Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28744 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 16/12/2020), n.28744

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1148/2014 R.G. proposto da:

R.A., rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Farese del

Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in

Roma, Via Giulia, n. 120;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello

Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– resistente –

AGENZIA DELLE ENTRATE, Direzione provinciale di Roma;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 163/6/2013, pronunciata il 15 aprile 2013 e depositata il 28

maggio 2013;

Udita la relazione svolta in Camera di Consiglio del 10 settembre

2020 dal consigliere Dott. Giuseppe Saieva.

 

Fatto

RILEVATO

che

1. La Commissione tributaria provinciale di Roma rigettava (previa riunione) i ricorsi con cui R.A. aveva impugnato gli avvisi con cui l’Agenzia delle Entrate aveva accertato una maggiore IRAP per gli anni 2004 e 2005, determinando una maggiore imposta, pari ad Euro 16.062,00 per il 2004 e ad Euro 16.615,00 per il 2005, oltre alle relative sanzioni.

2. Avverso tale decisione, ritenendo di non essere tenuto al pagamento dell’imposta regionale sulle attività produttive, in mancanza del requisito dell’autonoma organizzazione nell’esercizio della professione di commercialista, il contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio che, con sentenza 163/06/2013, emessa in data 15.4.2013 e depositata il 28.5.2013, rigettava il ricorso accogliendo unicamente la richiesta del contribuente relativa alla inapplicabilità delle sanzioni.

3. Il R. ha quindi proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi avverso il quale l’Agenzia delle Entrate, non costituita nei termini di legge mediante controricorso, si riservava di partecipare all’eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1;

5. Il ricorso è stato fissato nella camera di consiglio del 10 settembre 2020, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380 bis 1 c.p.c.;

6. nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. il ricorrente ha depositato una memoria, insistendo nell’accoglimento delle proprie richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso il contribuente deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, art. 49 (parzialmente abrogato), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 50 c-bis e 52, nonchè della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 144, e del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2,3,8,27,36, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3” eccependo la mancanza nella specie del presupposto impositivo dell’IRAP.

2. Con il secondo motivo di ricorso il contribuente deduce “omessa, illogica ed incoerente motivazione su un punto decisivo della controversia”, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che la sentenza impugnata avrebbe apoditticamente riconosciuto l’autonoma organizzazione nel fatto di avvalersi dell’attività lavorativa di soggetti con contratto di lavoro e ritenuto sufficiente l’esistenza di corrispettivi a terzi (in questo caso la segretaria) senza spiegare perchè detto rapporto di lavoro costituirebbe “un’autonoma ricchezza”.

3. Il primo motivo va accolto.

3.1. Invero, presupposto per l’assoggettamento all’imposta è “l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla… prestazione di servizi” (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2), applicabile anche alle “persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma del predetto testo unico (ndR. D.P.R. n. 917 del 1986), art. 5, comma 3, esercenti arti e professioni, di cui al medesimo testo unico, art. 49 comma 1” (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3, lett. c)).

3.2. Quanto al significato di “autonoma organizzazione” già la Corte Costituzionale, con sent. n. 156 del 2001, aveva puntualizzato che l’imposta incide su un fatto economico diverso dal reddito, cioè su quel quid pluris aggiunto dalla struttura organizzativa alla attività professionale, tale da costituire un indice di capacità contributiva idonea a giustificare l’assoggettamento al tributo; il che non implica alcun limite quantitativo, di prevalenza o meno rispetto al lavoro autonomo esercitato, bensì semplicemente un giudizio di valore sulla idoneità di quella organizzazione a potenziare le possibilità produttive del professionista. La Corte di legittimità ha esplicitato la nozione di autonoma organizzazione nell’esercizio dell’attività di lavoro autonomo, riconoscendola ai fini IRAP quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (in tal senso già cfr. Cass. Sez. 5, 16/02/2007, n. 3676; Cass. Sez. 5, 28/11/2014, n. 25311).

3.3. Nel perimetrare ulteriormente l’assoggettamento ad I.R.A.P. dei lavoratore autonomo sono intervenute da ultimo le Sezioni unite di questa Corte, affermando il seguente principio di diritto: “con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive” (Sez. U, 10/05/2016, n. 9451; conf. Sez. 6, 20/12/2016, n. 26293; nonchè, Sez. 6, 09/09/2019, n. 22469).

3.4. Con specifico riferimento alla professione di commercialista, la Corte aveva affermato che l’esercizio in forma associata della professione liberale rientra nell’ipotesi regolata dall’art. 3 cit., comma 1, lett. c), costituendo essa stessa presupposto d’imposta, in base al medesimo decreto legislativo, art. 2, comma 1, seconda parte (Cass. Sez. 5, 16/07/2010, n. 16784), salvo che il contribuente non dimostri che tale reddito sia derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati (cfr. Cass. Sez. 5, 11/06/2007, n. 13570). La Corte ha altresì chiarito che il commercialista che sia anche amministratore, revisore e sindaco di una società non soggiace all’imposta per il reddito netto di tali attività, in quanto è soggetta ad imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata, per il cui avveramento non è sufficiente che il commercialista operi normalmente presso uno studio professionale. Tale presupposto infatti non integra di per sè il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante quale organo di una compagine terza (Cass. Sez. 6, 03/07/2017, n. 16372). Diversamente, il dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, non ha diritto al rimborso dell’Irap quando, per mancato assolvimento dell’onere probatorio su di lui gravante, non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame (Cass. Sez. 6, 05/03/2012, n. 3434).

3.5. A tali principi non si è attenuto il giudice di merito il quale, nel caso di specie, ha ritenuto sussistente il requisito dell’autonoma organizzazione, desumibile dai minimi mezzi di produzione impiegati e dai compensi corrisposti ad un’unica segretaria che nella specie ammontavano a 20.000,00 Euro annui, senza tuttavia indagare sulle caratteristiche di tale attività.

4. Sulla base di tali considerazioni, il primo motivo di ricorso va accolto, con l’assorbimento del secondo. La sentenza impugnata va per l’effetto cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., con accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.

5. Le spese del giudizio di legittimità possono essere interamente compensate tra le parti in considerazione del contrasto giurisprudenziale esistente alla data di proposizione del ricorso.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo del contribuente.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

 

 

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