Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2877 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. I, 05/02/2021, (ud. 13/10/2020, dep. 05/02/2021), n.2877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8066/2019 proposto da:

H.S., Alias M.S.H., elettivamente domiciliato

in Roma, Via Stefano Cansacchi, 11 presso lo studio dell’avvocato

Caporilli Valentina, che lo rappresenta e lo difende unitamente

all’avvocato Scalco Erica;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 1/2/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/10/2020 da Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Ancona ha rigettato la domanda di protezione internazionale ed umanitaria proposta dal cittadino (OMISSIS) M.S.H., per le seguenti ragioni:

Con riferimento al diniego del riconoscimento dello status di rifugiato ha condiviso il giudizio di negativo di credibilità espresso dalla C.T. anconetana poichè il ricorrente non è stato in grado di circostanziare la propria vicenda personale. Inoltre, gli elementi prodotti non si sono dimostrati risolutivi considerato che dalla denuncia per violenza sessuale non è possibile ravvisare, in modo dirimente, la fondatezza del timore di subire atti persecutori diretti ed attuali ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 7.

In merito alla mancata concessione della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), attesa la non credibilità del ricorrente, non sono emersi elementi sufficienti a comprovare il rischio di subire torture o altre forme di trattamenti inumani o degradanti, tenuto conto che nello Stato di provenienza sono presenti istituzioni in grado di fornire adeguata protezione in caso di pericolo effettivo.

Tantomeno è risultata integrata l’ipotesi di danno grave di cui all’art. 14, lett. c) D.Lgs. cit. Invero, alla luce delle informazioni acquisite dall’EASO, aggiornate all’anno 2017, in (OMISSIS) gli episodi di violenza perpetrati per “lesione dell’onore” si dirigono esclusivamente verso i membri femminili delle famiglie, con esclusione dei soggetti maschili ed, a fortiori, di coloro che aiutano gli amanti a coltivare le relazioni clandestine. Da ultimo, è stato negato il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, dal momento che il ricorrente ha fornito prova di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato insufficiente a concedere, in via automatica, la protezione umanitaria senza che nel Paese di provenienza si riscontrino compromissioni all’esercizio dei diritti umani.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione il cittadino straniero. Non ha svolto difese il Ministero intimato.

Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 poichè il Tribunale ha considerato generica e non credibile la narrazione del ricorrente senza ottemperare al preventivo obbligo di acquisizione e disamina della documentazione prodotta in sede di audizione dinnanzi alla C.T., ossia, del certificato di morte del padre, della denuncia e della comunicazione della polizia.

Il motivo è infondato dato che il giudice del merito, come si evince dal decreto impugnato (pag. 2), ha esaminato la documentazione prodotta, tuttavia, non l’ha ritenuta risolutiva ai fini della concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria perchè da questa non sono emersi elementi comprovanti la fondatezza del rischio di subire atti persecutori o danni gravi ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Pertanto, il giudizio negativo di credibilità è stato espresso e motivato nel pieno rispetto dei parametri legali di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5.

Nel secondo motivo si censura la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per non avere il Tribunale acquisito informazioni aggiornate e precise sulla situazione socio-politica del (OMISSIS), con particolare riferimento al sistema giudiziario e carcerario, nonchè alla corruzione delle Forze dell’Ordine. I fatti narrati dal ricorrente sono stati qualificati, dal Collegio giudicante, come di natura esclusivamente privata quando, invece, essi integrano gli estremi del danno grave di cui alla lett. b) dell’art. cit., atteso che secondo il disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c) la minaccia di un danno simile possa provenire anche da soggetti non statuali, qualora lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano il territorio, comprese quelle internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione al richiedente.

Il motivo è assorbito al primo. Il difetto di attendibilità del ricorrente osta all’esercizio, da parte del giudice, dei poteri di cooperazione istruttoria in relazione all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui alle lett. a) e b) art. cit. (Cass., Sez. I, 10286/2020).

Con il terzo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 considerato che il Tribunale non ha acquisito informazioni aggiornate sulla situazione socio-politica del (OMISSIS), anche in relazione agli scontri etnici e religiosi. Nello specifico, le fonti informative poste a base delle decisione di merito risalgono al 2015-2017 (pag. 4 del provvedimento impugnato), dunque, non sono aggiornate al momento della decisione (gennaio 2019). Per contro, l’acquisizione di fonti più recenti, dal MAE e da organizzazioni internazionali, avrebbe consentito di ricondurre il clima di violenza caratterizzante il (OMISSIS) nell’alveo della fattispecie di cui alla lett. c) cit.

La censura non supera il vaglio di ammissibilità essendo la difesa venuta meno all’onere di indicare le fonti che, secondo la sua prospettazione, avrebbero potuto condurre ad un diverso esito del giudizio. Come affermato recentemente da questa Corte, in mancanza di tale allegazione, si paventa l’impossibilità, per la stessa, di valutare la teorica rilevanza e decisività della censura (Cass., Sez. I, 22769/2020).

Nel quarto motivo si lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 8 dal momento che il ricorrente ha allegato un contratto di lavoro a tempo indeterminato ed una condizione di vulnerabilità soggettiva, legata alle condizioni sociali, economiche e politiche del Paese di origine. Il Collegio giudicante, invece, senza procedere ad una valutazione comparativa degli elementi prodotti e limitandosi ad analizzare esclusivamente l’inserimento lavorativo, ha escluso l’esistenza di una condizione di vulnerabilità sia oggettiva che soggettiva.

La censura è infondato poichè il Tribunale ha effettuato la valutazione comparativa di cui si lamenta la mancanza. Di fatti, il giudizio negativo di vulnerabilità è stato motivato in forza della circostanza che in (OMISSIS) non si riscontrano compromissioni all’esercizio dei diritti umani e che il richiedente non ha dato prova di aver seriamente intrapreso, in Italia, un percorso di integrazione sociale e lavorativa.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato.

Nessuna statuizione sulle spese poichè l’Amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Sussistono i requisiti processuali per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

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