Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28762 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/11/2019, (ud. 02/10/2019, dep. 07/11/2019), n.28762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27340-2018 proposto da:

I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO N.

38, presso lo studio dell’avvocato MAIORANA ROBERTO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. R.G. 730/2017 della CORTE D’APPELLO di

PERUGIA, depositata il 15/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

Fatto

RITENUTO

Che:

Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35, I.A., nato in Nigeria, chiedeva al Tribunale di Perugia che gli venisse riconosciuta una delle diverse misure di protezione internazionale, erroneamente denegate dalla Commissione territoriale. Il giudice adito rigettava la domanda.

L’impugnazione proposta dinanzi alla Corte di appello di Perugia veniva rigettata.

Il ricorrente aveva narrato di essere fuggito dalla Nigeria per evitare di essere ucciso dagli appartenenti ad una setta che volevano che egli ne entrasse a far parte perchè aveva visto “qualcosa che non doveva vedere” e motivava con i suoi timori la domanda di protezione.

La Corte territoriale, pur confermando la valutazione di non particolare attendibilità delle dichiarazioni del richiedente in quanto generiche e non circostanziate, ha escluso che le ragioni addotte potessero rientrare nelle fattispecie normativamente previste per il riconoscimento della protezione in quanto la setta non poteva essere qualificata nè come organizzazione statale, nè come organizzazione parastatale. Ha valutato quindi le condizioni socio/politiche della Nigeria, escludendo la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata nel Paese ed ha negato la protezione umanitaria non ravvisando peculiari situazioni personali di vulnerabilità.

Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione con due mezzi; il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione, solo al fine della eventuale partecipazione alla discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. Con il primo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in relazione alla mancata concessione della protezione sussidiaria.

Il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia escluso la sussistenza di una situazione di pericolo per la sicurezza individuale in Nigeria senza avere preso in considerazione le fonti informative sulla situazione internazionale.

Il motivo è fondato.

In materia di protezione sussidiaria, con riferimento all’accertamento del rischio effettivo di subire un grave danno alla persona, nell’ipotesi contemplata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il dovere di cooperazione istruttoria desumibile dal medesimo decreto legislativo, art. 3, comma 5, impone al giudice di verificare – in via preferenziale, ma non esclusiva, attraverso lo scrutinio del c.d. c.o.i., “country of origin informations” – se nel Paese di provenienza sia oggettivamente sussistente una situazione di violenza indiscriminata talmente grave da costituire ostacolo al rientro del richiedente (Cass. n. 14283 del 24/05/2019) e tale indagine non risulta essere stata effettuata mediante l’indicazione delle fonti considerate.

2. Col secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in merito al rifiuto della protezione umanitaria, invocando la tutela del diritto alla salute ed all’alimentazione, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo Paese di origine.

Il motivo è assorbito.

3. In conclusione il primo motivo di ricorso va accolto, assorbito il secondo; la decisione impugnata va cassata e rinviata alla Corte territoriale in diversa composizione per il riesame e le spese.

P.Q.M.

– Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;

– cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

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