Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28771 del 23/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/12/2011, (ud. 15/12/2011, dep. 23/12/2011), n.28771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso iscritto al n. 25371 del R.G. anno 2010 proposto da:

Ministero dell’Interno – Prefetto e Questore di Cosenza domiciliati

in ROMA, Via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello

Stato che li rappresenta e difende per legge;

– ricorrenti –

contro

S.A.;

– intimato –

avverso il decreto 21.07.2009 del Giudice di Pace di Cosenza; udita

la relazione della causa svolta nella c.d.c. del 15.12.2011 dal

Consigliere Dott. Luigi MACIOCE; presente il P.M., in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio.

Fatto

RILEVA IN FATTO

Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380 bis c.p.c., ha formulato considerazioni nel senso: CHE S.A. venne espulso il 3.11.2008 e fatto segno ad ordine del Questore di allontanamento; lo stesso straniero venne reperito il 21.5.2009 in violazione di detto ordine e quindi arrestato D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5 ter,e nuovamente fatto segno ad espulsione il 3.6.2009 con adozione di contestuale nuova intimazione del Questore di Cosenza ai sensi del comma 5 bis della citata disposizione; lo straniero si oppose innanzi al Giudice di Pace di Cosenza; CHE tale Giudice con decreto 21.7.2009, rilevata la piena legittimità della espulsione – imposta dall’art. 14, comma 5 ter del T.U. (in tale caso si procede a nuova espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica) – nondimeno ha osservato che la scelta della modalità esecutiva dell’intimazione ex art. 14, comma 5 bis era affatto preclusa dal dettato di legge che solo avrebbe consentito il trattenimento dello straniero presso il CPT (od il CIE) in alternativa all’accompagnamento immediato con la conseguenza per la quale la invalidità della modalità esecutiva reagiva, invalidandolo, sullo stesso pur impugnato decreto di espulsione; CHE per la cassazione di tale decisione l’Amministrazione dell’Interno ed il Prefetto di Cosenza hanno proposto ricorso notificato l’11.1.2011 presso il procuratore domiciliatario dello S. denunziando violazione di legge nell’avere il GdP ritenuto illegittima la espulsione per effetto del contestuale provvedimento del Questore, che di contro era pienamente legittimo; CHE appare evidente la fondatezza del ricorso alla stregua del costante indirizzo di questa Corte per il quale la legittimità del provvedimento di intimazione non è sindacabile ex se dal giudice civile della espulsione, tampoco ricavandone indebiti effetti di invalidazione a ritroso sulla misura espulsiva, essendo rimesso al solo giudice penale sindacare, in sede di eventuale valutazione della inottemperanza ex art. 14, comma 5 ter T.U., la adottabilità dell’atto presupposto o la sua esclusione per la cogenza di sole misure di accompagnamento o trattenimento (S.U. 20121 del 2005); CHE del resto anche il sindacato sulla seconda espulsione era in sè limitato alla sua ragione di sanzione ex lege per l’inosservanza della precedente e non poteva essere rimessa in discussione per effetto della scelta indebita di una sua modalità esecutiva (Cass. 1518 e 18555 del 2008); CHE pertanto per ogni verso la misura della espulsione non si sarebbe dovuta annullare; CHE, ove si condivida il testè formulato rilievo, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e accolto per manifesta fondatezza.

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

La relazione, ad avviso del Collegio, non può essere condivisa posto che, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, formatasi dopo la pubblicazione della sentenza 28.4.2011 della Corte di Giustizia sulla interpretazione della direttiva 115/2008/CE (vd.

Cass. 18481 del 2011), devesi ritenere che il GdP ebbe correttamente ad annullare l’espulsione adottata ex art. 14, comma 5 ter, sebbene con la errata motivazione della invalidazione diretta del presupposto ordine ex art. 14, comma 5 bis laddove siffatto ordine andava invece disapplicato per contrasto con la citata direttiva. Ed infatti, il sistema previgente in tema di procedimento espulsivo è stato radicalmente posto in discussione dall’intero impianto della direttiva 2008/115/CE che ha fatto divieto di imporre un immediato e non modulato ordine di allontanamento e di sanzionarne la inosservanza con lo strumento della incriminazione penale. La Corte di Giustizia – interpellata da domanda di pronuncia pregiudiziale della Corte di Trento nel procedimento a carico di E.D.H. per il reato di cui al cennato art. 14, comma 5 ter de T.U. come novellato – ha dunque sottoposto a interpretazione le norme della Direttiva succitata ed ha alla loro stregua scrutinato la denunziata normativa nazionale. Con la sentenza 28.4.2011 (decisione pertanto ben posteriore al ricorso ed alla trascritta relazione ex art. 380 bis c.p.c.) la Corte ha quindi precisato: quanto alla lettura della Direttiva, che per la esecuzione del rimpatrio deve essere in primo luogo adottato un modulo agevolatore della “partenza volontaria” (con termine tra i sette ed i trenta giorni”), che nell’attesa possono essere imposti obblighi strumentali (la dimora obbligatoria, la consegna del passaporto, la presentazione periodica alla Autorità), che in caso di rischio di fuga ben può essere adottata la misura accompagnatoria coercitiva e che medio tempore ben può essere disposto un trattenimento temporaneo con l’intervento del giudice ed il rispetto delle garanzie di difesa: quanto alla portata della legislazione nazionale, che la mancata trasposizione della direttiva nella legislazione nazionale autorizza i legittimati ad invocare contro lo Stato membro le sue disposizioni precise ed incondizionate, che tali sono le prescrizioni sui tempi e modi della procedura di rimpatrio (artt. 6, 7, 8, 15, 16), che è in contrasto con la direttiva la legislazione italiana che non prevede nè disciplina i tempi ed i modi della “partenza volontaria”, che confligge con le indicate prescrizioni – le quali impongono che anche di fronte alla inottemperanza da parte dello straniero lo Stato si adoperi per dare esecuzione all’ordine inottemperato – fa diretta ed immediata risposta penale dell’ordinamento italiano, con l’irrogazione della pena della reclusione allo straniero in ottemperante.

Il Governo, dal canto suo, ha inteso trasporre e recepire la direttiva 2008/115/CE con il D.L. 23 giugno 2011, n. 89, convertito in L. 2 agosto 2011, n. 129, prevedendo, per quel che occupa, che siano analiticamente regolate le ipotesi di accompagnamento coattivo alla frontiera dell’espulso (tra esse annoverandosi quelle, altrettanto analiticamente previste, del rischio di fuga), che l’allontanamento non coattivo si realizzi attraverso la concessione di un termine agevolatore della partenza volontaria, anche, attraverso programmi di rimpatrio, che siano adottate misure cautelari per assicurare l’effettività della partenza volontaria (obbligo di dimora – consegna del passaporto – presentazione presso Uffici di Polizia), da convalidare ope judicis, che sia analiticamente disciplinato il restringimento presso un CIE (con durata sino a 18 mesi complessivi), che sia comunque e conclusivamente adottabile una intimazione di allontanamento entro sette giorni la cui inosservanza resta penalmente sanzionata, ma con una multa (di importo variabile da Euro 6.000 ad Euro 30.000), idonea a consentire l’espulsione di cui all’art. 16.

Venendo, dunque, alla vicenda sottoposta è agevole rilevare che l’intimazione di allontanamento – la cui inosservanza è dichiaratamente (art. 14, comma 5 ter come modificato dal citato art. 1, comma 22, lett. M della legge del 2009) assunta a ragione esclusiva della espulsione del 3.6.2009, venne adottata bensì il 3.11.2008, e quindi in regime anteriore alla applicazione nello Stato della Direttiva 2008/115/CE, sì da doversi ritenere valida ratione temporis, ma è venuta a costituire l’unico antecedente logico giuridico della espulsione del 3.6.2009 che è stata adottata quando l’efficacia diretta e puntuale della Direttiva era piena ed ut supra obbligatoria per il giudice nazionale.

E tale direttiva faceva divieto di adottare in via automatica ed immediata ordini di allontanamento entro cinque giorni per la sola preesistenza della misura espulsiva: la Direttiva importa, come del resto in parte qua previsto nel citato D.L. n. 89 del 2011, che alla intimazione si possa pervenire solo all’esito, infruttuoso, dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria ed allo spirare del periodo di trattenimento presso un CIE. Ratio e lettera del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 bis, come introdotto per la prima volta dalla L. n. 189 del 2002, art. 13, appaiono di converso assai chiari nell’indicare la scelta di una intimazione immediata e di brevissimo termine di esecuzione spontanea, fa cui effettività è affidata esclusivamente alla sanzione penale detentiva (tra il 2002 ed il 2009 pervenuta a quadruplicazione del massimo edittale).

Con la applicazione – immediata e puntuale – delle citate disposizioni della Direttiva, quindi, la norma (art. 14, comma 5 bis) autorizzante l’intimazione, originariamente valida, è divenuta inapplicabile, tanto nei suoi effetti cogenti sullo straniero quanto per quelli autorizzatori di misura consequenziale, perchè in contrasto con le previsioni della Direttiva stessa (art. 7, comma 1) ed è pertanto dal giudice nazionale, e da questa Corte di legittimità in sede di ricorso, immediatamente disapplicabile, secondo il costante indirizzo della Corte stessa (da S.U. 3457 del 1996 a S.U. 26948 del 2010 e 3674 del 2010): ma se viene meno per effetto della cennata disapplicazione l’intimazione espulsiva in discorso, viene a cadere l’unico titolo legittimante la espulsione che sia stata, come nella specie, adottata con riguardo al testo dell’art. 14, comma 5 ter. Per siffatta ragione e con la conseguente modificazione delle ragioni di diritto del decreto, si conferma la decisione di annullamento e si rigetta, pertanto, il ricorso. Non è luogo a regolare le spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 15 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2011

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