Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28776 del 23/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/12/2011, (ud. 15/12/2011, dep. 23/12/2011), n.28776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

O.M. domiciliato in ROMA, via P.L. da Palestrina 63 presso

l’avv. Contaldi Mario con l’avv. Vincenzo Fico del Foro di Torino che

lo rappresenta e difende per procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Prefetto UTG di Torino;

– intimato –

avverso il decreto 25.08.2010 del Giudice di Pace di Torino;

udita la relazione della causa svolta nella C.d.c. del 15.12.2011 dal

Consigliere Dott. Luigi MACIOCE;

presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380 bis c.p.c. ha formulato considerazioni nel senso: “CHE il cittadino nigeriano M.O., attinto da decreto di espulsione 26.9.2007 dei Prefetto di Crotone e di contestuale intimazione di allontanamento D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5 bis, venne rintracciato sul territorio nazionale, dopo reintroduzione clandestina, e pertanto nuovamente espulso dal Prefetto di Torino con decreto 4.2.2010 adottato D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5 ter; l’ O. impugnò detta espulsione innanzi al Giudice di Pace di Torino il quale rigettò la opposizione con decreto 25.8.2010, affermando che sussisteva la condizione di legge non sussistendo alcun profilo di giustificatezza della sottrazione all’intimazione di allontanamento a suo tempo adottata ed essendo su tali premesse la espulsione atto “automatico; CHE il provvedimento è direttamente ricorribile per cassazione ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 bis (D.Lgs. n. 113 del 1999, art. 1) ed è stato fatto segno a ricorso per cassazione in data 16.11.2010 al quale non ha resistito l’intimato Prefetto; CHE ad un ricorso per cassazione avverso provvedimento pubblicato, come nella specie, il 25.08.2010, devono essere applicate le disposizioni di cui all’art. 360 bis c.p.c. introdotto dalla L. n. 69 del 2009, art. 47; CHE il ricorso denunzia violazione di legge sull’assunto che, nella esatta ricostruzione della norma di cui all’art. 14, comma 5 ter del T.U. come novellato dalla L. n. 94 del 2009, la espulsione da inottemperanza non potrebbe che ricollegarsi all’accertamento in sede penale del reato di cui alla stessa norma, l’accertamento in sede civile portando all’annullamento della espulsione in discorso se non preceduta dall’accertamento in sede penale della sussistenza del reato (altrimenti permanendo efficace la prima espulsione e risultando inutiliter data la seconda); CHE la tesi proposta appare priva di alcuna plausibilità, nulla autorizzando a ritenere (e men che meno la lettura della chiarissima lettera della norma (“… in ogni caso si procede all’adozione di un nuovo provvedimento di espulsione”) che l’adozione dell’atto espulsivo amministrativo sia condizionata alla verifica della insussistenza dei presupposti per giustificare l’inosservanza del primo decreto, muovendosi l’accertamento del reato su piano ben diverso da quello che consente all’Amministrazione di adottare nuova espulsione in executivis o meno, posto che, giustificata o meno che fosse l’inosservanza del primo ordine di allontanamento, l’Amministrazione aveva ed ha in ogni caso il potere anche di reiterare il proprio disposto espulsivo nei confronti di uno straniero che era ed è rimasto irregolarmente presente sul territorio dello Stato e che l’accertamento delle cause di giustificazione alla inosservanza od alla permanenza necessitata nulla spostano sul piano della valutazione di permanente irregolarità di una presenza sine titulo; CHE, ove si condivida il testè formulato rilievo, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e respinto per manifesta infondatezza”.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

La relazione, ad avviso del Collegio, non può essere condivisa posto che, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, formatasi dopo la pubblicazione della sentenza 28.4.2011 della Corte di Giustizia sulla interpretazione della direttiva 115/2008/CE (vd.

Cass. 18481 del 2011), e quindi dopo la redazione della relazione (15.3.3011) devesi ritenere che il GdP ebbe erroneamente a convalidare l’espulsione adottata ex art. 14, comma 5 ter, avendo mancato di avvedersi della illegalità del presupposto ordine ex art. 14, comma 5 bis laddove siffatto ordine andava invece disapplicato per contrasto con la citata direttiva. Ed infatti, il sistema previgente in tema di procedimento espulsivo è stato radicalmente posto in discussione dall’intero impianto della direttiva 2008/115/CE che ha fatto divieto di imporre un immediato e non modulato ordine di allontanamento e di sanzionarne la inosservanza con lo strumento della incriminazione penale. La Corte di Giustizia – interpellata da domanda di pronuncia pregiudiziale della Corte di Trento nel procedimento a carico di H.E.D. per il reato di cui al cennato art. 14, comma 5 ter del T.U. come novellato – ha dunque sottoposto a interpretazione le norme della Direttiva succitata ed ha alla loro stregua scrutinato la denunziata normativa nazionale. Con la sentenza 28.4.2011 (decisione pertanto ben posteriore ai ricorso ed alla trascritta relazione ex art. 380 bis c.p.c.) la Corte ha quindi precisato: quanto alla lettura della Direttiva, che per la esecuzione del rimpatrio deve essere in primo luogo adottato un modulo age-volatore della “partenza volontaria” (con termine tra i sette ed i trenta giorni”), che nell’attesa possono essere imposti obblighi strumentali (la dimora obbligatoria, la consegna del passaporto, la presentazione perio-dica alla Autorità), che in caso di rischio di fuga ben può essere adottata la misura accompagnatoria coercitiva e che medio tempore ben può essere disposto un trattenimento temporaneo con l’intervento del giudice ed il rispetto delle garanzie di difesa:quanto alla portata della legislazione nazionale, che la mancata trasposizione della direttiva nella legislazione nazionale autorizza i legittimati ad invocare contro lo Stato membro le sue disposizioni precise ed incondizionate, che tali sono le prescrizioni sui tempi e modi della procedura di rimpatrio (artt. 6, 7, 8, 15, 16), che è in contrasto con la direttiva la legislazione italiana che non prevede nè disciplina i tempi ed i modi della “partenza volontaria”, che confligge con le indicate prescrizioni – le quali impongono che anche di fronte alla inottemperanza da parte dello straniero lo Stato si adoperi per dare esecuzione all’ordine inottemperato – la diretta ed immediata risposta penale dell’ordinamento italiano, con l’irrogazione della pena della reclusione allo straniero inottemperante.

Il Governo, dal canto suo, ha inteso trasporre e recepire fa direttiva 2008/115/CE con il D.L. 23 giugno 2011, n. 89 convertito in L. 2 agosto 2011, n. 129, prevedendo, per quel che occupa, che siano analiticamente regolate le ipotesi di accompagnamento coattivo alla frontiera dell’espulso (tra esse annoverandosi quelle, altrettanto analiticamente previste, del rischio di fuga), che l’allontanamento non coattivo si realizzi attraverso la concessione di un termine agevolatore della partenza volontaria, anche attraverso programmi di rimpatrio, che siano adottate misure cautelari per assicurare l’effettività della partenza volontaria (obbligo di dimora – consegna del passaporto- presentazione presso Uffici di Polizia), da convalidare ope judicis, che sia analiticamente disciplinato il restringimento presso un CIE (con durata sino a 18 mesi complessivi), che sia comunque e conclusivamente adottabile una intimazione di allontanamento entro sette giorni la cui inosservanza resta penalmente sanzionata, ma con una multa (di importo variabile da Euro 6.000 ad Euro 30.000), idonea a consentire l’espulsione di cui all’art. 16.

Venendo, dunque, alla vicenda sottoposta è agevole rilevare che l’intimazione di allontanamento – la cui inosservanza è dichiaratamente (art. 14, comma 5 ter come modificato dalla citata L. del 2009, art. 1, comma 22, lett. m)) assunta a ragione esclusiva della espulsione del 4.2.2010, venne adottata bensì il 26.09.2007, e quindi in regime anteriore alla applicazione nello Stato della Direttiva 2008/115/CE, sì da doversi ritenere valida ratione temporis, ma è venuta a costituire l’unico antecedente logico giuridico della espulsione del 4.2.2010 che è stata adottata quando l’efficacia diretta e puntuale della Direttiva era piena ed ut supra obbligatoria per il giudice nazionale.

E tale direttiva faceva divieto di adottare in via automatica ed immediata ordini di allontanamento entro cinque giorni per la sola preesistenza della misura espulsiva: la Direttiva importa, come del resto in parte qua previsto nel citato D.L. 89 del 2011, che alla intimazione si possa pervenire solo all’esito, infruttuoso, dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria ed allo spirare del periodo di trattenimento presso un CIE. Ratio e lettera del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 bis, come introdotto per la prima volta dalla L. n. 189 del 2002, art. 13 appaiono di converso assai chiari nell’indicare la scelta di una intimazione immediata e di brevissimo termine di esecuzione spontanea, la cui effettività è affidata esclusivamente alla sanzione penale detentiva (tra il 2002 ed il 2009 pervenuta a quadruplicazione del massimo edittale).

Con la applicazione – immediata e puntuale – delle citate disposizioni della Direttiva, quindi, la norma (art. 14, comma 5 bis) autorizzante l’intimazione, originariamente valida, è divenuta inapplicabile, tanto nei suoi effetti cogenti sullo straniero quanto per quelli autorizzatori di misura consequenziale, perchè in contrasto con le previsioni della Direttiva stessa (art. 7, comma 1) ed è pertanto dal giudice nazionale, e da questa Corte di legittimità in sede di ricorso, immediatamente disapplicabile, secondo il costante indirizzo della Corte stessa (da S.U. 3457 del 1996 a S.U. 26948 del 2010 e 3674 del 2010): ma se viene meno per effetto della cennata disapplicazione l’intimazione espulsiva in discorso, viene a cadere l’unico titolo legittimante la espulsione che sia stata, come nella specie, adottata con riguardo al testo dell’art. 14, comma 5 ter. Per siffatta ragione, pertanto, provvedendo sul ricorso, si cassa il decreto impugnato. Non sussistendo ragioni di diversa valutazione dei fatti, nè margini di ulteriore accertamento, ben si può decidecre nel merito l’opposizione di O.M. e pertanto devesi accogliere l’opposizione ed annullare l’espulsione 4.2.2010 del Prefetto di Torino. La sopravvenienza al ricorso delle indicate novità interpretative induce a dichiarare irripetibili le spese di giudizio del ricorrente.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c. annulla l’espulsione in data 4.2.2010;

dichiara irripetibili le spese di giudizio del ricorrente.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 15 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2011

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