Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28743 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 07/11/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 07/11/2019), n.28743

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8981-2014 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO 50,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO IORIO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIANFRANCO TANDURA;

– ricorrente principale –

contro

AZIENDA UNITA’ LOCALE SOCIO SANITARIA N. 1 DI BELLUNO, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA POMPEO MAGNO, 23/A, presso lo studio dell’avvocato

GIAMPIERO PROIA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MAURIZIO PANIZ;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 469/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 26/10/2013 R.G.N. 810/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/07/2019 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso principale, inammissibilità del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato MATTEO SILVESTRI per delega verbale Avvocato

MAURIZIO PANIZ.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 469/2013, in accoglimento dell’impugnazione dell’Azienda Unità Locale Socio-Sanitaria n. (OMISSIS) di Belluno respingeva la domanda proposta da C.M., Direttore del Dipartimento di psichiatria dal 3/11/1999 al 5/3/2001 intesa ad ottenere la maggiorazione della parte variabile della retribuzione di posizione nel limite compreso tra il 35% e il 50% calcolato sul valore massimo della fascia di appartenenza.

Superate le questioni preliminari di improcedibilità e nullità del ricorso, la Corte territoriale riteneva che nella specie fosse maturata la prescrizione atteso che nel pubblico impiego, a differenza che nel lavoro privato, l’invito della Direzione provinciale del Lavoro all’ULSS a nominare un proprio rappresentante nell’ambito del costituendo Collegio di conciliazione non valesse quale vera e propria messa in mora valutabile ex art. 2935 c.c. ai fini dell’interruzione della prescrizione.

2. Avverso tale decisione C.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

3. L’Azienda Unità Locale Socio-Sanitaria n. (OMISSIS) di Belluno ha resistito con controricorso e formulato altresì ricorso incidentale condizionato cui il C. ha resistito con controricorso.

4. L’Azienda ULSS n. 1 di Belluno ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità della produzione documentale da parte del ricorrente. Si tratta infatti (doc. 3 e 4), di atti già prodotti nel fascicolo di parte di primo grado (v. pagg. 6 e 7 del ricorso) e depositati in questa sede dal ricorrente al fine di soddisfare il requisito della specificità dei motivi e consentire a questa Corte un’agevole comprensione delle censure che ruotano intorno a tale documentazione.

2. Con l’unico motivo il ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., del D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 65 e 66 e dell’art. 410 c.c. e ss. nonchè erronea, omessa e/o insufficiente motivazione della sentenza nella parte in cui la Corte d’appello di Venezia ha ritenuto la comunicazione della DPL all’ULSS n. 1 di Belluno (diretta ad ottenere la nomina di un proprio rappresentante all’interno dell’istituendo collegio di conciliazione) inidonea ad interrompere la prescrizione, per non costituire la stessa vera e propria messa in mora.

3. Il motivo è fondato.

3.1. Anche con riguardo alla procedura di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 65 e 66 (ratione temporis vigenti ma abrogati dalla L. n. 183 del 2010, art. 31, comma 9, che ha unificato le discipline per il lavoro privato e quello pubblico) va applicato il principio già affermato da questa Corte con riferimento alla procedura di cui all’art. 410 c.p.c. (v. Cass. 24 novembre 2008, n. 27882; Cass. 16 marzo 2009, n. 6336; Cass. 17 settembre 2014, 19604) secondo cui la convocazione avanti alla competente commissione di conciliazione, all’esito della richiesta di svolgimento del tentativo obbligatorio di conciliazione contenente la specificazione delle rivendicazioni avanzate, costituisce una vera e propria messa in mora, valutabile ex art. 2943 c.c., comma 4, ai fini dell’interruzione della prescrizione, contenendo l’esplicitazione della pretesa e manifestando l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto passivo. Spetta al datore di lavoro, che contesti l’efficacia interruttiva della richiesta, provarne le eventuali lacune o ambiguità ed il relativo accertamento costituisce indagine di fatto riservata all’apprezzamento del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità se immune da vizi logici idi ricorso.

3.2. Non è impeditiva di tale principio la circostanza che, nella specie (stante il tenore delle disposizioni all’epoca vigenti), copia della richiesta dovesse essere consegnata o spedita a cura dello stesso lavoratore all’amministrazione di appartenenza.

Quello che rileva è infatti, la comunicazione della DPL all’ULSS del 19/1/2004 con la quale si rappresentava che il C. aveva interessato, ai fini della procedura stabilita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 65 la Direzione Provinciale del lavoro per il tentativo di conciliazione della controversia con l’ULSS n. (OMISSIS) di Belluno in riferimento alla mancata corresponsione della maggiorazione del trattamento economico ex art. 39, comma 9, del c.c.n.l. area medica, ciò al fine di depositare osservazioni scritte in ordine alla materia del contendere e di nominare il proprio rappresentante in seno all’istituendo Collegio di conciliazione – v. doc. 3 prodotto in uno al ricorso di cassazione e già depositato nel giudizio di primo grado doc. 46 del fascicolo del ricorrente -.

Nella richiesta di attivazione del tentativo di conciliazione inviata dal C. alla DPL in data 18/11/2003 era stato precisato che la rivendicazione economica (negata dall’USLL sulla base di una dedotta mancata predisposizione dell’atto aziendale di riorganizzazione) riguardava il periodo di servizio dal conferimento dell’incarico di Dirigente responsabile del Dipartimento di Salute mentale di cui alla deliberazione n. 1531 del Direttore Generale dell’ULSS n. (OMISSIS) in data 3/11/199 e fino al pensionamento anticipato del 6/3/2001, – doc. 4 prodotto in uno al ricorso di cassazione e già depositato nel giudizio di primo grado doc. 41 del fascicolo del ricorrente -.

3.3. Del resto lo stesso D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 65 nel disciplinare il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche richiamava espressamente l’art. 410 c.p.c. (norma di carattere generale, applicabile in tutti i casi di rapporti di lavoro di cui all’art. 409 c.p.c., tra i quali rientra anche quello pubblico: cfr. detto art. 409 c.p.c., comma 1, n. 5) solo prevedendo, a differenza della disposizione codicistica, che il tentativo si dovesse svolge è – con le procedure previste dai contratti collettivi ovvero davanti al collegio di conciliazione di cui all’art. 66.

3.4. La disciplina del tentativo di conciliazione delle liti di lavoro pubblico come prevista dai citati artt. 65 e 66 c.p.c. non era, dunque, che una variazione specializzata della tipologia generale prevista dal codice di rito.

3.5. Ai sensi, perciò, del comma 2 della norma rinviata, la comunicazione al datore di lavoro della richiesta avanzata alla DPL, resa conoscibile attraverso tale comunicazione, in presenza di tutti gli elementi essenziali (individuazione delle parti e del rapporto controverso, esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a fondamento della pretesa), ha effetti sulla prescrizione.

3.6. Ciò è del tutto ragionevole considerato che il legislatore non può imporre una condizione di procedibilità come il tentativo di conciliazione, e quindi una procedura il cui svolgimento richiede un certo lasso di tempo, e lasciare poi che in tale arco temporale prescrizioni (e decadenze) continuino il loro corso, penalizzando in tal modo le posizioni soggettive delle parti.

3.7. Nel caso di specie, della sufficienza delle indicazioni di cui alla richiesta del C. alla DPL (nei termini sopra riportati) su quale fosse il diritto rivendicato non sembra dubitare la stessa Corte territoriale che però ha valorizzato la circostanza che l’indicata richiesta non fosse stata direttamente comunicata all’USLL (ritenendo irrilevante che a quest’ultima fosse stata inoltrata la successiva comunicazione della DPL del 19/1/2004, considerata ex se inidonea ad interrompere la prescrizione).

3.8. In realtà, come per la procedura ex art. 410 c.p.c., ai fini dell’interruzione della prescrizione, rileva la comunicazione da parte della DPL all’USLL dell’avvenuta richiesta avversaria (nella specie, anche con indicazione sintetica del contenuto della stessa) con il contestuale invito a nominare il proprio rappresentante in seno al costituendo Collegio di conciliazione.

3.9. Sicchè, ai fini degli effetti sostanziali dell’interruzione della prescrizione, occorreva aver riguardo al momento di tale comunicazione dell’istanza di promozione del tentativo di conciliazione da svolgersi innanzi all’apposito Collegio.

3.10. Va, pertanto, affermato il principio di diritto secondo cui anche al lavoro pubblico, con riguardo alla procedura di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 65 e 66 (ratione temporis vigenti), si applica la regola generale (art. 410 c.p.c., comma 2), in base alla quale la comunicazione della richiesta di conciliazione ha effetto interruttivo della prescrizione.

4. Con il ricorso incidentale condizionato l’USLL ripropone tutte le argomentazioni, considerazioni conclusioni di merito svolte in appello ed assorbite dalla decisione sulla prescrizione.

5. Tale ricorso è inammissibile.

Come da questa Corte già da tempo affermato in tema di giudizio di cassazione, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso incidentale condizionato allorchè proponga censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito, ma sono relative a questioni sulle quali il giudice di appello non si è pronunciato, ritenendole assorbite, atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione. Pertanto, esse possono solo essere riproposte nel giudizio di rinvio in caso di accoglimento del ricorso principale (v. Cass. 19 ottobre 2006, n. 22501; Cass. 5 maggio 2009, n. 10285; Cass. 7 luglio 2010, n. 16016).

6. In conclusione, va accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame dell’eccezione di prescrizione attenendosi a quanto precisato ai punti da 3.1. a 3.10. che precedono e provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

7. Sussistono, quanto alla ricorrente incidentale le condizioni di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quello incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

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