di ricarico (70%) riferibile all’anno precedente a quello in discussione, anche perché l’Ufficio non ha tenuto conto che per l’anno successivo (2005) detta percentuale s’era assestata ad un livello più basso, segno della fluttuazione della percentuale stessa e, più in generale, della non trasportabilità automatica dei dati da un esercizio all’altro.

1.2 – Con il secondo motivo, si lamenta violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19,21 e 55, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Il ricorrente lamenta l’erronea esclusione del diritto di detrazione, stante il principio di neutralità dell’IVA, di derivazione comunitaria.

2.1 – Preliminarmente, va rilevata l’inammissibilità del ricorso come proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, noto essendo che in tema di contenzioso tributario, a seguito del trasferimento alle Agenzie fiscali, da parte del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 57, comma 1, di tutti i “rapporti giuridici”, i “poteri” e le “competenze” facenti capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze, a partire dal primo gennaio 2001 (giorno di inizio di operatività delle Agenzie fiscali in forza del D.M. 28 dicembre 2000, art. 1), unico soggetto passivamente legittimato è l’Agenzia delle Entrate (da ultimo, ex plurimis, Cass. n. 1462/2020).

3.1 – Ciò posto, il primo motivo è infondato.

Infatti, è indiscutibile che la mancata presentazione della dichiarazione fiscale consente all’Amministrazione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, di far ricorso all’accertamento induttivo, il che abilita l’utilizzo anche delle presunzioni cc.dd supersemplici, che prescindono dai requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui al citato D.P.R., art. 38, comma 3, potendo procedersi alla rideterminazione del reddito sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza del fisco.

E’ senz’altro vero che ogni esercizio ha le sue peculiarità, sicché i dati contabili non possono essere trasportati automaticamente da un esercizio all’altro. Tuttavia, se ciò vale riguardo al reddito, non altrettanto può dirsi riguardo agli elementi della gestione suscettibili di rimanere costanti, salva diversa allegazione (v. Cass. n. 5049/2011): ciò è riferibile anche alla percentuale di ricarico, trattandosi in sostanza di valutazioni in linea con la continuità aziendale, ben potendo presumersi che, alla luce dei costi della gestione, l’imprenditore mantenga nel tempo i propri obiettivi di redditività. Si tratta certo di presunzione, tuttavia vincibile dal contribuente mediante allegazione (e dimostrazione) di elementi in fatto di segno contrario o con carattere derogatorio, che nella specie non risultano però utilmente invocati dal M..

Inammissibile, poi, si rivela quanto addotto al riguardo dal ricorrente in memoria, ove si è perorato nella sostanza un tentativo di ampliare il thema decidendum alla questione del criterio del costo del venduto ed in relazione alla composizione del paniere di beni di raffronto, questione che però non risulta mai proposta nei gradi di merito.

4.1 – Il secondo motivo è invece fondato.

Nel solco della giurisprudenza Eurounitaria, le Sezioni Unite della S.C., con sentenza n. 17757/2016, hanno di recente affermato che “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili”.

Detto principio enunciato dalle Sezioni Unite nella richiamata pronuncia (nonché nella coeva Cass., Sez. Un., n. 17758/2016), è stato ancor più recentemente ribadito da Cass. n. 8131/2018, e molte altre, secondo cui “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, deve essere riconosciuta dal giudice tributario qualora il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio di impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili”.

Il diritto alla detrazione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, dunque, opera eminentemente sul piano probatorio, occorrendo che il contribuente che l’invoca dimostri compiutamente la sussistenza dei presupposti sostanziali del diritto stesso, il che “esclude… la rilevanza dell’assenza di quelli formali, sempre che sia rispettata la cornice biennale prevista dal D.P.R. n. n. 633 del 1972, art. 19, per l’esercizio del diritto di detrazione (secondo le precisazioni espresse, in particolare, da Cass. 28 luglio 2015, n. 14767, confermate, tra varie, da Cass. 3 marzo 2017, n. 5401)” (così, Cass. n. 4392/2018, in motivazione).

Detti presupposti sostanziali del diritto alla detrazione consistono, in particolare, nella circostanza “che gli acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, parimenti debitore dell’IVA agli stessi attinente, e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili” (Cass. n. 6921/2017).

Ora, con la sentenza impugnata, la C.T.R. ha negato la detrazione dell’IVA sugli acquisti a cagione della mancanza di una contabilità regolarmente tenuta, ma evidentemente errando. L’assunto non è infatti condivisibile, perché non rispettoso del principio di neutralità dell’IVA, come descritto e applicato dalla più recente giurisprudenza di legittimità e da quella Eurounitaria cui la prima si riferisce.

Infatti, poiché ciò che rileva, ai fini del diritto alla detrazione dell’IVA, è la sola sussistenza dei requisiti sostanziali, supra meglio descritti (e salvo quanto infra), la stessa S.C. è giunta a precisare che “In tema di IVA, il diritto alla detrazione deve essere riconosciuto anche nel caso di violazione di requisiti formali di cui agli artt. 18 e 22 Dir. n. 77/388/CEE (cd. sesta Dir.) – quali la mancata redazione delle dichiarazioni periodiche o di quella annuale, ovvero l’omessa tenuta del registro IVA acquisti – qualora il contribuente dimostri, mediante fatture o altra idonea documentazione contabile, il rispetto dei requisiti sostanziali di cui all’art. 17 della citata Dir. , purché detto diritto venga esercitato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è sorto ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8, comma 3” (Cass. n. 19938/2018).

In sostanza, come in parte anticipato, il problema mantiene la sua rilevanza sul piano esclusivamente probatorio (quanto alla sussistenza di detti requisiti) anche quando il contribuente abbia addirittura omesso non solo di presentare la dichiarazione annuale, ma anche quelle periodiche e di istituire il registro IVA acquisti. L’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, quindi, è erronea, così come la tesi difensiva propugnata dall’Agenzia in controricorso, seppur fondata su giurisprudenza di legittimità precedente al citato arresto delle Sezioni Unite, non ancora intervenuto all’epoca del suo confezionamento.

5.1 – In definitiva, il primo motivo è infondato, il secondo è accolto. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla C.T.R. per la Sicilia, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame dell’appello dell’Ufficio – limitatamente alla questione della detrazione dell’IVA, com’e’ ovvio – attenendosi ai superiori principi ed accertando in particolare, ove dovesse ritenere che il contribuente abbia adempiuto l’onere probatorio sullo stesso gravante quanto ai requisiti sostanziali, se sussista l’ulteriore presupposto dell’esercizio del diritto di detrazione nell’ambito della c.d. cornice biennale (avuto riguardo al testo dell’art. 19 cit. vigente ratione temporis, ossia prima della modifica apportata, sul punto, dal D.L. n. 50 del 2017, conv. in L. n. 96 del 2017, che ha ridotto detto periodo ad un anno). S’e’ già visto, infatti, che il diritto alla detrazione deve essere esercitato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto; detto esercizio, però, può espletarsi esclusivamente in seno alla dichiarazione (v. Cass. n. 26709/2016, Cass. n. 6223/2017), sicché occorre verificare se essa sia stata presentata nel biennio successivo e se in detta dichiarazione il diritto di detrazione stesso sia stato o meno esercitato. Ciò al fine di accertare, appunto, se il M. sia o meno incorso nel termine di decadenza biennale stabilito dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, all’epoca vigente, sulla cui compatibilità con la normativa Eurounitaria s’e’ più volte espressa la Corte di Giustizia (per tutte, Corte giust. 28 luglio 2016, causa C332/15, Astone).

P.Q.M.

la Corte rigetta il te=ii primo motivo e accoglie il secondo; cassa in relazione e rinvia alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 11 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2021

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