Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28739 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2020, (ud. 10/07/2020, dep. 16/12/2020), n.28739

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21174/2014 R.G. proposto da:

B.N., nato a (OMISSIS) il (OMISSIS), rappresentato e

difeso dall’Avv. Nicola Pastore Carbone, elettivamente domiciliato

in Roma, via Sallustio Bandini, n. 7, presso lo studio deil’Avv.

Maria Gloria Di Loreto;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, in persona del Direttore p.t., con domicilio

eletto presso gli uffici della predetta Avvocatura, in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 568/18/14, depositata il 22 gennaio 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 luglio

2020 dal Cons. Salvatore Leuzzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

B.N., titolare di un laboratorio di parrucchiere, ricorreva avverso l’avviso di accertamento mediante il quale, con riferimento all’anno di imposta 2005, l’erario recuperava a tassazione IVA, Irpef, Irap e contributi previdenziali sul presupposto di maggiori ricavi non dichiarati dal contribuente nell’esercizio della propria attività d’impresa. Alla base dell’accertamento analitico-induttivo vi erano le dichiarazioni rese dal contribuente ai fini fiscali, le cui risultanze si ponevano in contrasto con i criteri di economicità e le finalità lucrative che contrassegnano l’attività d’impresa; in particolare l’unico dipendente in carico al B. risultava titolare di un reddito da lavoro addirittura superiore a quello di impresa.

– La CTP accoglieva il ricorso del contribuente che contestava l’illegittimità dell’atto impositivo in quanto suppostato da dati meramente ipotetici e carente di motivazione in difetto di riscontri oggettivi.

La CTR accoglieva l’appello agenziale.

La parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione incentrato su quattro motivi, cui l’Agenzia ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso, la parte contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., per avere la CTR fatto malgoverno delle presunzioni poste alla base del proprio ragionamento.

– Con il secondo motivo di ricorso, la parte contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2082, per avere la CTR fornito una definizione della figura di imprenditore in contrasto con quella data dalla norma testè richiamata.

– Con il terzo motivo di ricorso, la contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 342 c.p.c., per avere la CTR omesso di dichiarare l’inammissibilità dell’appello.

– Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la CTR posto a fondamento della ritenuta legittimità dell’accertamento fiscale una circostanza che non ne costituiva a monte il presupposto e che non era stata precedentemente dedotta in giudizio.

– Con memoria depositata l’11 febbraio 2020, il legale di B.N. ha dichiarato di rinunciare al ricorso, in virtù dell’avvenuta adesione del contribuente assistito alla definizione agevolata disposta con D.L. n. 193 del 2016, art. 6, conv. con modif. in L. n. 225 del 2016, insistendo per l’estinzione del giudizio per sopravvenuta cessazione della materia del contendere.

– Come chiarito da questa Corte, con avviso cui va data continuità, “La dichiarazione di rinuncia al ricorso per cassazione, non sottoscritta dalla parte di persona ma dal solo difensore, senza tuttavia che questi risulti munito di mandato speciale a rinunziare, mancando dei requisiti previsti dall’art. 390 c.p.c., comma 2, non produce l’effetto dell’estinzione del processo, ma, rivelando il sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente a proseguire il giudizio, in specie quando la controparte non si sia neppure costituita, è idonea a determinare la declaratoria di cessazione della materia del contendere” (Cass. n. 19907 del 2018; Cass. n. 23161 del 2013).

– Le spese sostenute dal ricorrente sono irripetibili, essendo l’Agenzia rimasta intimata.

– Non sussistono i presupposti per l’applicazione del cd. “doppio contributo unificato”, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, derivando la declaratoria da sopravvenuta carenza d’interesse e conseguente cessazione della materia del contendere (v. anche Cass. n. 31732 del 2018; Cass. n. 14782 del 2018).

P.Q.M.

La Corte dichiara cessata la materia del contendere. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 10 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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