Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28763 del 23/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/12/2011, (ud. 25/11/2011, dep. 23/12/2011), n.28763

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – rel. Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 24638-2010 proposto da:

C.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA APPIA NUOVA 439, presso lo studio dell’avvocato RAINONE

ACHILLE, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

AMA – AZIENDA MUNICIPALE AMBIENTE SPA in persona dell’Amministratore

Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso

lo studio dell’avvocato PALLINI MASSIMO, che la rappresenta e

difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5918/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

24.6.2010, depositata il 03/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11/2011 dal Presidente Relatore Dott. BRUNO BATTIMIELLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato Achille Rainone che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO FRESA

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata alla odierna udienza camerale ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c..

” C.E. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Roma (n. 5918/10) depositata il 3 settembre 2010. Il ricorrente, dipendente dell’AMA, fu licenziato dall’azienda perchè nell’ambito d’indagini conseguenti al rinvenimento sulla sua autovettura di cocaina, la Polizia di Stato aveva perquisito il suo armadietto aziendale, rinvenendo un coltello, un cucchiaio ed alcuni sacchetti di plastica, tutti contenenti residui di polvere bianca.

“Il ricorrente impugnò il licenziamento.

“Nel corso del giudizio di primo grado asserì che quella rinvenuta nel suo armadietto in azienda era polvere di bicarbonato. Il giudice dispose una consulenza tecnica d’ufficio e si accertò che si trattava di cocaina.

“Accertato così il fatto che era stato posto dall’azienda a fondamento del licenziamento, la Corte ne ha vagliato la gravità, ritenendolo idoneo a costituire giusta causa di licenziamento, anche in considerazione del luogo in cui era stata trovata la sostanza (armadietto in azienda) e delle mansioni svolte dal ricorrente(autista). Tutto ciò a prescindere dal fatto che il ricorrente era stato poi assolto dal reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73 T.U. stupefacenti, essendo stata esclusa la detenzione a fini di cessione.

“Il C. propone due motivi di ricorso.

“Con il primo denunzia violazione dell’art. 65, n. 3 del ccnl applicabile al rapporto che prevede il licenziamento senza preavviso per mancanze “relative a doveri, anche non particolarmente richiamati nel presente contratto, di tale entità da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto di lavoro, come, ad esempio, insubordinazione seguite da vie di fatto, furto, condanne per reati infamanti”.

“Ciò premesso, il ricorrente prende in esame i tre esempi enucleati dal CCNL per rilevare che non ha mai commesso furti, nè insubordinazioni e che egli è stato assolto dall’accusa di essere uno spacciatore. Assume quindi di essere stato sottoposto a visite mediche che lo avevano riconosciuto idoneo alle mansioni affidategli.

“Non vi è violazione del CCNL perchè quella indicata dal contratto è solo una esemplificazione, e la Corte, dopo aver accertato il fatto, ha compiuto una lineare valutazione della sua gravità.

“Con il secondo motivo si denunzia vizio di omessa, insufficiente e contradditto ria motivazione.

“Nel corso dell’esposizione, però, non si indicano i fatti sui quali insisterebbero quei vizi di motivazione, nè tanto meno si specifica perchè sussisterebbero tali vizi.

“Invece, in contraddizione con la rubrica, si denunzia una pretesa violazione di norme del t.u. sul pubblico impiego, che però è normativa che non riguarda l’AMA (che è una spa).

Infine, si censura la sentenza con le seguenti testuali parole: “I giudici non avevano nemmeno letto che il C., da cinque anni non faceva più parte della Polizia mortuaria, ma avesse la più tranquilla mansione di autista di carri funebri, adibito al trasporto di feretri dagli ospedali all’estrema dimora, a passo d’uomo”.

Riconoscendo quindi le mansioni di autista, in relazione alle quali la Corte ha valutato, unitamente ad altri fattori, la particolare gravità della condotta del ricorrente.” L’AMA ha resistito con controricorso.

E’ seguita la rituale notifica della suddetta relazione, unitamente all’avviso della data della presente adunanza in camera di consiglio.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Il collegio condivide il contenuto della relazione, essendo del tutto logico e coerente il giudizio di pericolosità sulle abitudini alla cocaina di un autista di automezzi anche se non destinati alle alte velocità (peraltro, il percorso del carro funebre non è limitato a quello del corteo, ove consentito).

Il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenze di legge in ordine alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, in Euro 30,00 per esborsi e in Euro 2000,00 per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 25 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2011

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