Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28785 del 07/11/2019
Cassazione civile sez. VI, 07/11/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 07/11/2019), n.28785
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19888-2018 proposto da:
C.L., T.E., T.A., elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA GIULIA 66, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO
FALCONI AMORELLI, rappresentati e difesi dall’avvocato ARCANGELA
GABRIELLA DOLCE PANCALDI;
– ricorrenti –
contro
PROVINCIA DI PISA, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA, presso lo
studio dell’avvocato SUSANNA LOLLINI, rappresentata e difesa
dall’avvocato GIUSEPPE MATI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 140/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 18/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 20/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA
ANTONELLA.
Fatto
RILEVATO
che:
1. T.E., C.L. e T.A., rispettivamente genitori e fratello di Tu.An., convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Pisa, la Provincia di Pisa al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito del decesso del loro congiunto Tu.An. a causa del sinistro occorsogli in data 24/02/2002. Tu.An., alla guida della moto Honda Hornet, percorreva la strada provinciale (OMISSIS) con direzione (OMISSIS), allorquando, giunto in prossimità del distributore di carburante Tamoil, cadeva rovinosamente dalla moto, impennatasi a causa della presenza sulla carreggiata di uno scalino generato dalla irregolarità del manto stradale, e andava ad impattare con un veicolo che proveniva dall’opposto senso di marcia rispetto a quello da esso percorso. In esito a tale sinistro il Tu. riportava gravissime lesioni e, dopo qualche giorno, decedeva. La Provincia di Pisa, costituendosi in giudizio, contestava la domanda e ne chiedeva il rigetto. Il Tribunale di Pisa rigettava la domanda attorea per mancanza di prova in ordine alla ricostruzione della dinamica del sinistro e compensava integralmente le spese.
2. Avverso tale sentenza proponevano appello T.E., C.L. e T.A. sostenendo l’insufficienza e la contraddizione della motivazione e chiedendo l’ammissione di ulteriori prove e di CTU. Si costituiva la Provincia di Pisa che, opponendosi all’ammissione delle richieste istruttorie formulate dagli appellanti, chiedeva il rigetto dell’appello e, in accoglimento dell’appello incidentale proposto, la condanna degli appellanti alla rifusione delle spese del giudizio di primo grado.
Con sentenza n. 140/2018 del 18/01/2018, la Corte di Appello di Firenze rigettava l’appello principale e quello incidentale compensando integralmente le spese del grado e ponendo a carico degli appellanti le spese di CTU.
3. T.E., C.L. e T.A. propongono ricorso per Cassazione sulla base di due motivi. La Provincia di Pisa resiste con controricorso.
4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. Il ricorrente ha depositato memoria che non può essere esaminata perchè depositata fuori dai termini previsti dall’art. 378 c.p.c. (dep. 15 giugno).
Diritto
CONSIDERATO
che:
5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni, di condividere la proposta del relatore.
6.1 Con il primo motivo parte ricorrente lamenta “l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. La Corte avrebbe errato nel fondare la sua decisione sulle risultanze della CTU, sul Rapporto dei Carabinieri di San Miniato e del CT del PM.
6.2 Con il secondo motivo parte ricorrente si duole della “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) con riferimento agli artt. 115,116 e 132 c.p.c. Difetto di motivazione”. La Corte avrebbe errato nella valutazione delle prove e avrebbe formato il proprio convincimento sulla base di una obiettiva deficienza del criterio logico.
7. Il ricorso è inammissibile e gradatamente lo sarebbero le censure proposte con i motivi.
In primo luogo, la struttura del ricorso e le doglianze di cui sopra le doglianze di cui sopra violano l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3. Difatti il ricorrente nell’esporre il fatto si limita solo ad una brevissima descrizione dell’incidente (cfr. pag. 2 del ricorso).
Il Collegio rileva che il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1 n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.
Il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti ed è pertanto inammissibile.
Ove si potesse passare all’esame dei motivi essi risulterebbero – fermo che non sono scrutinabili per la mancanza di conoscenza del fatto – inammissibili perchè volti ad ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti processuali limitandosi il ricorrente ad illustrare tesi alternative rispetto a quelle seguite dal Giudice di merito. Questa Corte, in quanto giudice di legittimità, non ha il potere di compiere una rivalutazione dei fatti e degli atti processuali nè un riesame delle prove. Attività, quella richiesta da parte ricorrente, che imporrebbe il controllo della motivazione della sentenza oggetto di impugnazione e che, pertanto, sarebbe contraria ai principi statuiti da questa Corte a Sezioni Unite con le sentenze gemelle n. 8053 e n. 8054 del 2014. Si rileva, inoltre, che il Giudice del merito ha il potere di compiere una valutazione discrezionale delle prove acquisite.
La Corte territoriale, contrariamente a quanto afferma la difesa dei ricorrenti, ha motivato la propria sentenza facendo un puntuale riferimento alle prove che sono state poste a fondamento della decisione, riproponendo con chiarezza espositiva l’iter logico e giuridico seguito nella formazione del proprio convincimento. Nella motivazione redatta dalla Corte di Appello non si rinvengono vizi logico giuridici idonei ad inficiare la validità della sentenza e tali da richiedere un sindacato in sede di legittimità sul giudizio dalla stessa emesso. Si ricorda, infine, che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nel caso in cui il fatto storico sia stato comunque preso in considerazione dal giudice anche se la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U. n. 8053/2014).
In terzo luogo, i motivi sarebbero inammissibili in quanto carenti ai fini di quanto richiesto ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
Ai sensi della predetta norma, è onere del ricorrente indicare in modo specifico gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda in modo da permettere alla Corte di valutare profili di illegittimità della sentenza di merito. Nel caso in esame parte ricorrente ha indicato parti specifiche della Relazione del CTU al fine di contestare l’utilizzabilità di altri documenti sui quali si sarebbe fondata la decisione della Corte territoriale. Ci si riferisce al Rapporto dei Carabinieri di San Miniato, del quale parte ricorrente contesta la falsità delle affermazioni, e a quello del CT del PM nei confronti dei quali i ricorrenti hanno operato generici rinvii senza riportarne una trascrizione integrale o in forma riassuntiva.
8. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019