Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28779 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/11/2019, (ud. 23/05/2019, dep. 07/11/2019), n.28779

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16428-2018 proposto da:

IL BOSCHETTO DI B.F. E C. SNC, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

OSLAVIA 40, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ALLEGRA,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIANPAOLO CAPONI;

– ricorrente –

contro

ITALIAONLINE SPA già SEAT PAGINE GIALLE SPA, in persona del

Procuratore speciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEL TINTORETTO 88, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

MIANI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIANO

FIORUCCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4961/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 28/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE

GIANNITI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La società Il Boschetto s.n.c. di B.F. e C. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 4961/2017 della Corte di Appello di Milano, che, respingendo la sua impugnazione, ha confermato la sentenza n. 436/15 del Tribunale di Monza. Il giudice di primo grado, rigettando l’opposizione proposta dalla società e confermando il decreto ingiuntivo n. 2289/2014, aveva condannato la società II Boschetto al pagamento, in favore della Seat Pagine Gialle Italia (poi Seat Pagine Gialle s.p.a. ed oggi Italiaonline s.p.a.) della somma di Euro 22.240,65 quale corrispettivo dovuto a saldo dell’attività di pubblicazione all’interno di Pagine Bianche e Pagine Gialle di annunci pubblicitari riguardanti l’anno 2010/2011.

2. Ha resistito con controricorso la società Italiaonline s.p.a.

(già Seat Pagine Gialle s.p.a.).

3. Essendosi ritenute sussistenti dal relatore designato le condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta proposta ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

4. In vista dell’odierna adunanza nessuna delle parti ha presentato memoria.

CONSIDERATO CHE

1.II ricorso è affidato a due motivi.

1.1. Con il primo motivo (pp. 7-10), la società ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 169 c.p.c., comma 2, nella parte in cui la Corte territoriale ha posto a fondamento della decisione la documentazione prodotta dall’allora società resistente Seat Pagine Gialle, benchè la stessa fosse inutilizzabile a causa del tardivo deposito del fascicolo di parte; nonchè insufficiente motivazione.

1.2. Con il secondo motivo (pp. 10-13), la società ricorrente denuncia, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che Seat Pagine Gialle (creditore opposto) aveva assolto l’onere probatorio, che su di sè gravava, mediante la produzione di mere fotocopie delle inserzioni pubblicitarie, oggetto del contratto, cioè di documenti che provenivano dalla stessa parte creditrice e che erano privi di data certa; nonchè erroneità o illogicità o comunque manifesta infondatezza della sentenza impugnata per violazione della suddetta disposizione codicistica.

2.11 ricorso è inammissibile.

2.1. Inammissibile è il primo motivo.

Si premette che è jus receptum nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 3, sent. n. 15672 del 15/7/2011, Rv. 619232 01) che – qualora il fascicolo dell’appellante, regolarmente presentato e poi ritirato, non venga restituito entro il termine, non perentorio, prescritto (artt. 169 c.p.c. e art. 111 disp. att. c.p.c.) – il giudice di secondo grado deve decidere sul gravame in base agli atti legittimamente a sua disposizione, tra i quali sono da includere quelli contenuti nel fascicolo dell’appellante tardivamente restituito, se la controparte non abbia sollevato al riguardo alcuna eccezione ed il giudice stesso abbia ritenuto di autorizzare il deposito tardivo.

Nel caso di specie, dal fascicolo processuale, al quale il Collegio accede in considerazione della doglianza proposta, all’udienza 4 luglio 2017, le parti hanno precisato le conclusioni nel giudizio di appello; la conclusionale e la memoria di replica, tenuto conto della sospensione feriale, avrebbero dovuto essere depositate rispettivamente entro il 3 ed il 23 ottobre 2017; Italiaonline ha ridepositato il proprio fascicolo di parte il 6 ottobre 1997 (e, dunque, tre giorni dopo la scadenza del termine per il deposito della comparsa conclusionale, ma 17 giorni prima della scadenza del termine per il deposito della memoria di replica); l’odierna resistente ha eccepito il tardivo deposito del fascicolo con la memoria di replica.

Orbene, il motivo in esame è inammissibile in primo luogo per mancata specifica indicazione (richiesta, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) degli atti processuali e dei documenti sui quali si fonda.

Occorre qui ricordare che il ricorrente, nel caso in cui faccia richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito, deve riprodurli nel ricorso, ovvero indicare in quale sede processuale gli stessi risultino prodotti e, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., art. 2 comma 4, se siano stati prodotti anche in sede di legittimità (v. Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279). Con la conseguenza che “la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rende il ricorso inammissibile” (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279), in quanto la Corte non viene posta “nella condizione di effettuare il richiesto controllo, da condursi sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito” (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995,n. 1161).

A tali prescrizioni non si conforma affatto il ricorso, nel quale è stata inammissibilmente omessa qualsiasi indicazione contenutistica e di localizzazione degli atti ai quali il ricorso stesso fa riferimento. Precisamente, parte ricorrente sostiene di avere eccepito la tardività del rideposito nella memoria di replica, ma omette sia di riprodurre direttamente od indirettamente (in questo secondo caso indicando la parte dell’atto corrispondente all’indiretta riproduzione) il contenuto della memoria di replica in cui avrebbe svolto l’eccezione, sia di localizzare tale memoria, dicendola prodotta ed indicando dove, oppure – come ammette Cass., Sez. Un., n. 22726 del 2011 indicando di voler fare riferimento alla presenza nel fascicolo d’ufficio di appello, indicazione necessaria per adempiere all’onere di cui al 366 n. 6.

Il motivo è inammissibile anche ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 2. Invero, è stato precisato da questa Corte (cfr., ad es., Sez. 3, sent. n. 22341 del 26/9/2017, Rv. 646020-03) che, in tema di ricorso per cassazione, la censura concernente la violazione dei “principi regolatori del giusto processo” e cioè delle regole processuali ex art. 360 c.p.c., n. 4, deve avere carattere decisivo, cioè incidente sul contenuto della decisione e, dunque, arrecante un effettivo pregiudizio a chi la denuncia. Senonchè, parte ricorrente non evidenzia in alcun modo quale pregiudizio la violazione denunciata avrebbe ad essa arrecato.

Il motivo è comunque infondato: sia perchè la ratio della disposizione di legge è stata rispettata (non vi è stata alcuna lesione del diritto di difesa); sia perchè il termine in esame è ordinatorio; sia perchè occorre dare alla norma una interpretazione coerente con il nuovo 345 c.p.c.; sia perchè, infine, la parte ha comunque avuto modo di prendere visione del fascicolo avversario e di verificare la corrispondenza dei documenti ivi inseriti con quelli in precedenza tempestivamente prodotti.

2.2. Inammissibile è anche il secondo motivo.

L’art. 2697 c.c., è stato erroneamente censurato, in quanto non rispetta il criterio di deduzione indicato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 16598/2016 (in motivazione), ma si risolve in una sollecitazione alla rivalutazione delle risultanze probatorie. Parte ricorrente dimentica che entrambi i giudici di merito: da un lato, hanno individuato Italiaonline quale soggetto che (essendo creditore opposto e quindi attore in senso sostanziale) era tenuto a fornire la prova dei fatti posti a fondamento della propria pretesa ed hanno ritenuto che detta prova era stata data con la produzione del contratto, delle inserzioni pubblicitarie e dei moduli annuncio; e, dall’altro, hanno ritenuto che parte opponente non aveva dato prova dei fatti estintivi e modificativi dell’obbligazione dedotta in giudizio. Quanto precede con motivazione conforme, ad esito di adeguato percorso argomentativo, che si sottrae al sindacato di questa Corte, in quanto immune da vizi logici e giuridici.

3.All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, nonchè al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna la società ricorrente al pagamento in favore della società resistente delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

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