Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28747 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2020, (ud. 18/09/2020, dep. 16/12/2020), n.28747

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14874-2016 proposto da:

C.G., B.G., B.P.,

B.B., C.C., D.C.,

B.M.C., C.D., elettivamente domiciliati in ROMA,

Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentati e difesi dell’avvocato MAURIZIO VILLANI;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 257/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LECCE, depositata il 01/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/09/2020 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Gli otto eredi di B.G. hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 257/2016 della CTR della Puglia, sezione staccata di Lecce, che, a conferma della sentenza n. 346/2013 della CPT di Lecce, ha ritenuto legittimo l’avviso di attribuzione di rendita catastale, annualità 2011, a loro notificato, in procedura Docfa, dall’Agenzia del Territorio di Lecce, aventi ad oggetto due locali commerciali, dei quali i ricorrenti erano comproprietari in comunione indivisa. (cat. C/1).

In particolare la CTR rigettava le censure mosse in ordine alla tempestività della notifica ed alla sufficienza della motivazione della prima sentenza e dell’avviso, rilevando, in ordine al primo profilo che il termine di cui al D.M. n. 701 del 1994, art. 1, comma 3, ha natura ordinatoria e, riguardo alla motivazione, che sia la sentenza che l’avviso erano sufficientemente motivati e che i contribuenti erano stati posti in grado di conoscere le ragioni logiche e giuridiche della rettifica e di formulare le proprie difese. Nel merito la CTR ravvisava univoci e convincenti gli elementi analiticamente esposti dall’Ufficio a sostegno della rettifica a fronte delle controdeduzioni dei contribuenti del tutto generiche e non altrettanto coerenti.

L’intimata ha contro dedotto con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I contribuenti articolano due motivi di ricorso, ribaditi con memoria.

a) In relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentano la violazione e falsa applicazione di norme di diritto per carente ed insufficiente motivazione dell’avviso di accertamento in relazione alle prescrizioni della L. n. 212 del 2000, art. 7.

b) In relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentano la violazione e falsa applicazione del D.M. 19 aprile 1994, n. 701, art. 1, comma 3.

Entrambi i motivi sono manifestamente infondati:

La motivazione dell’avviso, riportata alle pagg. 16/17 del ricorso, riporta i dati oggettivi dell’immobile, quali emersi dalla procedura DOCFA attivata dai ricorrenti e, come tali ben conosciuti e condivisi dai contribuenti. Nei principi giurisprudenziali di questa Corte vi è quello, consolidato e non contrastato, secondo cui “in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga, (come nel caso in esame), a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni, mentre nel caso in cui vi sia una divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso.”(Cass.n. 12777/2018; n. 31809/2018;n. 30166/2019).

Alla luce del predetto principio la censura del ricorrente è del tutto infondata perchè la motivazione dell’accertamento si è attenuta al predetto principio di legittimità, che per la particolare natura fortemente partecipativa della procedura DOCFA, ritiene sufficiente una sintetica indicazione del dato valutativo, se gli elementi sui quali si fonda sono stati condivisi da contribuente ed Ufficio e ad essere in discussione è solo la valutazione economico estimativa del bene. (Sentenza n. 23237/2014) rimanendo, in tal caso la motivazione dell’atto, nell’abito quantitativo necessario a consentire al contribuente di formulare le proprie controdeduzioni e articolare le difese in sede giurisdizionale.

Orbene, l’accertamento dell’Ufficio è stato effettuato sulla base degli elementi dichiarati dalla parte con procedura DOCFA e sono dalla stessa ben conosciuti e che la ragione della discrasia tra rendita proposta e rendita accertata sia conseguenza di una diversa valutazione tecnica sul valore economico dei beni non è contestato dai ricorrenti, che non censurano la completezza dei dati tecnici, dai quali l’Ufficio ha desunto la valutazione. La maggiore classe attribuita dall’Ufficio consegue ad una diversa valutazione tecnica, come si evince, testualmente dalla motivazione della sentenza impugnata, che è assai articolata, contenendo una descrizione degli immobili che decripta il dato tecnico, facendo chiaro riferimento sia all’ubicazione – quale posizione privilegiata – sia alle caratteristiche tecniche dei locali con indicazione degli ambienti, vetrine ed attività commerciali insediate, ivi compresa la notazione che i locali dispongono di dotazioni confortevoli, grado di rifinitura notevole e meritevole di una classe di apprezzamento adeguata, elementi tutti che non vengono in alcun modo contestati dai contribuenti. E’ la stessa CTR che, sulla base degli elementi prodotti dall’Ufficio, valuta, con sindacato di merito non censurabile in questa sede, l’inadeguatezza della originaria categoria C/2, relativa a locali di deposito. La Commissione valuta, ancora, del tutto adeguata l’attribuzione fatta dall’Ufficio, della categoria C/1, classe 7 per la particella sub 16 e della classe 8 per la particella sub 17. Ed ancora, con insindacabile giudizio, reputa che le classi assegnate siano ragionevoli ed adeguate, sostenute da raffronti con numerosi immobili similari, alcuni anche adiacenti, tutti classificati in C/1.

Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.

Questa Corte, con una decisione che questo collegio condivide e fa propria, si è già pronunciata per la natura ordinatoria del termine di cui all’art. 3 D.M. n. citato. In particolare, con la sentenza n. 16824 del 2006 ha ritenuto che “In tema di catasto dei fabbricati, con il D.M. 19 aprile 1994, n. 701, regolamento emanato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della L. 23 agosto 1988, n. 400, è stata introdotta una procedura – cd. DOCFA – per l’accertamento delle unità immobiliari, che consente al dichiarante, titolare di diritti reali sui beni, di proporre la rendita degli immobili stessi; la procedura ha il solo scopo di rendere più rapida la formazione del catasto ed il suo aggiornamento, attribuendo alle dichiarazioni presentate ai sensi dell’art. 56 del D.P.R. n. 1 dicembre 1949, n. 1142, la funzione di “rendita proposta”, fino a quando l’ufficio finanziario non provveda alla determinazione della rendita definitiva, sicchè il termine massimo (“entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni”) di un anno assegnato all’ufficio dal D.M., art. 1, comma 3, per la “determinazione della rendita catastale definitiva” non ha natura perentoria, con conseguente decadenza dell’amministrazione dall’esercizio del potere di rettifica – costituente una modalità di esercizio dei poteri per la formazione ed aggiornamento del catasto -, ma meramente ordinatoria. La natura perentoria del termine, infatti, oltre a non essere attribuita dalla norma regolamentare, neppure può ricavarsi dalla disciplina legislativa della materia, con la quale è assolutamente incompatibile un limite temporale alla modificazione o all’aggiornamento delle rendite catastali. Pertanto, ove l’amministrazione non provveda a definire la rendita del bene oggetto di classamento, saranno le dichiarazioni presentate dai contribuenti ai sensi del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 56 a valere come “rendita proposta” fino a che l’ufficio non provvederà alla determinazione della rendita definitiva. ” (vedi anche Cass. ordinanza n. 6411/2014 che ha precisato che la procedura di cui al D.M. 19 aprile 1994, n. 701, che consente al titolare di diritti reali sui beni immobili di proporne la rendita, ha il solo scopo di rendere più rapida la formazione del catasto ed il suo aggiornamento, attribuendo alle dichiarazioni presentate ai sensi dell’art. 56 del D.P.R. n. 1 dicembre 1949, n. 1142, la funzione di “rendita proposta”, fino a quando l’ufficio finanziario non provveda alla quantificazione della rendita definitiva, sicchè il termine massimo di dodici mesi dalla presentazione della dichiarazione, assegnato all’ufficio per la “determinazione della rendita catastale definitiva”, ha natura meramente ordinatoria, non essendone il carattere perentorio espressamente previsto dalla norma regolamentare nè potendo ricavarsi dalla disciplina legislativa della materia, con cui è assolutamente incompatibile un limite temporale alla modificazione o all’aggiornamento delle rendite catastali. Ne consegue che il verificarsi delle scadenze non comporta la decadenza per l’amministrazione dal potere di rettifica.). Il ricorso deve essere, per le ragioni che precedono, respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese che liquida in Euro 2500,00 oltre spese in misura forfettaria ed accessori. Si dà atto della sussistenza del presupposto per il versamento del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

 

 

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