Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28785 del 30/11/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 30/11/2017, (ud. 27/06/2017, dep.30/11/2017),  n. 28785

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 23 maggio 2012 la Corte di Appello di Palermo ha accolto il gravame proposto da C.C.nei confronti dell’ARNAS Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale e d’Alta Specializzazione Ospedale Civico Di Cristina Benfratelli – e, in riforma della pronuncia di prime cure, ha condannato quest’ultima al pagamento della somma di Euro 188.743,73, a titolo di rimborso delle spese legali sostenute dall’appellante per difendersi nel processo penale definito nell’anno 2003 con sentenza di assoluzione;

che la Corte territoriale ha ritenuto applicabile la disciplina dettata dall’art. 25 del CCNL 1998 – 2001 per l’area della dirigenza medica e veterinaria e, quindi, ha fondato il diritto al rimborso sull’avvenuto proscioglimento da ogni addebito, a fronte del quale non spiegava più alcun effetto il conflitto di interessi che aveva impedito all’amministrazione di assumere la difesa del dipendente;

che avverso tale sentenza l’ARNAS ha proposto ricorso affidato a quattro motivi, ai quali hanno opposto difese C.C. e l’Assessorato alla Salute della Regione Siciliana;

che C.C. ha proposto ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo; che l’ARNAS ed il C. hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1 il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, falsa applicazione dell’art. 25 del C.C.N.L. 1998-2001 per l’area della dirigenza medica e veterinaria perchè ai fini della individuazione della normativa applicabile occorreva avere riguardo al momento dell’apertura del procedimento penale, nella specie risalente all’anno 1992, epoca in cui il diritto al rimborso delle spese legali era disciplinato dal D.P.R. 20 maggio 1987, n. 270, art. 41 che lo escludeva in ogni caso di conflitto di interesse;

1.2. la seconda censura lamenta la violazione dell’art. 132 c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso la necessaria motivazione sulla sussistenza del conflitto di interessi, ritenuto, invece, dal giudice di prime cure e senza dubbio configurabile nella fattispecie in quanto nel processo penale l’amministrazione si era costituita parte civile;

3. il terzo motivo denuncia l’errore commesso dal giudice di appello nel porre a carico dell’ARNAS spese legali affrontate dal C. in relazione a fatti verificatisi nell’anno 1992, quando il rapporto di impiego intercorreva con un soggetto giuridico del tutto distinto, ossia con la USL n. (OMISSIS), alla quale l’Azienda non era subentrata, avendo il legislatore previsto un’apposita gestione stralcio per la definizione delle posizioni giuridiche attive e passive;

1.4. la quarta critica addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente valorizzato ai fini della pronuncia sulla legittimazione passiva l’avvenuta costituzione di parte civile dell’ARNAS nel processo penale, attraverso la quale l’azienda aveva solo inteso tutelare la propria immagine, che sarebbe stata compromessa ove fossero stati accertati i fatti di reato addebitati ai cardiochirurghi che, al momento della costituzione, prestavano attività alle sue dipendenze;

2. il ricorso incidentale lamenta, con un unico motivo, “violazione delle norme di diritto e motivazione omessa in merito al mancato riconoscimento del rimborso dell’Iva sulle somme dovute dall’ARNAS al dott. C. in conseguenza del diritto al rimborso delle spese legali”;

3. si è formato giudicato interno sulla giurisdizione del giudice ordinario, perchè l’Azienda, pur avendo inizialmente eccepito che la controversia rientrava nella cognizione del giudice amministrativo, non ha proposto appello incidentale avverso la sentenza di primo grado che aveva ritenuto infondata nel merito la domanda;

4. i primi due motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente per la loro stretta connessione logico-giuridica, sono fondati perchè la sentenza impugnata contrasta con il principio di diritto recentemente affermato, con sentenza n. 16396 del 2017) da questa Corte che, chiamata a pronunciare in fattispecie esattamente sovrapponibile a quella oggetto di causa, ha ritenuto applicabile il D.P.R. n. 270 del 1987, art. 41 e non l’art. 25 del CCNL 8.6.2000 per la dirigenza medica e veterinaria del servizio sanitario nazionale;

4.1. la richiamata decisione, poste a confronto le due discipline, ha evidenziato il carattere innovativo della disposizione di miglior favore dettata dalle parti collettive con riferimento alle conseguenze del conflitto di interessi ed ha sottolineato che quest’ultimo, nelle fattispecie sussumibili nella previsione del D.P.R. n. 270 del 1987, art. 41 esclude sempre e comunque il diritto al rimborso, rendendo irrilevanti gli esiti del processo penale instaurato a carico del dipendente, esiti che invece rilevano in relazione alle azioni intentate dopo l’entrata in vigore del CCNL, con il quale il diritto è stato riconosciuto anche nei casi in cui “al dirigente, prosciolto da ogni addebito, non sia stato possibile applicare inizialmente il comma 1 per presunto conflitto di interessi”;

4.2. la Corte ha posto in risalto che la disciplina applicabile non può che essere quella vigente al momento dell’instaurazione del processo penale e a dette conclusioni è pervenuta, dopo avere escluso che il diritto al rimborso possa essere ritenuto connaturato al rapporto di impiego pubblico contrattualizzato, valorizzando i principi già affermati da Cass. nn. 18944 e 18946 del 2016, quanto alle condizioni che devono ricorrere affinchè sorga a carico dell’amministrazione l’obbligo di assumere la difesa del dipendente, obbligo al quale il rimborso è inscindibilmente correlato;

4.3. il Collegio intende dare continuità a detto orientamento perchè anche le Sezioni Unite di questa Corte, sia pure pronunciando ai fini del riparto di giurisdizione, hanno evidenziato che “la disposizione è strutturata nel senso che l’obbligo del datore di lavoro, in questi casi, ha ad oggetto non già il rimborso al dipendente dell’onorario corrisposto ad un difensore di sua fiducia, ma l’assunzione diretta degli oneri di difesa fin dall’inizio del procedimento, con la nomina di un difensore di comune gradimento. E’ per questo motivo che l’obbligo del datore scatta e non può che scattare quando il procedimento viene aperto.” (Cass. S.U. 28.7.2009 n. 17473 pronunciata in fattispecie nella quale veniva in rilievo la disciplina dettata per i dipendenti degli enti locali dal D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268, art. 67 di identico contenuto rispetto al D.P.R. n. 270 del 1987, art. 41);

4.4. in altra pronuncia le Sezioni Unite, nell’affermare che ai fini del riparto di giurisdizione occorre avere riguardo alla data di apertura del processo penale, hanno anche sottolineato che “la mancanza di una situazione di conflitto di interesse costituisce presupposto stesso perchè sorga la garanzia in esame e quindi rileva, nel merito, al fine della sussistenza, o meno, del diritto al rimborso. Se – secondo questa disciplina applicabile all’epoca del rapporto di impiego – c’era conflitto di interesse con l’ente locale datore di lavoro, non sorgeva proprio il diritto del dipendente a che l’Amministrazione si facesse carico delle spese della difesa nel procedimento penale. Pertanto se l’accusa era quella di aver commesso un reato che vedeva l’ente locale come parte offesa (e quindi in oggettiva situazione di conflitto di interessi), il diritto al rimborso non sorgeva affatto e non già sorgeva solo nel momento in cui il dipendente fosse stato, in ipotesi, assolto dall’accusa” (Cass. S.U. 4.6.2007 n. 13048);

4.5. nel caso di specie è incontestata la sussistenza di un conflitto di interessi, non solo presunto, avendo l’Azienda agito nei confronti del C., costituendosi parte civile nel processo penale e coltivando la costituzione nei diversi gradi di giudizio (le parti danno atto che la sentenza di assoluzione da tutte le accuse, pronunciata dalla Corte di Appello di Palermo, fu impugnata proprio dalla parte civile con ricorso per cassazione);

4.6. la domanda di rimborso è stata, pertanto, avanzata dal C. in assenza dei presupposti richiesti, perchè la normativa vigente al momento della instaurazione del processo penale, alla quale occorre fare riferimento, subordinava l’insorgenza del diritto a condizioni che non ricorrono nella fattispecie;

4.7. non può rilevare che la disciplina di miglior favore dettata dalle parti collettive (che, tra l’altro, si riferisce al solo “conflitto presunto” e non certo alle ipotesi in cui vi sia stata concreta contrapposizione in sede giudiziale fra il dipendente e l’ente pubblico datore di lavoro, perchè in tal caso l’onere delle spese trova la sua disciplina nelle norme del codice di rito – artt. 91 c.p.c. e ss. e art. 541 c.p.p., comma 2) sia intervenuta quando ancora era pendente il processo penale avviato a carico del C., perchè l’estensione della tutela alle azioni già in corso avrebbe richiesto una espressa manifestazione di volontà in tal senso;

5. quanto alla legittimazione passiva, il cui difetto è stato eccepito con il terzo ed il quarto motivo di ricorso, va ricordato che la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell’attore, sicchè dalla stessa va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, che attiene al merito della lite (detta distinzione è stata ribadita anche dalla recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 2951 del 2016);

5.1 nella specie il C. ha agito in giudizio sul presupposto che il suo diritto fosse sorto solo nell’anno 2003, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che lo aveva assolto da ogni accusa per cui, rispetto alla domanda così progettata, non può essere negata la legittimazione passiva dell’Azienda ospedaliera, ossia del soggetto che, secondo la prospettazione dell’attore, rivestiva la qualità di datore di lavoro nel momento in cui si erano verificate le condizioni necessarie per il diritto al rimborso;

5.2. su un piano diverso e distinto dalla legittimazione processuale si pone la questione relativa alla sussistenza in capo all’Azienda dell’obbligazione dedotta in giudizio, sussistenza che va esclusa nel merito per le ragioni indicate nei punti che precedono, con assorbimento di ogni altra ragione relativa alla individuazione del soggetto sul quale doveva gravare l’obbligo di assicurare la difesa al dipendente;

6. la sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria domanda;

7. la ritenuta infondatezza della domanda assorbe l’unico motivo di ricorso incidentale;

8. la complessità della questione giuridica, solo recentemente risolta da questa Corte quanto ai profili legati alla successione nel tempo di normative di diverso tenore, e l’esito alterno dei gradi del giudizio di merito giustificano la pronuncia di integrale compensazione delle spese di lite.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale nei termini di cui in motivazione e assorbe l’incidentale. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda originaria di C.C. Compensa integralmente fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 27 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2017

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