Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28746 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 16/12/2020), n.28746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19085-2018 proposto da:

TUBETTIFICIO M FAVIA SRL, con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato FABIO PACE;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CERNUSCO SUL NAVIGLIO, in persona del Sindaco pro tempore,

con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato

CRISTINA BASSANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1248/2018 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 22/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Tubettificio M. Favia S.r.l. impugnava la cartella di pagamento n. (OMISSIS) per TARI, per anno di imposta 2015, denunciando inter alla l’illegittimità del regolamento comunale riguardante la aree produttrici di rifiuti speciali, ritenendo la non tassabilità delle stesse in quanto i rifiuti erano autonomamente smaltiti. La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, con sentenza n. 7962/2016, rigettava il ricorso. La contribuente proponeva appello, denunciando l’esistenza di un giudicato esterno relativo alla pronuncia della Corte n. 9630 del 2012, e la non tassabilità tramite regolamento delle superfici di lavorazione industriale e di quelle produttive di rifiuti non dichiarati assimilati agli urbani per violazione del D.Lgs. n. 507 del 1992, art. 68, nonchè dei rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali era tenuta a provvedere a proprie spese. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia respingeva il gravame, escludendo l’estensibilità del giudicato esterno in quanto riferito ad altra annualità di imposta e ritenendo corretta la valutazione del giudice di primo grado, posto che il Comune, in base alla delibera comunale, aveva già applicato la prevista riduzione tariffaria. Tubettificio M. Fava S.r.l. propone ricorso per cassazione svolgendo quattro motivi, illustrati con memorie.

Si è costituito con controricorso il Comune di Cernusco sul Naviglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione degli artt. 111,112,131 e 132 c.p.c. in relazione al rigetto dell’eccezione di giudicato esterno, in quanto emergerebbe immediatamente dal contenuto della sentenza impugnata la mancanza di motivazione circa le ragioni per cui si potrebbe fondare l’accertamento della situazione fattuale nei diversi anni di imposta su dati differenti. I giudici di appello avrebbero omesso, senza una motivata ragione, di considerare una questione assorbente e dirimente rispetto alla decisione del presente giudizio.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, degli artt. 111,112,131 e 132 c.p.c. per omessa motivazione in merito all’affermata assimilabilità ai rifiuti urbani dei rifiuti prodotti dalla società contribuente che sono in realtà rifiuti industriali e pericolosi autonomamente smaltiti ed in merito alla non tassabilità assoluta di tali rifiuti. Non sono comprensibili le ragioni ed i presupposti documentali sulla base dei quà la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia riterrebbe che i rifiuti prodotti dalla società siano assimilabili ai rifiuti urbani e per quale ragione le superfici oggetto di tassazione siano destinate prevalentemente allo svolgimento di attività commerciali. Nè vi sarebbe alcuna motivazione in ordine al fatto che i MUD e le fatture degli smaltitori non costituirebbero la prova che, nella specie, trattasi di rifuti industriali speciali. Inoltre, i giudici di appello avrebbero omesso di motivare sulla non tassabilità assoluta dei rifiuti industriali e pericolosi che è questione assorbente e dirimente rispetto alla decisione del presente giudizio.

3. Con il terzo motivo si denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 265 comma 1, del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 57, comma 1, e della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 184, che testualmente confermano la permanenza in vigore delle vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti e quindi del regolamento comunale in esame, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 198, espressamente richiamato dal regolamento comunale presupposto all’atto impositivo per cui è causa, del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68 e del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, che dispongono la non tassabilità assoluta delle superfici industriali e dei rifiuti pericolosi, nonchè violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1997, art. 7, che dispone la disapplicazione delle norme regolamentari illegittime. La decisione impugnata, presupponendo immotivatamente la sussistenza nella fattispecie de qua di rifiuti non industriali e pericolosi, ritiene che, per effetto delle norme transitorie in rubrica (D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 265, comma 1, D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 57, comma 1 e L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 184) che dispongono la permanenza in vigore delle vigente norme regolamentari che disciplinano la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti (tra cui il regolamento comunale contestato) non sarebbe applicabile alla specie il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e), ai sensi del quale è di competenza dello Stato ” la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani”. In tal modo, la decisione impugnata escluderebbe l’illegittimità del regolamento comunale eccepita dalla contribuente in ordine alla illegittima equiparazione dei rifiuti industriali prodotti rispetto a quelli urbani e della relativa tariffazione trasfusa nell’atto per cui è causa.

La contribuente avrebbe altresì eccepito la non tassabilità assoluta dei rifiuti prodotti e la non assmilabilità dei rifiuti speciali pericolosi ai rifiuti urbani, mentre la sentenza impugnata violerebbe le norme indicate in rubrica, che dispongono la non tassabilità assoluta delle superfici industriali e dei rifiuti pericolosi prodotti nella specie e, peraltro, autonomamente smaltiti.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62 e del D.Lgs. n. 52 del 2006, art. 195, per avere confermato la riduzione quantitativa della tassazione non preceduta da una scelta qualitativa. La sentenza impugnata sarebbe illegittima in quanto ritiene valida la modalità tecnica e quantitativa di assimilazione dei rifiuti (industriali e pericolosi) prodotti a quelli urbani ai fini della relativa tassazione, ritenuto inapplicabili i criteri di assimilazione di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006. La ricorrente ha eccepito la illegittimità delle modalità regolamentari di assimilazione anche con riferimento al D.Lgs. n. 507 del 1993, sicchè la sentenza impugnata sarebbe illegittima per violazione o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62 e del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, per avere confermato la riduzione quantitativa della tassazione non preceduta da una scelta qualitativa.

5. Vanno preliminarmente disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso per cassazione proposte da parte controricorrente, in ragione della chiarezza espositiva delle argomentazioni espresse nell’atto di impugnazione e de la compiuta illustrazione della vicenda processuale in ossequio ai principi illustrati dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, anche con riferimento ai doveri di autosufficienza e di specificità. I motivi di ricorso, infatti, contengono i caratteri della tassatività atteso che i vizi denunciati rientrano nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c. (Cass. n. 19959/2014), essendo stati chiaramente riferiti i fatti in relazione ai quali la motivazione è stata ritenuta illegittima e carente.

6. Il primo motivo di ricorso è infondato.

Non è contestato che il giudicato esterno di cui si eccepisce l’estensibilità al presente giudizio si riferisca alle annualità 2000-2005, mentre l’annualità relativa al presente giudizio è il 2015. Questa Corte, con indirizzo condiviso, ha precisato che: “In materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne i qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, con la conseguenza che lo stesso è escluso nelle fattispecie “tendenzialmente permanenti” in quanto non suscettibili di variazione annuale” (Cass. n. 17760 del 2018), non potendo riguardare elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo (Cass. n. 25516 del 2019), come situazioni fattuali riguardanti l’applicazione del tributo. I giudici di appello, pertanto, hanno fatto buon governo dei principi espressi, ritenendo non estensibile il giudicato esterno riferito a diverse annualità da quella per cui si procede e fondato sugli elementi di fatto suscettibili di variazione.

6. Il secondo motivo è fondato, Dall’accoglimento del secondo mezzo consegue l’assorbimento dei restanti, i quali potranno essere riproposti al giudice del merito, in sede di rinvio.

La contribuente, con il secondo motivo predica un vizio di motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui si afferma che “non vi è prova che trattasi di rifiuti pericolosi (rifiuti tossici o nocivi) in quanto le superfici produttive di rifiuti pericolosi vanno escluse dalla tassazione, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62”.

A tale riguardo deduce di avere allegato nell’atto di appello e nelle memorie i documenti da cui risulterebbe, invece, tale circostanza, ossia MUD e fatture degli smaltitori, atti che comunque sono stati allegati al ricorso per cassazione in ossequio al principio di autosufficienza.

Le critiche devono trovare accoglimento, atteso che va rilevato come la motivazione della sentenza impugnata appare apodittica e non tiene conto delle risultanze probatorie offerte dalla ricorrente nel corso del giudizio di merito, sicchè non è dato rilevare il percorso logico giuridico seguito dal giudice per giungere al suo convincimento. Il mancato esame dei documenti offerti dalle parti (MUD, fatture smaltitori ecc.) ha determinato una carenza della motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, perchè gli atti non esaminati avrebbero offerto la prova di circostanze tali da invalidare “con un giudizio di certezza e non di rnera probabilità, l’efficacia delle risultanze istruttorie che hango determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento” (Cass. n. 16812 del 2018).

Ne consegue che l’affermazione contenuta nella decisione impugnata, secondo la quale: “Non vi è prova che trattasi di rifiuti pericolosi (rifiuti tossici o nocivi), in quanto solo le superfici produttive di rifiuti pericolosi vanno escluse dalla tassazione, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62)” all’evidenza appare senza alcun riscontro logico, in quanto il giudice di appello non fa alcun riferimento all’esame della documentazione offerta dalle parti nel corso del giudizio di merito, anche solo al fine di confutarla e disattenderne la rilevanza probatoria.

Tale accertamento in fatto del giudice del merito appare preliminare ed assorbente nella vicenda in esame, in cui sostanzialmente si contesta la tassazione delle area di produzione industriale di rifiuti tossico nocivi, e determina conseguentemente l’esame del regolamento comunale istitutivo della TARI che ne disciplina la tassazione di cui si contesta la legittimità. Neppure può essere ricavata una motivazione “per relationem” della sentenza impugnata alle argomentazioni espresse dalla Commissione Provinciale, in quanto il giudice di appello si limita a riferire in motivazione che: “La CTR (ndr. CTP), con valutazione in merito, ha ritenuto che dalla documentazione esibita dalla contribuente i rifiuti prodotti, ad eccezione delle superfici ritenute non soggette a tassazione per mq.1508,88 fossero assimilabili ai rifiuti urbani e che il comune, in base alla delibera comunale aveva già applicato la prevista riduzione tariffaria”. Ne consegue che la sentenza impugnata va, in parte qua, cassata.

8. In definitiva va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e assorbiti i restarti; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, per il riesame, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia per il riesame alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, la quale rovvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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