Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28737 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2020, (ud. 23/06/2020, dep. 16/12/2020), n.28737

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27419-2014 proposto da:

VALENTINOS & C SAS, elettivamente domiciliato in MOLFETTA VIA SAN

G. MOSCATI 100, presso lo studio dell’avvocato ANDREA GIUSEPPE

CALO’, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE BAT;

– intimata –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 675/2014 della COMM. TRIB. REG. della Puglia,

depositata il 24/03/2014;

udita la relazionè della causa Svolta nella camera di consiglio del

23/06/2020 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MARIA ARMONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. la Valentinos di S.G. & C. s.a.s. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia n. 675/13/14, depositata il 24 marzo 2014, che ha confermato la sentenza di primo grado, con cui era stato rigettato l’originario ricorso della contribuente avverso un avviso di accertamento IVA relativo all’anno 2005;

2. il ricorso è affidato a due motivi;

3. l’Agenzia delle entrate si è costituita senza depositare controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 4 (recte, comma 2), del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441, art. 2;

2. con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, artt. 42,54,55,56;

3. i due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati;

4. la CTR ha confermato la legittimità dell’accertamento con cui l’Amministrazione ha disconosciuto la richiesta di esenzione dall’imposta in relazione alla cessione a titolo gratuito di merce a scopo benefico, operata dalla società ricorrente, procedendo conseguentemente alla ripresa a tassazione dell’imposta non assolta;

5. la CTR ha in particolare ritenuto che le cessioni gratuite fossero in realtà fittizie e celassero il tentativo di ridurre le rimanenze di magazzino della società;

6. tale conclusione è stata raggiunta sulla base di due elementi: a) la mancata produzione di tutti i documenti previsti per questo tipo di cessioni D.P.R. n. 441 del 1997, ex art. 2; b) il fatto che la società avesse avuto un risultato negativo di gestione e, ciò nonostante, avesse registrato un aumento delle rimanenze finali di magazzino;

7. alla luce di quanto appena esposto, il Collegio ritiene che in tal modo la CTR non abbia violato alcuna disposizione di legge, ma abbia compiuto un accertamento di merito, come tale incensurabile in sede di legittimità;

8. in particolare, non vi è stata violazione del D.P.R. n. 441 del 1997, art. 2, poichè la sentenza non ha tratto la convinzione che le operazioni non fossero state in realtà eseguite in regime di esenzione d’imposta semplicemente sulla base delle violazioni formali delle prescrizioni della norma (mancata produzione di tutti i documenti prescritti), ma mettendo in risonanza tale dato, in sè comunque significativo, con la antieconomicità complessiva dell’attività aziendale, a sua volta desunta da altri elementi sostanziali;

9. quanto al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2 (così dovendosi intendere il richiamo operato in ricorso al comma 4, atteso che quest’ultimo è stato abrogato dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 2, comma 12, conv. in L. 2 dicembre 2005, n. 248, e comunque non concerneva il tema delle presunzioni), si tratta di norma che esplicitamente consente all’Amministrazione di far ricorso a presunzioni semplici per desumere indirettamente la infedeltà delle dichiarazioni;

10. dietro la censura per violazione di legge, si cela dunque il tentativo di sollecitare il giudice di legittimità a un sindacato del giudizio di merito espresso dalla CTR, sindacato inammissibile fuori dagli eventuali vizi di motivazione, nella specie non fatti valere;

11. analoghe considerazioni valgono per le violazioni di legge denunciate con il secondo motivo di ricorso, per le quali va anzitutto osservato che alcuni di tali richiami sono fatti al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 54,55,56, quando invece, dal tenore del ricorso, essi sono verosimilmente da riferire al D.P.R. n. 633 del 1972, corrispondenti articoli;

12. in ogni caso, tutte tali disposizioni legittimano l’Amministrazione a compiere accertamenti su base presuntiva, con la conseguenza che, per aversi una loro violazione, sarebbe stato necessario che il ricorrente avesse affermato che il giudice di merito aveva utilizzato come indizi elementi assolutamente privi di idoneità probatoria, sia pure presuntiva e/o che aveva omesso di compiere, anche implicitamente, la valutazione sulla concordanza di tali indizi;

13. anche per il secondo motivo, pur rubricata come violazione di legge, la censura si dirige contro il procedimento logico che ha condotto il giudice d’appello a ritenere attendibile l’accertamento compiuto dall’Amministrazione, finisce cioè con il sollecitare la Corte di cassazione a una inammissibile rivisitazione del giudizio di merito espresso con la sentenza impugnata;

14. ne consegue il rigetto del ricorso;

15. nulla va disposto sulle spese, non essendosi l’Amministrazione costituita nel presente giudizio di cassazione;

16. sussistono invece, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA