Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28752 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 07/11/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 07/11/2019), n.28752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15474/2017 proposto da:

BANCA CR FIRENZE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 332, presso

lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DE MAJO, rappresentata e difesa

dall’avvocato VITTORIO BECHI;

– ricorrenti –

contro

B.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO

58, presso lo studio dell’avvocato BRUNO COSSU, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati PAOLO GAGGERO, DANILA GIUPPONI,

FRANCESCO PERSIANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 506/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 31/01/2017; r.g.n. 407/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GIUSEPPE DE MAJO per delega Avvocato VITTORIO BECHI;

udito l’Avvocato SAVINA BOMBOI per delega verbale Avvocato BRUNO

COSSU.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di GENOVA, con sentenza in data 2 dicembre 2016- 31 gennaio 2017 numero 506, riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di Massa e, per l’effetto, condannava la società BANCA CR FIRENZE spa (in prosieguo: CRF) al pagamento in favore dell’agente B.C.:

– dell’indennità di mancato preavviso (Euro 31.579,94);

– dell’indennità suppletiva di clientela (Euro 7.551,79);

– delle provvigioni non corrisposte (Euro 12.864,83, già detratta la somma di Euro 1.300,86 per provvigioni corrisposte e non dovute);

– della quota FIRR (Euro 327,34).

A fondamento della decisione la Corte territoriale, in accoglimento dell’appello dell’agente, riteneva sussistere la giusta causa del suo recesso, consistente nei disservizi causati dal malfunzionamento del sistema informatico in uso presso la rete dei promotori finanziari di CRF.

Tali disservizi, documentati in causa (documenti allegati al ricorso di primo grado dal n. 10 al n. 19 e dal n. 22 al n. 32), costituivano fatti pacifici, non contestati dalla convenuta, che si era limitata a minimizzarli come verificatisi in un breve arco temporale, necessario alla migrazione dei dati a seguito della acquisizione del ramo di azienda di CORTAL CONSORS, cui apparteneva la rete dei promotori finanziari.

A fronte delle reiterate segnalazioni inviate dal promotore, CRF, invece di fornire adeguate risposte, aveva comunicato al B. la sostituzione della qualifica ricoperta, con sottoposizione all'”Area manager” ed affidamento ad altri manager dei due promotori finanziari fino a quel momento coordinati.

Facevano seguito ulteriori segnalazioni di disservizi e, nella perdurante inerzia di CRF, la comunicazione di recesso per giusta causa del 9 luglio 2007.

Le suddette circostanze pacifiche integravano la giusta causa di recesso dell’agente.

L’appello incidentale della preponente era fondato limitatamente alla somma di Euro 1300,86 per importi provvigionali erroneamente corrisposti da CRF, circostanza ammessa dall’agente.

In ordine alla quantificazione degli importi dovuti a titolo di indennità di mancato preavviso, indennità suppletiva di clientela ex art. 12 del contratto di agenzia, crediti provvigionali e quota FIRR, premesso che le parti non avevano sollevato contestazioni sulla metodologia di calcolo applicata dal CTU, i medesimi andavano determinati sulla base della stessa CTU.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso CRF, articolato in tre motivi, cui ha resistito B.C. con controricorso.

Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Reputa il Collegio in via preliminare di disattendere la eccezione, opposta dal controricorrente B., di formazione del giudicato interno sul’accertamento del proprio credito per provvigioni non corrisposte e quota FIRR compiuto nella sentenza di primo grado, in quanto tale statuizione non sarebbe stata oggetto di appello incidentale da parte di CRF.

La eccezione è infondata.

Il giudice dell’appello ha affermato nella sentenza impugnata che l’appello incidentale verteva anche sulla parte della sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto del B. a differenze provvigionali e quota di FIRR (come si legge alla pagina 7 della sentenza, terzo capoverso, lett. a). In coerenza con tale accertamento il giudice dell’appello ha provveduto a quantificare nuovamente nel dispositivo e nella motivazione (pagina 12) il credito per provvigioni non corrisposte e quota FIRR.

Deve darsi atto che nella motivazione (alla stessa pagina 12), nel quantificare i crediti provvigionali e la quota FIIR, si utilizza la seguente locuzione “già riconosciuti dal giudice di primo grado, in assenza di impugnazione sul punto da parte del ricorrente”.

Tale espressione, tuttavia, non si riferisce al contenuto dell’appello incidentale ma all’appello del “ricorrente” (originario): si vuol dire, cioè, che i crediti per provvigioni e per FIRR non avrebbero potuto essere incrementati rispetto a quanto stabilito nel primo grado, perchè sul punto l’agente aveva fatto acquiescenza.

Ne consegue che non si è formato il preteso giudicato interno.

Un eventuale errore di interpretazione dell’appello incidentale commesso dal giudice del grado, invece, avrebbe dovuto essere censurato dalla odierna parte controricorrente con la proposizione di un ricorso incidentale condizionato.

Deve, pertanto, procedersi all’esame delle censure.

Con il primo motivo CRF ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 1363,1748,2697 c.c., nonchè dell’art. 61 c.p.c., art. 115 c.p.c., comma 1, art. 116 c.p.c., comma 1 e art. 414 c.p.c..

Con il motivo si censura il riconoscimento in favore del B. del credito per provvigioni (Euro 12.864,83), assumendosi l’inversione dell’onere probatorio, in quanto la statuizione di condanna al pagamento delle provvigioni era stata resa in carenza di qualsiasi documento o evidenza contabile da cui potesse anche solo presumersi il diritto alle provvigioni.

La parte ricorrente ha esposto che lo stesso ctu incaricato nel grado di appello aveva evidenziato l’impossibilità di individuare il titolo delle provvigioni rivendicate dall’agente, essendo carenti sia i documenti degli affari promossi che quelli relativi ai criteri di calcolo delle provvigioni. Il consulente aveva pertanto determinato le provvigioni attraverso strumenti matematico – statistici (individuando, in base alla serie storica delle provvigioni maturate, una linea utilizzabile per individuare la tendenza o previsione dell’andamento prospettico dei valori).

Tanto premesso, la ricorrente ha censurato la sentenza per non aver articolato alcuna motivazione circa la prova del credito, limitandosi ad affermare che le parti non avevano sollevato contestazioni sulla metodologia di calcolo applicata dal CTU. Il consulente di parte, senza riconoscere l’an del credito per le provvigioni, aveva semplicemente riferito di non obiettare in ordine al metodo di calcolo della media.

Essa parte ricorrente aveva ripetutamente evidenziato in sede di giudizio la assenza di riscontri probatori circa il diritto alle provvigioni, opponendosi alla nomina del ctu.

Analoga inversione dell’onere della prova era stata compiuta in ordine al credito per l’indennità suppletiva di clientela: il B. non aveva nè dedotto nè provato di aver procurato nuovi clienti, di avere sensibilmente sviluppato gli affari nè che CRF ricevesse ancora sostanziali vantaggi, elementi previsti dall’art. 12 del contratto di agenzia per il diritto all’indennità.

Il punto 13 del contratto, inoltre, escludeva l’applicazione degli Accordi Economici Collettivi di settore; il fatto era decisivo, poichè i due istituti del FIRR e della indennità suppletiva di clientela erano previsti solo dagli Accordi Economici Collettivi.

Il motivo è inammissibile, per non essere la censura pertinente al decisum.

Una questione di violazione dell’art. 2697 c.c., può porsi soltanto ove il giudice, non ritenendo raggiunta la prova dei fatti controversi, individui la parte soccombente facendo applicazione della regola di giudizio fondata sull’onere della prova; è in tale eventualità che il soccombente può dolersi per la erronea attribuzione a suo carico dell’onere probatorio.

Nella fattispecie di causa la Corte territoriale non ha posto a carico della preponente l’onere della prova, ma ha, piuttosto, ritenuto raggiunta la prova del diritto alle provvigioni ed alla indennità suppletiva di clientela, sulla base della ctu.

Quanto all’omesso esame del punto 13 del contratto di agenzia, in relazione al credito riconosciuto all’agente per l’indennità suppletiva di clientela, la censura, che investe l’omesso esame di un fatto storico, avrebbe dovuto essere veicolata a questa Corte attraverso la deduzione di un vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5. L’impugnazione, riqualificata in tal senso, non supera il vaglio di ammissibilità, non avendo la ricorrente trascritto le prescrizioni contrattuali nè precisato le ragioni della loro rilevanza sul decisum del collegio, fondato sulla previsione dell’art. 12 del contratto individuale piuttosto che sugli Accordi economici collettivi.

Con il secondo motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – la parte ricorrente ha denunziato violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, assumendo che la scarna motivazione con cui veniva riconosciuto il diritto del B. alle differenze provvigionali non dava conto in alcun modo della prova raggiunta in ordine ai fatti costitutivi del credito.

Ha dedotto che la sentenza non si era pronunciata compiutamente sulle ragioni dell’appello incidentale, così come complessivamente proposto.

La impugnazione incidentale verteva anche sul punto della sentenza di primo grado che riconosceva il credito per provvigioni non pagate e quota FIRR (nonchè sulla quantificazione in proprio favore dell’indennità sostitutiva del preavviso).

La questione centrale dedotta con l’appello incidentale concerneva la assenza di allegazione e di prova del diritto alle differenze provvigionali rivendicate dal B..

Il motivo è fondato.

Preliminare è il rilievo che la censura coglie la sola statuizione relativa alle provvigioni non corrisposte all’agente, che erano state oggetto dell’appello incidentale di BRF.

Tanto premesso, si rileva che, come dedotto nell’attuale ricorso e come si legge nella parte espositiva della sentenza impugnata – (alla pagina 7, terzo capoverso, lettera a) – con l’appello incidentale CRF contestava il riconoscimento da parte del giudice di primo grado del

diritto dell’agente alle provvigioni per l'”assenza di prova da parte del B. sull’an della pretesa”.

L’unico passaggio motivazionale della sentenza d’appello in cui si esaminano tali crediti si riduce alla seguente affermazione “premesso che le parti non hanno sollevato contestazioni sulla metodologia di calcolo applicata dal ctu”.

Risulta evidente allora la mancanza della motivazione sull’an del credito per provvigioni, che era stato oggetto dell’appello incidentale. Trattasi di un vizio rilevante ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, vertendosi in ipotesi di totale obliterazione della motivazione in ordine alla ricorrenza dei fatti costitutivi di crediti contestati nell’an ancor prima che nel quantum.

Il secondo motivo deve essere, pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata, nella sola parte in cui ha statuito sulle provvigioni (Euro 14.165,69) non corrisposte all’agente.

Con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1455,1750,2119,2697,2727,2728,2729 c.c., nonchè dell’art. 115 c.p.c., comma 1 e art. 116 c.p.c., comma 1.

Il motivo investe l’accertamento della giusta causa del recesso dell’agente.

La ricorrente ha assunto che i giudici dell’appello avevano formato il proprio convincimento sulla base delle sole produzioni documentali avversarie, prive di valenza probatoria in quanto atti di parte (si trattava di fax che il B. aveva inviato a CRF lamentando disservizi e danni al suo portafoglio clienti).

Ha contestato che fosse pacifico il fatto che le disfunzioni denunziate dall’agente fossero attribuibili al sistema informatico di CRF; al contrario, le prove orali assunte nel primo grado avevano confermato che il sistema operativo era una piattaforma informatica che si interfacciava con le procedure informative dalla banca senza produrre una documentazione spendibile verso la clientela; era, dunque, compito del promotore gestire con attenzione, nelle relazioni con il cliente, dati che non fossero generati dalla procedura della banca.

Il motivo è inammissibile.

La Corte territoriale, contrariamente a quanto si assume nella censura, non ha fondato la prova dei fatti che ha ritenuto costituire giusta causa del recesso dell’agente sui documenti provenienti dalla stessa parte interessata ma, piuttosto, sulla non-contestazione di quegli stessi fatti.

La considerazione di un fatto come “non contestato” rientra nella valutazione discrezionale del giudice del merito ed è censurabile in questa sede di legittimità soltanto attraverso la deduzione di un vizio della motivazione e, dunque, con la specifica allegazione di un fatto storico, risultante dagli atti ed oggetto di discussione tra le parti, non esaminato nella sentenza impugnata ed avente rilievo decisivo.

Il motivo, seppure riqualificato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, difetta di specificità, perchè non trascrive nè localizza le allegazioni difensive, del primo grado e dell’appello, con le quali sarebbero stati specificamente contestati i fatti storici allegati dal B.. Dalla sentenza impugnata risulta, invece, che nelle sue difese CRF si era “limitata a minimizzarli e giustificarli”.

Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere cassata, limitatamente alla statuizione sulle provvigioni, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, dichiarati inammissibili il primo ed il terzo. La causa va rinviata alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione perchè provveda a rinnovare il giudizio, nella parte cassata.

Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla disciplina delle spese del presente grado.

Per il parziale accoglimento del ricorso NON sussistono le condizioni, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo; dichiara inammissibili gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia – anche per le spese – alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

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