Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28783 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/11/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 07/11/2019), n.28783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27334-2017 proposto da:

T.L., B.S., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA IPPOLITO NIEVO, 61/D, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA

ONORATO, rappresentate e difese dall’avvocato STEFANO CAPPELLU;

– ricorrenti –

contro

FINO 2 SECURITISATION SRL, e per essa quale mandataria per la

gestione del credito doBank SpA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

XXI APRILE 38/B, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO VALLETTA,

rappresentata e difesa dall’avvocato SERENA MELOGLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 297/2016 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 13/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA

PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2007, la Banca di Roma S.p.A. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Campobasso, B.S. e T.L. al fine di sentir dichiarare, ai sensi dell’art. 2901 c.c., previo accertamento del carattere pregiudizievole dell’atto di disposizione nei confronti delle proprie ragioni creditorie, l’inefficacia dell’atto di compravendita immobiliare, stipulato in data 10/05/2006, con il quale la B. aveva trasferito in favore della madre T.L. la proprietà dell’immobile. In subordine, parte attrice chiedeva l’accertamento della simulazione assoluta dell’atto di compravendita e la dichiarazione di nullità dello stesso con la sua conseguente inefficacia. Banca di Roma S.p.A. deduceva di essere creditrice nei confronti della società SICAR 2 S.r.l. e dei loro fideiussori B.S., B.S. e B.P. della somma pari ad Euro 199.402,02. B.S. e T.L., costituendosi in giudizio, contestavano il fondamento della domanda attorea in ragione della carenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti per l’esercizio delle azioni di cui agli artt. 2901 e 1414 c.c. Parte convenuta contestava la qualità di creditrice della Banca di Roma S.p.A. essendo il credito in questione oggetto di un altro giudizio pendente presso il Tribunale di Campobasso e, per tale motivo, chiedeva la sospensione del procedimento ai sensi dell’art. 295 c.p.c.

Il Tribunale di Campobasso accoglieva la domanda attorea e dichiarava l’inefficacia dell’atto di compravendita stipulato tra le convenute ritenendo sussistenti i requisiti di cui all’art. 2901 c.c.

2. Avverso tale sentenza proponevano appello B.S. e T.L. chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, il rigetto della domanda attorea. Si costituiva in giudizio la Unicredit Credit Management Bank S.p.A. (già Banca di Roma S.p.A.) chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata e, in via subordinata, l’accoglimento dell’appello incidentale avente ad oggetto la domanda di simulazione assoluta e la richiesta di integrazione/correzione della sentenza che non aveva indicato nel dispositivo gli estremi della nota di trascrizione dell’atto di compravendita.

Con sentenza n. 297/2016 del 13/10/2016, la Corte di Appello di Campobasso rigettava l’appello principale condannando le appellanti alla refusione delle spese di lite. In particolare, la Corte riteneva raggiunta, per presunzioni, la prova della consapevolezza in capo alla Tinelli del pregiudizio arrecato alla creditrice mediante l’atto di disposizione immobiliare.

3. B.S. e T.L. ricorrono per Cassazione sulla base di un motivo. Fino 2 Securitisation S.r.L., cessionaria del credito di Arena NPL ONE S.r.l. in virtù di un contratto di cessione di crediti e per essa, quale mandataria per la gestione del credito, DoBank S.p.A. (nuova denominazione assunta da Unicredit Credit Management S.p.A.) resisteva con controricorso.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, con le seguenti precisazioni di condividere la proposta del relatore.

6. Con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., comma 1, n. 2 e degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

La Corte avrebbe errato nel ritenere provata, in capo al terzo acquirente T.L., la consapevolezza del pregiudizio che l’atto di disposizione, avente ad oggetto il bene immobile di proprietà della figlia B.S., avrebbe arrecato alle ragioni dei creditori. In particolare, le ricorrenti contestano la rilevanza probatoria della proposta di rientro datata 08/03/2006 prodotta dalla banca attrice che valutata diversamente avrebbe fatto venire meno una pluralità di argomenti presuntivi valutati dal giudice del merito, rimanendo unicamente la presunzione del vincolo parentale.

7. Il ricorso è inammissibile in quanto diretto ad ottenere una nuova valutazione dei fatti di causa e, in particolare, delle risultanze probatorie. Parte ricorrente non contesta l’individuazione e l’applicazione di una norma di diritto operata dalla Corte di Appello quanto piuttosto la valutazione compiuta da quest’ultima circa la natura probatoria e indiziaria della lettera del 08/03/2006. Tale documento, unitamente ad altri elementi probatori emersi nel corso del giudizio, ha dimostrato la cd. partecipati fraudis di T.L. quale soggetto terzo consapevole del pregiudizio arrecato dall’atto di diposizione immobiliare alla banca creditrice.

La tesi alternativa prospettata dalle ricorrenti si pone in contrasto con quanto stabilito dal Giudice di merito che ha motivato, in modo chiaro e puntuale, la propria decisione esponendone le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento. La valutazione delle prove è un’attività riservata al Giudice di merito che può essere sottoposta al sindacato di legittimità solo per quanto attiene all’iter logico giuridico posto a fondamento della decisione. Nella motivazione sviluppata dalla Corte territoriale, che ha ritenuto di aderire a quanto già sostenuto dal Giudice di prime cure confermando la sentenza impugnata, non si rinviene alcun vizio logico o giuridico che possa inficiare la validità della decisione.

Inoltre per quanto riguarda la denunciata violazione delle norme sulle presunzioni, si rileva che essa non è dedotta nel rispetto di quanto indicato da Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018 che ha affermato che:41a denuncia di violazione o di falsa applicazione della norma di diritto di cui all’art. 2729 c.c., si può prospettare (“r. Cass. n. 17457 del 2007; successivamente. Cass. n. 17535 del 2008; di recente: Cass. n. 19485 del 2017) sotto i seguenti aspetti: aa) il giudice di merito (ma è caso scolastico) contraddice il disposto dell’art. 2729 c.c., comma 1, affermando (e, quindi, facendone poi concreta applicazione) che un ragionamento presuntivo può basarsi anche su presunzioni (rectius:fatti), che non siano gravi, precise e concordanti: questo è un errore di diretta violazione della norma; bb) il giudice di merito fonda la presunzione su un fatto storico privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota, così sussumendo sotto la norma dell’art. 2729 c.c., fatti privi di quelle caratteristiche e, quindi, incorrendo in una sua falsa applicazione, giacchè dichiara di applicarla assumendola esattamente nel suo contenuto astratto, ma lo fa con riguardo ad una fattispecie che si sia verificato il fatto B (non è condivisibile, invece, l’idea che vorrebbe sotteso alla “gravità” che l’inferenza presuntiva sia “certa”). La precisione esprime l’idea che l’inferenza probabilistica conduca alla conoscenza del fatto ignoto con un grado di probabilità che si indirizzi solo verso il fatto B e non lasci spazio, sempre al livello della probabilità, ad un indirizzarsi in senso diverso, cioè anche verso un altro o altri fatti. La concordanza esprime almeno secondo l’opinione preferibile – un requisito del ragionamento presuntivo (cioè di una applicazione “non falsa” dell’art. 2729 c.c.), che non lo concerne in modo assoluto, cioè di per sè considerato, come invece gli altri due elementi, bensì in modo relativo, cioè nel quadro della possibile sussistenza di altri elementi probatori considerati, volendo esprimere l’idea che, in tanto la presunzione è ammissibile, in quanto indirizzi alla conoscenza del fatto in modo concordante con altri elementi probatori, che, peraltro, possono essere o meno anche altri ragionamenti presuntivi. Ebbene, quando il giudice di merito sussume erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione fatti concreti accertati che non sono invece rispondenti a quei caratteri, si deve senz’altro ritenere che il suo ragionamento sia censurabile alla stregua dell’art. 360 c.p.c., n. 3, e compete, dunque, alla Corte di cassazione controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta dal giudice di merito, lo sia stata anche a livello di applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta. Essa può, pertanto, essere investita ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’errore in cui il giudice di merito sia incorso nel considerare grave una presunzione (cioè un’inferenza) che non lo sia o sotto un profilo logico generale o sotto il particolare profilo logico (interno ad una certa disciplina) entro il quale essa si collochi. La stessa cosa dicasi per il controllo della precisione e per quello della concordanza. In base alle considerazioni svolte la deduzione del vizio di falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., comma 1, suppone allora un’attività argomentativa che si deve estrinsecare nella puntuale indicazione, enunciazione e spiegazione che il ragionamento presuntivo compiuto dal giudice di merito – assunto, però, come tale e, quindi, in facto per come è stato enunciato – risulti irrispettoso del paradigma della gravità, o di quello della precisione o di quello della concordanza. Occorre, dunque, una preliminare attività di individuazione del ragionamento asseritamente irrispettoso di uno o di tutti tali paradigmi compiuto dal giudice di merito e, quindi, è su di esso che la critica di c.d. falsa applicazione si deve innestare ed essa postula l’evidenziare in modo chiaro che quel ragionamento è stato erroneamente sussunto sotto uno o sotto tutti quei paradigmi. Di contro la critica al ragionamento presuntivo svolto da giudice di merito sfugge al concetto di falsa applicazione quando invece si concreta o in un’attività diretta ad evidenziare soltanto che le circostanze fattuali in relazione alle quali il ragionamento presuntivo è stato enunciato dal giudice di merito, avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo (sicchè il giudice di merito è partito in definitiva da un presupposto fattuale erroneo nell’applicare il ragionamento presuntivo), o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito, senza spiegare e dimostrare perchè quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dell’art. 2729, comma 1 (e ciò tanto se questa prospettazione sia basata sulle stesse circostanze fattuali su cui si è basato il giudice di merito, quanto se basata altresì su altre circostanze fattuali). In questi casi la critica si risolve in realtà in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti, e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio e ci si pone su un terreno che non è quello dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., comma 1), ma è quello che sollecita un controllo sulla motivazione del giudice relativa alla ricostruzione della quaestio facti. Terreno che, come le Sezioni Unite, (Cass., Sez. Un., nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno avuto modo di precisare, vigente il nuovo n. 5 dell’art. 360 c.p.c., è percorribile solo qualora si denunci che il giudice di merito l’esame di un fatto principale o secondario, che avrebbe avuto carattere decisivo per una diversa individuazione del modo di essere della detta quaestio ai fini della decisione, occorrendo, peraltro, che tale fatto venga indicato in modo chiaro e non potendo esso individuarsi solo nell’omessa valutazione di una risultanza istruttorià?

Inoltre, il motivo presenta ulteriore profilo di inammissibilità, là dove sostiene che l’Avv. Spina aveva sottoscritto la lettera cui si allude senza essere difensore di fiducia della Tinelli. Infatti, a pagina 10, righi 10-11 la corte ha scritto espressamente che “la legittimazione in tal senso non è disconosciuta neanche in appello dalla Tinelli”. Sicchè, per superare tale affermazione occorreva un’impugnazione con la revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, e comunque il motivo non si correla alla motivazione (Cass. n. 359 del 2005, il cui consolidato principio di diritto è stato condiviso da Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017.

7. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

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