Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28741 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 09/11/2018, (ud. 23/10/2018, dep. 09/11/2018), n.28741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9342-2013 proposto da:

B.L.N., elettivamente domiciliato in ROMA VIA

TARVISIO 2, presso lo studio dell’avvocato PAOLO CANONACO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ATTILIO

REGOLO 12-B, presso lo studio dell’avvocato ZOSIMA VECCHIO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI (OMISSIS) in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 15/2012 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 20/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/10/2018 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

p. 1. B.L.N. propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 15/10/2012 del 20 febbraio 2012, con la quale la commissione tributaria regionale Lazio, in riforma della prima decisione, ha ritenuto inammissibile l’impugnativa da lui proposta contro l’atto di intimazione di pagamento (per Irpef 1995 ed altro) notificatogli il 5 dicembre 2007 da Equitalia Gerit spa (poi Equitalia Sud spa).

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: l’agente per la riscossione, contumace in primo grado ma costituitosi in appello, aveva in tal sede fornito la prova della regolare notificazione al B. della cartella di pagamento in questione, a mani di persona qualificatasi quale “addetta alla casa”, il 21 gennaio 2003; – a seguito della mancata tempestiva impugnazione di tale cartella, la pretesa impositiva doveva ritenersi ormai consolidata, con conseguente legittimità dell’intimazione di pagamento successivamente notificatagli ex D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50; – per effetto di tale consolidamento, quest’ultimo atto poteva essere impugnato esclusivamente per vizi suoi propri e non, come accaduto nella specie, per questioni concernenti il fondamento del credito.

Equitalia Sud spa ha depositato controricorso, mentre l’agenzia delle entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine dell’eventuale discussione.

Il contribuente ha depositato memoria.

p. 2.1 In data 8 ottobre 2018 si è costituita in giudizio “Agenzia delle Entrate – Riscossione” in veste di ente pubblico economico successore universale di Equitalia, ex D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 3, conv. in L. n. 225 del 2016.

La costituzione è avvenuta – in base all’allegata procura alle liti, autenticata il 19.12.14 e rilasciata dall’allora direttore generale di Equitalia Sud spa – con nomina di nuovo difensore in persona dell’avv. Zosima Vecchio del foro di Roma, a seguito del decesso, in data 29.12.13, del precedente (unico) difensore di Equitalia Sud, l’avv. Riccardo Zacchia di Roma.

p. 2.2 Si ravvisa preliminarmente l’invalidità dell’atto di costtuzione così depositato, di cui non potrà pertanto tenersi conto nè ai fini delle istanze e deduzioni in esso contenute (peraltro di mero richiamo alle già svolte difese), nè ai fini della liquidazione delle spese di lite ad esso partitamente riferibili.

Com’è noto, il citato D.L. n. 193 del 2016, conv. in L. n. 225 del 2016, ha disposto (art. 1, comma 1) la soppressione di Equitalia a far data dal 1^ luglio 2017, mediante cancellazione d’ufficio dal registro delle imprese ed estinzione ope legis delle società del relativo gruppo svolgenti attività di riscossione nazionale. Funzione, quest’ultima, che è stata contestualmente assegnata (2° comma) all’agenzia delle entrate, la quale la esercita tramite la neo-costituita “Agenzia delle entrate-Riscossione”; ente pubblico economico di natura strumentale, e sottoposto al costante monitoraggio dell’agenzia delle entrate nonché all’indirizzo ed alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze (comma 3).

Al fine di garantire la continuità e la funzionalità delle attività di riscossione, viene espressamente previsto (comma 3) che “l’ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia di cui al comma 1”.

Quanto alla difesa in giudizio, è previsto (comma 8) che: “L’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi del art. 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale”.

Viene altresì stabilito che il nuovo ente possa anche avvalersi di avvocati del libero foro, “sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo”, e secondo i parametri selettivi di affidamento di cui al D.Lgs. n. 50 del 2016 (“Codice dei contratti pubblici”).

Si prevede inoltre che: – l’ente possa “avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente”; – “ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici”, l’Avvocatura dello Stato, sentito l’ente, possa in ogni caso “assumere direttamente la trattazione della causa”; – continui ad applicarsi, quanto a capacità processuale, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, comma 2, concernente la costituzione in giudizio “diretta” avanti alle commissioni tributarie.

L’indicazione legislativa di fondo è dunque nel segno della continuità sostanziale e processuale dei rapporti già facenti capo alle società di riscossione estinte; continuità garantita mediante la previsione della successione a titolo universale del nuovo ente in tutte le posizioni attive e passive del gruppo Equitalia.

Per quanto concerne, in particolare, i rapporti processuali, la nuova disciplina è già stata vagliata da questa corte di legittimità, la quale ha escluso che, per effetto della soppressione di Equitalia, si determini l’interruzione dei giudizi pendenti; giudizi che, al contrario, proseguono senza soluzione di continuità nei confronti dell’ente successore.

Ha osservato Cass. ord. 15869/18 che: “in tema di riscossione dei tributi, per effetto della cancellazione d’ufficio delle società del gruppo Equitalia dal registro delle imprese, a decorrere dalla data del 1 luglio 2017, in virtù del D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 1, conv. nella L. n. 225 del 2016, la successione a titolo universale, prevista dal comma 3 di tale disposizione, in favore dell’Agenzia delle Entrate-riscossione, non costituisce successione nel processo ai sensi dell’art. 110 c.p.c., bensì successione nei rapporti giuridici controversi ex art. 111 c.p.c., poiché, in ragione del “venir meno” della parte, è stato individuato sul piano normativo il soggetto giuridico destinatario del trasferimento delle funzioni precedentemente attribuite alla stessa, sicché i giudizi pendenti proseguono, con il subentro del successore, senza necessità di interruzione”.

Soluzione, questa, che – come anche evidenziato nella decisione in esame – non è nuova all’ordinamento, trovando diretti ed analoghi precedenti nel trapasso di funzioni sia dal ministero delle finanze alle agenzie fiscali ex D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 57 (Cass.  SS.UU. 3116/06, sul fatto che la successione operi tanto sulla legittimazione “ad causam” quanto su quella “ad processum”; Cass. 1925/08), sia dalle preesistenti concessionarie per la riscossione alla stessa Equitalia spa ex D.L. n. 203 del 2005, art. 3 conv. in L. n. 248 del 2005 (Cass. 7318/14, la quale ha anch’essa ricondotto il fenomeno successorio, sul piano processuale, all’art. 111, e non all’art. 110 c.p.c.).

Se specificamente riferita alla pendenza del giudizio di cassazione, poi, la soluzione in chiave di continuità del processo trova ulteriore conferma, oltre che sotto il già evidenziato profilo della successione nel rapporto sostanziale controverso ex art. 111 c.p.c., anche nella stessa struttura ufficiosa del processo di legittimità e nella correlata inapplicabilità ad esso dell’istituto dell’interruzione ex art. 299 c.p.c. segg. (Cass.nn. 7477/17; 19864/17; 1757/16; 24635/15 ed innumerevoli altre).

Orbene, l’affermata continuità del rapporto processuale esplica effetto – nei limiti che si diranno – anche in ordine al mandato difensivo.

Appurato che il giudizio pendente alla data di estinzione della “parte processuale” Equitalia può ciò nondimeno proseguire – senza interruzione e senza necessità di costituzione del nuovo ente – fino all’emanazione di una sentenza destinata a produrre effetti diretti nei confronti di quest’ultimo, è da ritenere che anche il mandato difensivo originariamente attribuito da Equitalia si mantenga parimenti valido ed efficace anche nei confronti dell’ente subentrato ex lege nel giudizio pendente; ma ciò, ben inteso, solo nell’ipotesi in cui quest’ultimo non intenda – per valutazione discrezionale od a seguito, come nella specie, di un particolare evento del processo costituirsi in giudizio per l’espletamento di ulteriore attività difensiva con ministero di avvocato.

Nel caso di mancata costituzione in giudizio del nuovo ente, infatti, la non estensione (anche) al mandato difensivo della regola di successione universale nei rapporti giuridici pregressi già instaurati da Equitalia risulterebbe, in definitiva, contraria alla stessa ratio legislativa volta ad assicurare, nell’interesse pubblico sotteso alla materia, la ordinaria stabilità dei rapporti processuali in funzione della massima fluidità dell’azione di riscossione (intendimento di cui è espressione anche la regola del trasferimento automatico al nuovo ente del personale dipendente dell’ente disciolto: cit. art. 1, comma 9).

p. 2.3 Aspetti di cesura si riscontrano invece nelle diverse fattispecie di diretta instaurazione del giudizio, o di un grado di esso, da o nei confronti del nuovo ente; ed anche, come anticipato, di nuova costituzione di quest’ultimo in giudizi già pendenti al momento della soppressione di Equitalia.

Si tratta di situazioni nelle quali non possono non rilevare, a contemperamento della regola di continuità, le nuove prescrizioni di legge (applicabili con il canone del tempus regit actum) secondo cui Agenzia delle entrate Riscossione – qualora non ritenga, nei gradi e nelle sedi processuali in cui ciò è consentito, di costituirsi “in proprio” con dipendenti delegati può avvalersi dell’assistenza dell’avvocatura dello Stato, ed anche, ma soltanto in presenza di determinate condizioni, di “avvocati del libero foro”.

La diretta derivazione statuale dell’attività di riscossione, la dichiarata posizione di strumentalità nella quale il nuovo ente pubblico, dismessa la veste di spa, si colloca rispetto all’agenzia delle entrate (della cui natura giuridica, pur in assenza di rapporto organico, partecipa), il generalizzato recepimento del R.D. n. 1611 del 1933 sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’avvocatura dello Stato costituiscono tutti – fattori denotanti la volontà legislativa di instaurare, nell’alternativa tra difesa tramite avvocatura dello Stato e difesa tramite avvocati del libero foro, una relazione che non è di indifferenza, ma di regola-eccezione.

Un primo elemento in questa direzione può trarsi dal fatto che, come detto, l’affidamento dell’incarico difensivo ad avvocati del libero foro non è puramente discrezionale, ma sottoposto ad una serie di condizioni riconducibili, da un lato, ai criteri di selezione di cui al “codice dei contratti pubblici” e soprattutto, dall’altro, agli “specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo” (D.L. n. 193 del 2016, art. 1, comma 8, in esame); vale a dire, nello statuto ed in quegli atti appunto di carattere generale, di competenza del comitato di gestione, “che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento dell’ente”. Va sottolineato, da un lato, come il carattere “generale” dell’atto non confligga con la natura “specifica” che debbono invece rivestire i criteri legittimanti il ricorso ad avvocati del libero foro; e, dall’altro, come prima dei criteri di selezione dell’avvocato (intendendosi per tali quelli concernenti il profilo strettamente personale e professionale di questi), venga in considerazione proprio la preventiva puntuale descrizione dei casi di accesso al patrocinio del libero foro in alternativa a quello dell’avvocatura dello Stato.

Un secondo elemento interpretativo, nel senso indicato, si evince proprio da uno di questi atti generali; segnatamente il “Regolamento di amministrazione” di Agenzia delle entrate – Riscossione deliberato dal Comitato di Gestione il 26 marzo 2018, ed approvato dal Ministero dell’economia e delle finanze il 19 maggio 2018. Nel disciplinare l’aspetto del controllo e patrocinio legale, il regolamento (art. 4) rimarca la sottoposizione dell’ente al controllo della corte dei conti e, dopo aver ribadito che esso “si avvale” (regola) del patrocinio dell’avvocatura dello Stato ex R.D. n. 1611 del 1933, art. 43,stabilisce che l’ente stesso possa “continuare ad avvalersi di avvocati del libero foro”, ma soltanto “in via residuale” e “nei casi in cui l’avvocatura di Stato non ne assuma il patrocinio” (eccezione), secondo le modalità operative concordate con apposita convenzione.

Un terzo elemento è poi rinvenibile nel raccordo stesso con il richiamato R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, ed in quanto su di esso osservato – in fattispecie di mandato difensivo rilasciato da Università statale, ma con considerazioni ricostruttive di più ampia portata – da SSUU 24876/17; secondo cui, ai sensi di questa disposizione (come modificata dalla L. n. 103 del 1979, art. 11), la facoltà di derogare, “in casi speciali” al “patrocinio autorizzato” spettante per legge, “in via organica ed esclusiva”, all’avvocatura dello Stato (il cui ambito di intervento è andato, nel tempo, ampliandosi, “sia per i rilevanti vantaggi sul piano economico che conseguono all’affidamento del patrocinio all’Avvocatura dello Stato sia per l’omogeneità e l’uniformità degli indirizzi defensionali che l’avvocatura dello Stato è in grado di assicurare”) ha appunto carattere eccezionale, ed è subordinata, pena la nullità del mandato difensivo, all’adozione di una specifica e motivata deliberazione dell’organo amministrativo dell’ente da sottoporre agli organi di vigilanza per il controllo di legittimità.

p. 2.4 Nulla di tutto questo è dato qui riscontrare.

Agenzia delle entrate-Riscossione si è infatti oggi costituita in giudizio con nuovo difensore, facendo valere una procura alle liti rilasciata da Equitalia Sud, secondo la normativa allora vigente, ad avvocato del libero foro.

Dall’atto di costituzione in giudizio del nuovo difensore non si desume elemento alcuno sul fondamento – a fronte del radicalmente mutato contesto normativo – di quest’ultima investitura; la quale, per inciso, parrebbe preclusa, per il giudizio di cassazione, anche dal regime convenzionale richiamato dalla legge e dal citato Regolamento di Amministrazione (v. p. 3.4.1 del Protocollo d’Intesa 22 giugno 2017, intercorso tra l’avvocatura dello Stato ed il commissario straordinario per l’istituzione di Agenzia delle entrate – Riscossione).

Segnatamente, non vengono indicati nè l’atto organizzativo generale del nuovo ente contenente gli specifici criteri legittimanti il ricorso ad avvocati del libero foro, nè la specifica e motivata deliberazione del nuovo ente che indichi (così da renderle controllabili da parte degli organi di vigilanza) le ragioni che, nella concretezza del caso, giustificherebbero tale ricorso in alternativa alla regola generale dell’assistenza da parte dell’avvocatura dello Stato.

Queste mancanze, come anticipato, non possono che comportare la nullità del mandato difensivo, e della relativa costituzione in giudizio del nuovo difensore, per contrarietà a disciplina imperativa.

Ciò sulla base, ricapitolando, dei seguenti principi di diritto:

“- l’estinzione ope legis delle società del gruppo Equitalia ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 1, conv. in L. n. 225 del 2016 non determina interruzione dei processi pendenti nè necessità di costituzione in giudizio del nuovo ente Agenzia delle Entrate Riscossione;

– qualora il nuovo ente Agenzia delle entrate Riscossione si limiti a subentrare ex lege negli effetti del rapporto processuale pendente al momento della sua istituzione, senza formale costituzione in giudizio, esso può validamente avvalersi dell’attività difensiva espletata da avvocato del libero foro già designato da Equitalia secondo la disciplina previgente;

– qualora invece il nuovo ente Agenzia delle entrate-Riscossione si costituisca, in nuovo giudizio ovvero anche in giudizio pendente, con il patrocinio di avvocato del libero foro, sussiste per esso l’onere, pena la nullità del mandato difensivo e dell’atto di costituzione su di esso basato, di indicare ed allegare le fonti del potere di rappresentanza ed assistenza di quest’ultimo in alternativa al patrocinio per regola generale esercitato, salvo conflitto di interessi, dall’avvocatura dello Stato;

– tali fonti vanno congiuntamente individuate sia in atto organizzativo generale contenente gli specifici criteri legittimanti il ricorso ad avvocati del libero foro (D.L. n. 193 del 2016, art. 1, commi 5 ed 8, conv. in L. n. 225 del 2016), sia in apposita motivata deliberazione, da sottoporre agli organi di vigilanza, che indichi le ragioni che, nella concretezza del caso, giustificano tale ricorso alternativo (R.D. n. 1611 del 1933, art. 43, come modificato dalla L. n. 103 del 1979, art. 11)”.

Vale ancora osservare, da ultimo, come la conclusione della invalidità della costituzione in giudizio così operata, nel presente processo, da Agenzia delle entrate-Riscossione non potrebbe essere evitata con l’assegnazione di un termine di regolarizzazione ex art. 182 c.p.c., dal momento che quest’ultima disposizione opera esclusivamente nell’ambito della fase istruttoria dei gradi di merito, non anche nel giudizio di cassazione. Il che è stato di recente riaffermato (anche con riguardo alle implicazioni CEDU del problema) dalle SS.UU. con sentenza n. 10266/18, secondo cui: “va esclusa l’operatività, nel giudizio di legittimità, del rimedio della sanatoria postuma del difetto di procura, introdotta con la novella del 2009 dell’art. 182 c.p.c.. La disposizione trova applicazione circoscritta al giudizio di merito, in difetto nel giudizio di legittimità di previsione analoga all’art. 359 c.p.c. per il giudizio di appello e in presenza, invece, di una disciplina peculiare che presidia in modo esaustivo e rigoroso (art. 365 c.p.c., art. 366 c.p.c., n. 5 e art. 369 c.p.c., n. 3) l’attribuzione e l’anteriorità del potere di rappresentanza processuale davanti alla Corte di cassazione. Il che è coerente coi fondamentali principi di officiosità, celerità e massima concentrazione del giudizio di ultima istanza (Cass., 28/11/2017, n. 28449; 26/06/2017, n. 15895; 06/10/2016, n. 20016; 26/11/2017, n. 27519).”

p. 3.1 Con il primo motivo di ricorso il B. lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23,54 e 57. Per avere la commissione tributaria regionale accolto l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo, nonostante che quest’ultima fosse stata proposta da Equitalia per la prima volta in appello, e senza la formulazione di appello incidentale avverso la decisione con la quale il primo giudice aveva invece ritenuto ammissibile il ricorso per difetto di prova della regolare notificazione della cartella.

p. 3.2 Il motivo è infondato.

In base al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, nel giudizio di appello non possono proporsi domande nuove, nè nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio.

Nel caso di specie non si riscontrano i presupposti di operatività di tali limitazioni.

Va infatti considerato che l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del contribuente avverso l’atto di intimazione (per mancata pregressa impugnazione della cartella) non era affatto stata opposta per la prima volta in appello. Al contrario, essa aveva costituito oggetto già del contraddittorio di primo grado, all’esito del quale la commissione tributaria provinciale ne aveva infatti affermato l’infondatezza sotto il profilo della mancata prova della regolare notificazione dell’atto prodromico (cartella) non impugnato, con consequenziale ammissibilità dell’impugnazione dell’atto di intimazione, assunto quale primo atto di conoscenza della pretesa impositiva.

La decisione così resa dal primo giudice, lungi dall’essere passata in giudicato, era stata impugnata con atto di appello dell’agenzia delle entrate la quale aveva, tra il resto, censurato la prima decisione deducendo la regolarità della procedura seguita. A riscontro di tale posizione, intervenne quindi la costituzione in appello dell’agente per la riscossione (rimasto contumace in primo grado), il quale produsse in giudizio (come consentitogli dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2) la prova documentale dell’avvenuta regolare notificazione al B. della cartella di pagamento (quella stessa di cui il primo giudice aveva rilevato la mancanza).

Non può dunque dirsi che il giudice di appello, ritualmente investito del gravame sul punto, si sia pronunciato – nel ritenere inammissibile il ricorso introduttivo del contribuente – su domanda, ovvero eccezione, nuova; e nemmeno che egli abbia deciso sulla base di prove inammissibilmente dedotte, e volte ad introdurre in giudizio fatti costitutivi nuovi.

Va d’altra parte considerato che la deduzione in oggetto, concernente la sussistenza di una condizione di ammissibilità della domanda ex D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, riproponeva avanti al giudice del gravame non già una eccezione in senso stretto, bensì una questione suscettibile di essere rilevata anche d’ufficio; e ciò indipendentemente dalla formulazione di appello principale ovvero incidentale (in quanto successivo) da parte dell’esattore.

p. 4.1 Con il secondo motivo di ricorso il B. deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto inammissibile l’impugnazione contro l’atto di intimazione di pagamento ex art. 50 cit. in quanto non rientrante tra gli atti previsti dall’art. 19 cit., nonostante che quest’ultima disposizione dovesse essere interpretata estensivamente, e che l’atto in esame avesse natura sostanzialmente impositiva.

p. 4.2 Il motivo è infondato.

Ferma restando, in linea di principio, l’ammissibilità di una lettura estensiva e non tassativa del novero degli atti impugnabili ex art. 19 cit. (v. Cass. 14675/16, 26129/17 ed innumerevoli altre, sulla facoltà di impugnazione anche di atti impositivi atipici, perché non espressamente indicati nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19) nel caso concreto va fatta applicazione di quanto stabilito dal terzo comma di questa disposizione; secondo cui è consentita l’impugnazione unitaria di atti autonomamente impugnabili adottati prima dell’atto notificato, ma solo se tali atti (c.d. prodromici) non siano stati precedentemente notificati.

Quest’ultima regola è stata ritenuta applicabile anche con riguardo alla sequenza notificatoria cartella/avviso di mora (SS.UU. 16412/07), ma pur sempre in una fattispecie nella quale la cartella non era stata previamente notificata.

Sennonché, nel caso qui in esame il giudice di appello – all’opposto – ha ritenuto dimostrata la regolare notificazione al B. della prodromica cartella di pagamento, con la sua conseguente definitività in quanto non impugnata autonomamente, nè impugnabile in una con l’intimazione.

Da ciò il giudice di appello ha dunque tratto corretto convincimento del fatto che, nella presente sede processuale, il B. potesse legittimamente dedurre soltanto vizi propri dell’atto di intimazione ex D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50 (circostanza non verificatasi), non anche profili di merito di asserita infondatezza di una pretesa impositiva ormai intangibile.

Il ricorso va dunque rigettato.

Il ricorrente dovrà rifondere le spese di lite a favore di Equitalia (limitatamente al controricorso), non anche di agenzia delle entrate, non avendo quest’ultima svolto attività processuale alcuna.

P.Q.M.

La Corte

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione a favore di Equitalia, che liquida in Euro 5.600,00, oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018.

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