Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28751 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. II, 09/11/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 09/11/2018), n.28751

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 3713 – 2014 R.G. proposto da:

D.D.G., – c.f. (OMISSIS) – P.M.G. – c.f.

(OMISSIS) – rappresentati e difesi in virtù di procura speciale in

calce al ricorso dall’avvocato Walter Tesauro ed elettivamente

domiciliati in Roma, alla via Magliano Sabina, n. 22, presso lo

studio dell’avvocato Maria Rita Marchese;

– ricorrente –

contro

ASSOCIAZIONE “CASA FAMIGLIA ROSETTA”, – p.i.v.a. (OMISSIS) – in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa in virtù di procura speciale a margine del controricorso

dall’avvocato Gaetano Caponnetto ed elettivamente domiciliata in

Roma, alla via Francesco Siacci, n. 39, presso lo studio

dell’avvocato professor Antonio Sinesio.

– controricorrente –

avverso – ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3 – la sentenza n.

757 dell’11.10.2011 del tribunale di Caltanissetta;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 21

giugno 2018 dal consigliere dott. Luigi Abete;

udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore

generale dott. Del Core Sergio, che ha concluso per la declaratoria

di inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto notificato il 10.11.2000 l’Associazione “Casa Famiglia Rosetta”, proprietaria di un terreno, con annesso fabbricato rurale, in Comune di Caltanissetta, citava a comparire innanzi al tribunale di Caltanissetta D.D.G. e P.M.G., proprietari del terreno confinante.

Chiedeva che si facesse luogo all’accertamento dell’esatta linea di confine tra i fondi limitrofi e alla condanna dei convenuti al rilascio della porzione occupata mercè arretramento della recinzione illegittimamente apposta.

Si costituivano D.D.G. e P.M.G..

Instavano per il rigetto dell’avversa domanda; in via riconvenzionale chiedevano dichiararsi l’intervenuto acquisto da parte loro per usucapione della porzione controversa.

Con sentenza n. 757/2011 il tribunale di Caltanissetta accoglieva la domanda dell’attrice e, per l’effetto, dichiarava che la linea di confine tra i fondi limitrofi coincideva con quella di cui all’allegato n. 1 alla relazione di c.t.u., condannava i convenuti a rimuovere la rete metallica ed a posizionarla lungo la linea di confine debitamente acclarata; rigettava la domanda riconvenzionale e condannava i convenuti alle spese di lite e di c.t.u..

Proponevano appello D.D.G. e P.M.G..

Resisteva l’Associazione “Casa Famiglia Rosetta”.

Con ordinanza dei 31.1/15.2.2013 la corte d’appello di Caltanissetta dichiarava inammissibile il gravame ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. (l’ordinanza veniva corretta in data 16.10.2013 solo e limitatamente al capo del dispositivo concernente le spese, ove era scritto “condanna gli appellati” anzichè “condanna gli appellanti”).

Avverso la sentenza n. 757/2011 del tribunale di Caltanissetta hanno proposto ricorso D.D.G. e P.M.G.; ne hanno chiesto sulla scorta di nove motivi la cassazione con ogni susseguente pronuncia anche in ordine alle spese.

L’Associazione “Casa Famiglia Rosetta” ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione di legge, non ricorrendo nella specie i presupposti dell’art. 348 bis c.p.c..

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 348 ter c.p.c., nella parte in cui prevede che l’ordinanza può essere motivata mercè richiamo per relationem alla motivazione della sentenza di primo grado.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 6 C.E.D.U. ovvero la violazione del diritto ad un equo processo.

Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 6 C.E.D.U. ovvero la violazione del diritto ad un equo processo.

Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 3,24 e 111 Cost. in dipendenza dell’esclusione del rimedio dell’appello; la violazione dell’art. 6 C.E.D.U. ovvero la violazione del diritto ad un giusto processo.

Con il sesto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 348 ter c.p.c., comma 1, nella parte in cui dispone che il giudice, prima di procedere alla trattazione, deve preventivamente sentire le parti.

Con il settimo motivo i ricorrenti denunciano la violazione di norme di legge; l’erronea qualificazione della domanda esercitata dall’iniziale attrice in guisa di azione di regolamento dei confini anzichè di rivendicazione.

Con l’ottavo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 950 c.c., per aver omesso – il tribunale – di considerare che entrambi i fondi sono stati costituiti mediante distacco da un unico fondo appartenente allo stesso proprietario.

Con il nono motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 950 c.c., comma 3, per aver – il tribunale – determinato il confine in via esclusiva alla stregua delle mappe catastali, ancorchè non ricorressero i presupposti necessari in tal senso.

Il ricorso per cassazione è inammissibile, siccome tardivamente proposto.

Ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3 il termine “breve” di sessanta giorni, ex art. 325 c.p.c., comma 2, ai fini della proposizione del ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità dell’appello (circa il riferimento, all’art. 348 ter c.p.c., comma 3, al termine “breve” cfr. Cass. sez. un. 11.5.2018, n. 11850).

La comunicazione dell’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. è idonea a far decorrere il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso per cassazione, ex art. 348 ter c.p.c., comma 3, solo quando permetta alla parte destinataria di conoscere la natura del provvedimento adottato, implicante lo speciale regime d’impugnazione previsto (cfr. Cass. (ord.) 30.9.2016, n. 19352; Cass. sez. lav. 11.9.2015, n. 18024).

In questi termini si evidenzia quanto segue.

Ovvero che l’esito del giudizio d’appello iscritto innanzi alla corte di Caltanissetta al n. 344/2012 r.g. (tra D.D.G. e P.M.G., da un lato, e l’Associazione “Casa Famiglia Rosetta”, dall’altro), ossia l’ordinanza recante declaratoria di inammissibilità ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. del gravame, è stato comunicato all’avvocato Walter Tesauro, difensore degli appellanti, all’indirizzo di posta elettronica certificata in data 14.5.2013 (alle ore 10.29).

In particolare che la comunicazione inoltrata a mezzo p.e.c. all’avvocato Walter Tesauro, oltre al riferimento al numero (344/2012) del ruolo generale di iscrizione del procedimento innanzi alla corte nissena, reca anche – sebbene se ne abbia riscontro mercè la copia della pagina indirizzata all’avvocato Gaetano Caponnetto, difensore dell’associazione appellata – descrizione seppur sintetica, nondimeno univoca, della natura del provvedimento adottato: “ordinanza di inammissibilità ex art. 748 (recte: 348) bis c.p.c.”.

Su tale scorta si rappresenta altresì quanto segue.

Da un canto, che l’univoco riferimento alla dichiarazione di inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c. dell’appello iscritto al n. 344/2012 R.G. è stato tale da consentire al difensore di D.D.G. e di P.M.G., destinatario della comunicazione telematica certificata, di aver senza equivoci piena contezza della natura del provvedimento adottato e quindi del regime d’impugnazione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 3.

Dall’altro, che il ricorso a questa Corte di legittimità è stato notificato in data 30.1.2014, allorquando il termine “breve” di sessanta giorni (a far data dal 14.5.2013) era ampiamente decorso.

Si soggiunge che le sezioni unite di questa Corte spiegano che il ricorso per cassazione proponibile, ex art. 348 ter c.p.c., comma 3, avverso la sentenza di primo grado, entro sessanta giorni dalla comunicazione, o notificazione se anteriore, dell’ordinanza d’inammissibilità dell’appello resa ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., è soggetto, ai fini del requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, ad un duplice onere di deposito, avente ad oggetto la copia autentica sia della sentenza suddetta sia, per la verifica della tempestività del ricorso, della citata ordinanza con la relativa comunicazione o notificazione; in difetto, il ricorso è improcedibile, salvo che, ove il ricorrente abbia assolto l’onere di richiedere il fascicolo d’ufficio alla cancelleria del giudice “a quo”, la Corte, nell’esercitare il proprio potere officioso, rilevi che l’impugnazione sia stata proposta nei sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione ovvero, in mancanza dell’una e dell’altra, entro il termine cosiddetto lungo di cui all’art. 327 c.p.c. (cfr. Cass. sez. un. 11.5.2018, n. 11850; Cass. sez. un. 13.12.2016, n. 25513).

In questi termini si rappresenta che la comunicazione telematica certificata (summenzionata) inviata in data 14.5.2013 costituisce l’unico riscontro della comunicazione dell’ordinanza dei 31.1/15.2.2013 della corte d’appello di Caltanissetta rinvenibile agli atti del fascicolo d’ufficio trasmesso su richiesta dei ricorrenti (cfr. Cass. sez. lav. (ord.) 5.7.2018, n. 17716, secondo cui, quando è pronunciata l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., il ricorso per cassazione può essere proposto nel termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. solo qualora risultino omesse sia la comunicazione sia la notificazione dell’ordinanza di inammissibilità; cfr. Cass. (ord.) 9.2.2016, n. 2594, secondo cui la parte che intenda esercitare il diritto di ricorrere in cassazione ex art. 348 ter c.p.c., comma 3 deve rispettare il termine di sessanta giorni, di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, che decorre dalla comunicazione dell’ordinanza, ovvero dalla sua notificazione, nel caso in cui la controparte vi abbia provveduto prima della detta comunicazione o se questa sia stata del tutto omessa dalla cancelleria, mentre il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. opera esclusivamente quando risulti non solo omessa la comunicazione, ma anche la notificazione; ne consegue che il ricorrente, per dimostrare la tempestività del ricorso ex art. 348 ter c.p.c. proposto oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, ha l’onere di allegare sia l’assenza di comunicazione (potendo quest’ultima avvenire sin dallo stesso giorno della pubblicazione), sia la mancata notificazione, affermando, pertanto, di fruire del cosiddetto termine “lungo”).

La declaratoria di inammissibilità del ricorso giustifica la condanna in solido dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

Si dà atto che il ricorso è stato notificato il 30.1.2014. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto altresì della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna in solido i ricorrenti, D.D.G. e P.M.G., a rimborsare alla controricorrente, Associazione “Casa Famiglia Rosetta”, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis cit..

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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