Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2876 del 10/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 2876 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA
sul ricorso 21383-2012 proposto da:
SORBI LUCIO SRBLCU34C21G478U, elettivamente domiciliato in
ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dalll’avv. LOVELLI GIOVANNI, giusta mandato a margine del
ricorso;

– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

Data pubblicazione: 10/02/2014

- controrkorrente avverso il decreto nel procedimento R.G. 300/2011 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE del 17.12.2011, depositato il 18/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ROSARIA SAN

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

GIORGIO.

Ric. 2012 n. 21383 sez. M2 – ud. 04-10-2013
-2-

i,

R.g. 21383/2012
Ritenuto in fatto
Lucio Sorbi, con ricorso del 23 marzo 2011 alla Corte d’appello di Firenze, ha proposto
domanda di equa riparazione, ai sensi della L. n. 89 del 2001, del danno non patrimoniale
sofferto a causa della non ragionevole durata di un processo civile in cui lo stesso era

pagamento di una somma dovuta dall’attrice per la realizzazione di un muro di confine
tra le proprietà delle parti e di altro processo in cui egli aveva convenuto la S.E.P. con
atto notificato il 30 novembre 2002, per ottenerne la condanna all’abbattimento del
muro: giudizi entrambi pendenti all’epoca.
La Corte territoriale, con il decreto indicato in epigrafe, ha accolto la domanda,
condannando il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di curo 5500,00 in
favore del ricorrente, a titolo di risarcimento del danno da durata irragionevole, valutata
in anni quattro per il primo giudizio e tre per il secondo. Al riguardo ha osservato la
Corte di merito che in entrambi i giudizi, erano stati ascoltati numerosi testi ed era stata
esperita c.t.u., sicché, in considerazione della impegnativa attività istruttoria, doveva
ritenersi equa la durata del primo grado del giudizio di sei anni. La Corte ha poi disposto
la compensazione delle spese del giudizio, in considerazione del comportamento del
Ministero, sostanzialmente remissivo, e della riduzione della pretesa del ricorrente.
Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso il Sorbi sulla base di due motivi. Il
Ministero della Giustizia resiste con controricorso.
Considerato in diritto

stato convenuto dalla S.E.P. s.r.l. con atto notificato il 14 dicembre 2001 per il

Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma semplificata.
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2,
commi 1, 2 e 3, e 3, comma 5, della legge n. 89 del 2001, e dell’art. 6, paragrafo 1, della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e degli artt. 112 e 113 cod.proc.civ. per
violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto e per omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Rileva il
ricorrente che la Corte d’appello ha raddoppiato la equa durata dei due giudizi rispetto a
quella standard di tre anni solo per essere stati ascoltati numerosi testi e per essere stata

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esperita c.t.u. , discostandosi in modo eccessivo ed irragionevole dal predetto parametro.
Il motivo è meritevole di accoglimento.
La Corte d’appello non ha motivato adeguatamente lo scostamento dai parametri
individuati dalla giurisprudenza europea e nazionale in materia di equa durata del
processo, limitandosi ad affermare che nei due processi sono stati ascoltati numerosi
testi ed è stata esperita c.t.u., irragionevolmente inferendo da tali circostanze, che

istruttoria.
Deve, pertanto, ritenersi che in entrambi i casi la equa durata del processo fosse di tre
anni.
Con il secondo motivo, si deduce violazione degli artt. 2, commi 1, 2 e 3, e 3, comma 5,
della legge n. 89 del 2001, dell’art. 6, par. 1, CEDU, degli artt. 112 e 113 e 91
cod.proc.civ. pere violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto e per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio. Avrebbe errato la Corte di merito nel compensare le spese del giudizio in
considerazione del fatto che il Ministero non può autonomamente dar luogo al
riconoscimento del diritto, essendo necessario il provvedimento giudiziale autorizzativo
della spesa, e che è stato sostanzialmente remissivo, e tenendo conto della riduzione della
pretesa.
Anche tale motivo è fondato. Infatti, la mancata opposizione dell’Amministrazione alla
domanda di equa di riparazione rivolta nei suoi confronti non giustifica, di per sé, la
compensazione delle corrispondenti spese processuali, allorché comunque l’istante sia
stato costretto ad adire il giudice per ottenere il riconoscimento del diritto (v. Cass., sent.
n. 22763 del 2013).
Né la mancata strutturazione del giudizio di equa riparazione in modo tale da consentire
una fase conciliativa non può, di per sé, giustificare la compensazione, sia pure parziale,
delle relative spese processuali, trattandosi di ragione che, fondata su di un auspicio de
jure, non è certamente qualificabile come grave, né eccezionale (v. Cass., sent. n. 22763
del 2013 cit.).

caratterizzano una abituale attività processuale, una particolare complessità della

Ed ancora, ai fini della compensazione totale delle spese processuali non è sufficiente la
mera riduzione della domanda operata dal giudice in sede decisoria, permanendo
comunque la sostanziale soccombenza della controparte che dev’essere adeguatamente
riconosciuta sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese (v. Cass., sent. n. 901
del 2012).
Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto. Il decreto impugnato deve essere

decisa nel merito, con la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento, ex art. 2
della legge n. 89 del 2001, della somma complessiva di euro 9937,50, oltre agli interessi
legali dalla domanda al saldo, in relazione ai due giudizi, considerando, come base per il
calcolo della liquidazione, l’importo di euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di
ritardo e di euro 1000,00 per ognuno degli anni successivi.
Le spese del presente giudizio e di quello di merito, da porre, per il principio della
soccombenza, a carico del predetto Ministero, e da distrarre in favore dell’avv. Giovanni
Lovelli, che se ne è dichiarato antistatario, vengono liquidate come da dispositivo.
P. Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito,
condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente dell’importo
di euro 9937,50, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo. Condanna altresì il
Ministero al pagamento delle spese del giudizio di merito, che liquida in complessivi curo
806,00, di cui curo 50,00 per esborsi, 311,00 per diritti e 445,00 per onorari, da distrarre
in favore dell’avv. Giovanni Lovelli, dichiaratosene antistatario, e del presente giudizio,
che liquida in complessivi euro 506,25, oltre ad euro 100, 00 per esborsi, da distrarre in
favore del predetto legale, antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta — II Civile della Corte
Suprema di Cassazione, il 4 ottobre 2013.

cassato, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere

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