Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28766 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. I, 16/12/2020, (ud. 28/09/2020, dep. 16/12/2020), n.28766

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8083/2019 proposto da:

E.J., elettivamente domic. presso l’avv. Giuseppe Lufrano,

dal quale è rappres. e difeso, con procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., elett.te domic.

presso l’Avvocatura dello Stato, in Roma, alla Via dei Portoghesi n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1898/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 10/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/09/2020 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

E.J.- cittadino della (OMISSIS) – appellò l’ordinanza emessa dal Tribunale di Ancona il 14.6.17 che aveva respinto il ricorso avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego del riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria.

Con sentenza del 10.9.18, la Corte d’appello di Ancona rigettò l’impugnazione dello E., osservando che: pur avendo il ricorrente dichiarato di essere omosessuale e assumendo che in Nigeria tale condizione era qualificata come reato, le dichiarazioni dallo stesso rese innanzi alla Commissione territoriale (secondo le quali il ricorrente era fuggito dalla Nigeria per il timore causato dal fatto che un uomo lo aveva sorpreso in un albergo, appartato con il compagno, filmandoli) non consentivano di verificarne la relativa veridicità, anche considerando che tali dichiarazioni furono rese per la prima volta innanzi alla medesima Commissione, a differenza da quanto riferito all’atto dell’ingresso in Italia; non sussistevano i presupposti della protezione sussidiaria; non erano state allegate situazioni individuali di vulnerabilità ai fini del riconoscimento del permesso umanitario, anche considerando la contraddittorietà e non credibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente.

E.J. ricorre in cassazione con tre motivi.

Resiste il Ministero con controricorso, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

Diritto

RITENUTO

Che:

Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, poichè la Corte d’appello non aveva applicato i criteri legali diretti a accertare la plausibilità di quanto dichiarato dal ricorrente, trascurando in particolare l’esame della condizione di omosessualità.

Con il secondo motivo si denunzia violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 251, art. 14, lett. c) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, non avendo la Corte d’appello valutato il concreto rischio per il ricorrente in caso di rimpatrio.

Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in quanto la Corte territoriale non aveva accertato la specifica condizione di vulnerabilità del ricorrente, alla luce delle sue dichiarazioni.

Il ricorso è inammissibile non avendo il ricorrente allegata una valida procura speciale, a norma dell’art. 365 c.p.c..

Invero, in tema di protezione internazionale, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, stabilisce che la data della procura speciale a ricorrere in cassazione sia espressamente certificata dal difensore, sicchè deve essere dichiarato inammissibile il ricorso ove la procura ad esso relativa, ancorchè rilasciata su un foglio materialmente congiunto al medesimo ricorso e recante una data successiva al deposito del decreto impugnato, non indichi gli estremi di tale provvedimento, nè altri elementi idonei ad identificarlo, come il numero cronologico ovvero la data del deposito o della comunicazione, poichè tale procura non soddisfa il requisito della specialità richiesto dall’art. 365 c.p.c. (Cass., n. 15211/2020).

Nel caso concreto, il ricorrente ha allegato una procura non recante data successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata, che non indica quest’ultima, nè contiene elementi idonea ad identificarla, in violazione dell’art. 365 c.p.c..

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Ministero dell’Interno, la somma di Euro 2100,00 di cui 100,00 per esborsi, oltre la maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, e alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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