Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28786 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. I, 16/12/2020, (ud. 11/11/2020, dep. 16/12/2020), n.28786

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5577/2019 proposto da:

B.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Mauro Ceci, in forza di procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale

Ancona;

– intimato –

e contro

Ministero dell’Interno in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ex lege;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2260/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 03/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/11/2020 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, B.A., cittadino del (OMISSIS), ha adito il Tribunale di L’Aquila impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Secondo il provvedimento impugnato il ricorrente aveva riferito di essere nato in Senegal; di essersi trasferito in Gambia con la madre all’età di quattro anni a causa della guerra in Casamance in cui era morto il padre; di aver lavorato come pastore dall’età di (OMISSIS) anni e di esser divenuto responsabile di una stalla; di aver perso due mucche a causa della pioggia; di essere stato accusato dal proprietario di averle rubate; che la polizia gli aveva chiesto di pagare una somma che non possedeva; di essere scappato in Senegal; di non essersi sentito al sicuro nemmeno in quel Paese perchè i parenti del proprietario delle mucche lo avevano cercato anche là; di aver paura di finire in prigione; di temere inoltre ripercussioni fisiche e la magia nera.

Con ordinanza del 22/1/2018 il Tribunale di L’Aquila ha respinto il ricorso, a spese compensate, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria.

2. L’appello proposto da B.A. è stato rigettato dalla Corte di appello di L’Aquila, a spese compensate, con sentenza del 3/12/2018.

3. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso B.A., con atto notificato il 29/1/2019, svolgendo due motivi.

3.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente, con riferimento ai vizi del provvedimento della Commissione Territoriale al cui proposito la Corte aveva rigettato le eccezioni dell’appellante, denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 10, commi 4 e 5, nonchè nullità del provvedimento impugnato e degli atti presupposti e conseguenti per omessa traduzione degli stessi in lingua conosciuta dallo straniero, nonchè nullità del provvedimento impugnato per violazione della L. 14 gennaio 1968, n. 15, art. 14, come modificato dal D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 18 e violazione dell’art. 137 c.p.c., nonchè nullità del provvedimento per mancata sottoscrizione

3.2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge per la mancata applicazione degli artt. 1 e 2 della Convenzione di Ginevra, per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e la mancata applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè omessa valutazione di certificazioni mediche ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

3.3. L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita con controricorso notificato il 12/3/2019, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è inammissibile.

1.1. L’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, richiede a pena di inammissibilità che il ricorso per cassazione contenga l’esposizione sommaria dei fatti della causa.

1.2. Nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonchè alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (Sez. 2, n. 10072 del 24/04/2018, Rv. 648165 – 01; Sez. U, n. 22575 del 10/09/2019, Rv. 655112 – 01).

Da tale esposizione devono risultare le posizioni processuali delle parti con l’indicazione degli atti con cui sono stati formulati causa petendi e petitum, nonchè gli argomenti dei giudici dei singoli gradi, non potendo tutto questo ricavarsi da una faticosa o complessa opera di distillazione del successivo coacervo espositivo dei singoli motivi, perchè tanto equivarrebbe a devolvere alla Suprema Corte un’attività di estrapolazione della materia del contendere, che e riservata invece al ricorrente (Sez. 6 – 3, n. 13312 del 28/05/2018, Rv. 648924 – 01).

La prescrizione è volta ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell’impugnazione: ne deriva che il ricorrente ha l’onere di operare una chiara ricostruzione funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di Cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, è invece richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto (Sez. 5, n. 24340 del 04/10/2018, Rv. 651398 – 01).

1.3. Nella fattispecie vi è emblematica mancanza “grafica” dell’esposizione richiesta dalla legge perchè, dopo aver indicato la sentenza impugnata, il ricorso passa immediatamente a esporre i motivi del ricorso.

1.4. L’esposizione non può neppure essere ricavata in via indiretta attraverso la lettura dei motivi di ricorso, come ritenuto possibile dalla prevalente giurisprudenza di questa Corte secondo cui non necessario che tale esposizione costituisca parte a sè stante del ricorso ed è sufficiente che essa risulti in maniera chiara dal contesto dell’atto, attraverso lo svolgimento dei motivi (Sez. 3, n. 17036 del 28/06/2018, Rv. 649425 – 01; Sez. U, n. 5698 del 11/04/2012, Rv. 621813 – 01).

2. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente liquidate nella somma di Euro 2.100,00 per compensi oltre spese prenotate a debito come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

 

 

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