Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28757 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 09/11/2018, (ud. 19/04/2018, dep. 09/11/2018), n.28757

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9967/2013 proposto da:

C.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLE FORNACI 43, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO

SCORSONE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

SERGIO GIOVANNI BATTISTA FORMENTO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei

crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO

e EMANUELE DE ROSE, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA NORD S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 91/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 10/04/2012, R.G.N. 681/2008.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, C.G. impugna la sentenza n. 91, depositata in data 10/4/2012, con la quale la Corte d’appello di Genova confermava la sentenza del giudice di prime cure che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione a cartella per omessa contribuzione proposta dal C.;

che, la Corte territoriale, ritualmente adita, confermava nel merito la sentenza di primo grado, ritenendo che la cartella esattoriale oggetto di controversia fosse completa di tutti i requisiti previsti dallo schema legale di cui al D.M. 28 giugno 1999;

che, avverso tale pronuncia ricorre per cassazione C.G. affidandosi a due motivi, e depositando memoria ex art. 375 c.p.c.;

che, l’INPS difende con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza emessa dalla Corte di merito sotto il profilo del contrasto fra motivazione e dispositivo;

che, con il secondo motivo viene denunciata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2697 c.c.;

che, va, preliminarmente, esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, dedotta dalla parte controricorrente, per essere stato proposto oltre il termine annuale di pubblicazione della sentenza d’appello;

che, l’eccezione è infondata alla luce di un consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n. 19986/16) secondo il quale, qualora la notificazione di un atto di impugnazione, tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario o inoltrato a mezzo ufficio postale, non si sia perfezionata per cause non imputabili al notificante, come, nel caso quale quello in disamina, di avvenuto trasferimento del domicilio del procuratore della controparte, ad altro indirizzo (trasferimento intervenuto nella stessa data – 10/4/2013 – di deposito presso l’ufficio postale del plico contenente il ricorso da notificare), il procedimento notificatorio non può ritenersi esaurito, ed il notificante non incorre in alcuna decadenza, ove provveda con sollecita diligenza (da valutarsi secondo un principio di ragionevolezza) a rinnovare la richiesta di notificazione, non avendo rilievo la circostanza che quest’ultima si perfezioni successivamente allo spirare del termine per proporre gravame;

che, ciò stante, nel caso di specie, è da escludere la tardività della notifica del ricorso, essendo intervenuta la sua rinnovazione il 15/4/2013, a soli cinque giorni dalla conoscenza in capo al notificante del trasferimento del recapito del procuratore della controparte;

che, il ricorso nel merito è infondato per le ragioni che seguono;

che, con il primo motivo parte ricorrente denuncia l’insanabile contrasto in cui sarebbe incorsa la sentenza di secondo grado, che nella parte motiva ha dichiarato la nullità della notifica della opposta cartella rigettando, però, nel merito l’opposizione in difformità dalla pronuncia di primo grado che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione, nel dispositivo, in contrasto con la motivazione, ha, invece, disposto, in parziale riforma della sentenza appellata, la compensazione tra tutte le parti delle spese processuali e la conferma per il resto della pronuncia di primo grado;

che, la censura non ha pregio, infatti non può ritenersi sussistente il vizio di insanabile contraddizione tra motivazione e dispositivo solo perchè nel dispositivo la sentenza d’appello ha confermato quella di prime cure che aveva dichiarato inammissibile l’opposizione alla cartella, mentre nella motivazione si è pronunciata divisando sul merito della controversia, atteso che l’errore compiuto dal giudice non comporta, nella specie, alcun problema di interpretazione della sentenza, essendo indubbio l’esito negativo del gravame;

che, inoltre, nel rito di cognizione ordinaria, l’esatto contenuto della sentenza non va individuato alla stregua del solo dispositivo, ma integrando lo stesso con la motivazione, nella parte in cui questa riveli l’effettiva volontà del giudice, con la conseguenza che, nel caso di contrasto, è per l’appunto alla motivazione che va data prevalenza (Cass. n. 17910/015 – Cass. n. 10727/013);

che, parimenti infondato s’appalesa il secondo motivo concernente censure rivolte al plesso argomentativo della sentenza impugnata ed alla dedotta violazione dell’art. 2697 c.c.;

che, al riguardo giova evidenziare, come la Corte territoriale con argomentazioni approfondite, esaustive, ed intrinsecamente coerenti sia in ordine alle propalazioni rilasciate dagli ispettori dell’INPS in sede istruttoria, sia in relazione agli elementi documentali considerati idonei a riscontrare gli esiti delle prove testimoniali ha riconosciuto la fondatezza delle pretese contributive vantate dall’INPS nei confronti del C.;

che, a fronte di ciò parte ricorrente, anche in relazione alla denunciata violazione dell’art. 2697 c.c., si limita ad esprimere un generale dissenso dalle valutazioni offerte dal giudice di merito, come, ad esempio, in merito alle risultanze dei verbali ispettivi ed alla valenza probatoria degli stessi;;

che, ciò conduce a ritenere inammissibile il suddetto motivo di ricorso, in quanto al di là della rispettiva intestazione formale, nella sostanza esprime un dissenso valutativo dalle risultanze di causa ed invoca, quindi, un diverso apprezzamento di merito delle stesse;

che, quindi, tale motivo di gravame costituisce una istanza di revisione dei convincimenti del giudice di merito, e si risolve di conseguenza, in una richiesta diretta ad una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione (Cass. n. 6064/2008);

che, alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve, pertanto, essere respinto, e le spese del presente giudizio di cassazione liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

PQM

La Corte respinge il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4000,00 per onorari compensi professionali, ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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