Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28736 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 09/11/2018, (ud. 26/09/2018, dep. 09/11/2018), n.28736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. ACETO Aldo – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1651/2012 R.G. proposto da:

Ceramica Saba s.p.a., in concordato preventivo, in persona dei

liquidatori B.E. e P.R., rappresentata e difesa

dall’Avv. Giuseppe Falcone, come da procura per Notaio

Z.L. del (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. Antonio Iorio, in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n.

287;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, n. 75/1/2011, depositata il 23 giugno 2011;

e sul iscritto al n. 7657/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Ceramica Saba s.p.a., in concordato preventivo, in persona dei

liquidatori B.E. e R.P., rappresentata e difesa

dall’Avv. Giuseppe Falcone, come da procura per Notaio

B.G.G. del (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. Antonio Iorio, in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n.

287;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, n. 70/4/2013, depositata il 16 settembre 2013.

e sul ricorso iscritto al n. 19548/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Ceramica Saba s.p.a., in concordato preventivo, in persona dei

liquidatori B.E. e R.P., rappresentata e difesa

dall’Avv. Giuseppe Falcone, come da procura per Notaio

Z.L. del (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. Antonio Iorio, in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n.

287;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna, n. 52/10/2014, depositata il 15 gennaio 2014.

e sul ricorso iscritto al n. 13792/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Ceramica Saba s.p.a., in concordato preventivo, in persona dei

liquidatori B.E. e R.P., rappresentata e difesa

dall’Avv. Giuseppe Falcone, come da procura per Notaio

Z.L. del (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. Antonio Iorio, in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n.

287;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna, n. 2448/1/2015, depositata il 25 novembre 2015;

e sul ricorso iscritto al n. 7660/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Ceramica Saba s.p.a., in concordato preventivo, in persona dei

liquidatori B.E. e R.P., rappresentata e difesa

dall’Avv. Giuseppe Falcone, come da procura per Notaio

B.G.G. del (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. Antonio Iorio, in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n.

287;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, n. 71/4/2013, depositata il 16 settembre 2013;

e sul ricorso iscritto al n. 25176/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Gruppo Ceramiche Gresmalt s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.

Giuseppe Falcone, come da procura a margine del ricorso,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Antonio Iorio,

in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 287;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna, n. 425/10/2014, depositata il 3 marzo 2014;

e sul ricorso iscritto al n. 25185/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Gruppo Ceramiche Gresmalt s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.

Giuseppe Falcone, come da procura a margine del ricorso,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Antonio Iorio,

in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 287;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna, n. 428/10/2014, depositata il 3 marzo 2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 settembre

2018 dal Consigliere Dott. Luigi D’Orazio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate emetteva l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) nei confronti della Ceramica Saba s.r.l (proc. 1651/2012), con riferimento all’anno 2004, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, con richiesta di maggiore Irap per Euro 24.317,00, di maggiore Iva per Euro 14.998,00 e sanzioni per Euro 36.475,50. L’Agenzia muoveva tre rilievi alla contribuente: 1) l’argilla, quale materia prima utilizzata dalla società per la produzione di mattonelle, veniva utilizzata due volte, la prima volta per le piastrelle, la seconda volta, dopo che l’argilla, a seguito della lavorazione, era divenuta “scarto di argilla”, per la realizzazione di prodotti finiti il cui impasto era di colore scuro, sicchè i maggiori ricavi erano di Euro 572.625,00; 2) Si era proceduto al recupero a tassazione della somma di Euro 30.784,8, in quanto non era deducibile il costo sostenuto per la dipendente C.C., addetta alla vendita dei prodotti di proprietà della partecipante Gresmalt s.p.a., sicchè tale costo doveva invece ricadere su tale ultima società; 3) recupero a tassazione della somma di Euro 12.000,00, in quanto non era stato dichiarato l’affitto dello spazio commerciale dalla Ceramica Saba alla controllante Gresmalt, dedicato alla vendita delle piastrelle di proprietà della Gresmalt.

2. La Ceramica Saba s.r.l. impugnava l’avviso di accertamento evidenziando che la metodologia seguita dall’Agenzia era errata, che, infatti, in tal modo la stessa quantità di materia prima (argilla) veniva conteggiata due volte per la determinazione delle piastrelle, sia quale originaria argilla, sia, dopo la prima lavorazione, come scarto di argilla, che la dipendente C. aveva dedicato alla vendita delle mattonelle solo una “minima parte” della sua attività, mentre la maggior parte del tempo era dedicata alla spedizione ed al servizio di segreteria, che la Ceramica Saba aveva concesso solo in comodato alla controllante un modesto spazio per la vendita delle piastrelle, sichè non vi era alcun contratto di affitto ed al conseguente ricavo omesso.

3. La Commissione tributaria provinciale di L’Aquila (31/4/2009) accoglieva la censura della contribuente in ordine ai maggiori ricavi ed alla insussistenza del contratto di affitto di azienda, mentre rigettava la doglianza in ordine alla deducibilità dei costi della dipendente.

4. Proponeva appello principale l’Agenzia delle entrate, rilevando che “…lo scarto di argilla non può essere considerato duplicato di materia prima per la semplice considerazione che nasce sì come scarto di argilla vergine, ma diventa materia prima per quei prodotti finiti il cui impasto è di colore scuro, dato il colore scuro dello stesso”. Inoltre, il contratto di comodato, invocato dalla società, doveva essere dimostrato per iscritto.

5. La società proponeva appello incidentale in ordine alla deducibilità delle spese della dipendente C..

6. La Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo (75/1/11 depositata il 23-6-2011) accoglieva l’appello principale della Agenzia delle entrate, ritenendo che correttamente l’Agenzia aveva calcolato la produzione di ceramiche tenendo conto non solo dell’argilla “vergine”, ma anche dello scarto di argilla, in quanto quest’ultima costituiva comunque materia prima recuperata nel processo produttivo, durante le fasi di lavorazione, quindi come “una materia prima diversa e di minor pregio rispetto a quella proveniente dalle cave”. La Commissione dichiarava la legittimità della rettifica “del maggior reddito di impresa effettuata dall’Ufficio finanziario”. Aggiungeva la Commissione regionale che “tutte le ulteriori questioni possono ritenersi assorbite”, con “conseguente riforma della sentenza di primo grado”. La Commissione, nel dispositivo, “accoglieva l’appello della Agenzia delle entrate”.

7. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la contribuente (proc. n. 1651/2012).

8. Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.

9. L’Agenzia emetteva altro avviso di accertamento nei confronti della Ceramica Saba s.r.l. n. (OMISSIS) (proc. 7657/2014), in relazione all’anno 2004. In particolare, si evidenziava che la Ceramica Saba s.r.l. era consolidata del gruppo Ceramiche Gresmlat s.p.a., che quest’ultima, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 127 era destinataria della rettifica del reddito effettuata nei confronti della consolidata, che, quindi, a seguito del processo verbale di constatazione, erano stati emessi due avvisi di accertamento per l’anno 2004, che il primo ((OMISSIS)) era relativo all’irap, che il secondo ((OMISSIS)) atteneva alla rettifica della dichiarazione annuale ires, con una perdita di esercizio pari ad 364.463,00 in luogo di quella dichiarata pari ad Euro 979.872,00, senza procedere alla liquidazione delle imposte, in quanto dovute dalla società consolidante.

10.La Commissione tributaria provinciale dell’Aquila (16/2/2011) accoglieva in parte il ricorso annullando i rilievi relativi all’accertamento della maggiore produzione ed al recupero dei maggiori ricavi per affitto dei locali, confermando il recupero del costo relativo alla dipendente addetta alla vendita dei prodotti della controllante.

11.La Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo (70/4/2013) rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate ed accoglieva l’appello incidentale proposto dalla società. In particolare, per la Commissione al materiale acquistato non poteva essere aggiunto il materiale di scarto ricaricato a magazzino, e ciò trovava conforto in una relazione giurata di consulenza tecnica di parte. Inoltre, il contratto di comodato non doveva essere redatto per iscritto e si giustificava con l’appartenenza delle due società al medesimo gruppo. La dipendente C. svolgeva le sue mansioni principali con la Ceramica Saba quale ausilio ai servizi di segreteria e spedizione.

12.Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate (proc. 7657/2014).

13.Resisteva con controricorso la società.

13.1.L’avviso di accertamento n. (OMISSIS) (proc. 7660/2014) veniva notificato, oltre che alla Ceramica Saba, anche a Salvarani Filippo, quale legale rappresentante della Ceramica Saba. Il Salvarani impugnava tale avviso, nonostante fosse stato già impugnato dalla società.

13.1.La Commissione tributaria provinciale di L’Aquila con sentenza 15-1-2011 riteneva privo di effetti l’avviso, in quanto lo stesso era stato già impugnato dalla Ceramica Saba dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, che con sentenza 127/03/10 aveva accolto il ricorso della società.

13.2.L’Agenzia delle entrate proponeva impugnazione principale, in quanto in motivazione la Commissione provinciale aveva richiamato la sentenza n. 127/03/10 che non riguardava lo stesso avviso di accertamento, ma quello n. (OMISSIS). Il Salvarani proponeva appello incidentale solo limitatamente alla compensazione delle spese di primo grado.

13.3.La Commissione tributaria regionale (sentenza 71/4/2013) rigettava l’appello principale dell’Agenzia delle entrate, rilevando, tra l’altro, che solo per mero errore materiale era stata indicata in motivazione la sentenza n. 127/03/2010, invece della 126/03/2010.

13.4.Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione (proc. 7660/2014) l’Agenzia delle entrate.

13.5.Resisteva con controricorso il S..

14.L’Agenzia delle entrate, sempre con riferimento all’anno 2004, emetteva avviso di accertamento n. (OMISSIS) nei confronti della Ceramica Saba s.r.l. e della Gresmalt s.p.a., per rettificare la dichiarazione dei redditi consolidati delle due società, azzerando la perdita di esercizio ed accertando il reddito di Euro 553.555, con conseguenti maggiori imposte per Euro 182.673,00 e sanzioni per Euro 183.113,15.

14.La Commissione provinciale di Reggio Emilia accoglieva il ricorso proposto dalla Ceramica Saba, quale consolidata del Gruppo Ceramiche Gresmalt s.p.a.

14.1. La Commissione tributaria provinciale (proc. 25185/2014) accoglieva (sentenza 127/3/2010) il ricorso presentato dalla Gresmalt.

15.La Commissione regionale dell’Emilia Romagna, con sentenza 25/10/2014, rigettava l’appello della Agenzia delle entrate, evidenziando che per determinare la quantità di materie prive effettivamente utilizzate era necessario dedurre gli scarti di argilla pari a 6.278,46 tonnellate, sicchè il reale calcolo delle materie prime utilizzate era di 46.319,53 e non di 52.597,99 come preteso dalla Agenzia delle entrate.

15.1.La Commissione regionale dell’Emilia Romagna, con sentenza 3/3/2014, n.428/10/14) rigettava l’appello della Agenzia delle entrate.

16. Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate avverso entrambe le decisioni (proc. 19548/2014 e proc. 25185/2014).

17.Resisteva con controricorso la società.

17.1.Con avviso di accertamento n. (OMISSIS) si rettificava il reddito della consolidante Gresmalt per l’anno 2005.

17.2.La CTP di Reggio Emilia (n. 128/3/2010) accoglieva il ricorso della Gresmalt.

17.3. La Commissione regionale dell’Emilia Romagna (sentenza 425/10/2014) rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate.

17.4.Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate (proc. n. 25176/2014).

17.5.Resisteva con controricorso la società.

18.L’Agenzia delle entrate notificava atto di contestazione di sanzione alla Ceramica Saba, rilevando che questa faceva parte del gruppo consolidato con la Gresmalt s.p.a., che si era proceduto ad accertare la maggiore Irap ed Iva nei confronti della Ceramica Saba, che la ripresa a tassazione Ires era ascrivibile alla consolidante Gresmalt, che però la relativa sanzione era stata irrogata alla consolidata con l’atto di contestazione.

19.Proponeva ricorso la società evidenziando che la materia prima era stata conteggiata due volte, che la dipendente C., pur addetta alle vendite dei prodotti della Gresmalt, svolgeva le principali mansioni per la Ceramica Saba con compiti di vendita dei prodotti nella sala mostre della Gresmalt, ma le principali mansioni venivano svolte nei locali della Ceramica Saba quale ausilio ai servizi di segreteria e di spedizione, che la sala mostre era stata concessa in comodato gratuito alla Gresmalt, società controllante.

20.La Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia (n. 62/2011) accoglieva il ricorso.

21.La Commissione regionale dell’Emilia Romagna (sentenza 2448/1/2015) rigettava l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate, in quanto si era formato il giudicato sulla sentenza emessa dalla Commissione regionale (52/10/2014), in materia di Ires dell’anno 2004, che aveva respinto l’appello dell’ufficio.

22.Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Anzitutto, deve essere disposta la riunione al procedimento n. 1651/2012 dei procedimenti 7657/2014, 19548/2014, 13792/2016, 7660/2014, 25176/2014 e 25185/2014 in quanto pure se relativi all’impugnazione di avvisi di accertamento diversi e di una contestazione di sanzione, si riferiscono tutti all’anno di imposta 2004 (ed al 2005) ed ai medesimi rilievi della Agenzia delle entrate, relativi alla determinazione delle piastrelle con l’utilizzo della materia prima argilla e scarto di argilla, alla deducibilità delle spese relative alla dipendente C. ed alla esistenza o meno del contratto di comodato per l’utilizzo del locale destinato alle vendite da parte della società controllante.

Infatti, in tema di contenzioso tributario, i ricorsi per cassazione che traggono origine dalla impugnazione di avvisi di accertamento relativi ad annualità contigue e notificati all’esito di un’unica verifica fiscale, effettuata dal competente Ufficio finanziario sulla base degli stessi riscontri e dello stesso metodo di accertamento, danno luogo a cause connesse suscettibili di riunione ai sensi dell’art. 274 c.p.c., al fine di prevenire il rischio di un contrasto tra giudicati (Cass. Civ., 11 maggio 2007, n. 10792).

1.1.Con il primo motivo (proc.1651/2012) la società ricorrente deduce “nullità della sentenza per omessa pronuncia su un motivo dell’appello principale e sull’appello incidentale ex art. 112 c.p.c. e per violazione delle regole fondamentali sul giusto processo (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), avendo la CTR confermato la sentenza impugnata che in relazione alla seconda questione proposta dalla Agenzia delle entrate (relativa al presunto ricavo omesso derivante da un ritenuto contratto di fitto), sicuramente autonoma rispetto alla questione dei ritenuti maggiori ricavi derivanti da una maggiorazione della produzione, e non avendo pronunciato sull’appello incidentale ritualmente proposto dalla società Ceramica Saba, con atto pervenuto in Segreteria il 29/12/2009, e cioè entro i 60 giorni dalla notifica dell’appello principale, avvenuta il 4-11-2009”. Infatti, la Commissione regionale ha espressamente accolto il motivo di impugnazione proposto dalla Agenzia delle entrate in ordine allo “scarto di argilla”, considerata materia prima da cui si ricavano ulteriori piastrelle, ha accolto, anche se solo “di fatto”, il secondo motivo proposto dalla Agenzia sulla esistenza di un contratto di affitto, ed ha omesso di pronunciare sulla questione del disconoscimento dei costi della dipendente, sollevata con l’appello incidentale dalla società.

1.2.Tale motivo è parzialmente fondato.

Invero, l’Agenzia delle entrate ha emesso l’avviso di accertamento sulla base di tre rilievi: maggiore produttività di piastrelle, in quanto tra le materie prime utilizzate per la produzione deve essere ricompresa, oltre all’argilla, anche lo scarto di argilla; maggiori ricavi derivanti dalla asserita stipulazione di un contratto di affitto, non risultando tra le parti la stipulazione di un comodato; indeducibilità dei costi della dipendente C., in quanto in realtà dipendente esclusiva della consolidante Gresmalt.

La società ha presentato ricorso per tutti e tre i rilievi. La Commissione tributaria provinciale ha accolto le prime due doglianze della società, mentre ha confermato l’avviso di accertamento per la terza.

L’Agenzia delle entrate ha presentato appello principale per le prime due questioni, mentre la società ha proposto appello incidentale per la terza.

La Commissione regionale, invece, ha affrontato “funditus” solo la prima questione, in ordine alla produttività dello scarto di argilla, accogliendo l’appello principale della Agenzia delle entrate, ha comunque riformato la sentenza di primo grado, quindi confermando l’avviso di accertamento pure per il contratto di affitto, ed ha completamente ignorato la terza questione, oggetto dell’appello incidentale della società, in relazione alla deducibilità dei costi della dipendente, incorrendo nel vizio di omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c.. V’è stata, allora, omessa motivazione quanto alla esistenza di un contratto di affitto, ed una omessa pronuncia in relazione alla deducibilità delle spese della dipendente.

Quanto alla sussistenza del contratto di affitto, dunque, la società ha censurato la sentenza della Commissione per error in procedendo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., pur deducendo il vizio di omessa motivazione, che avrebbe dovuto far valere ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass.Civ., 27 ottobre 2014, n. 22759; Cass.Civ., 22 gennaio 2018, n. 1539).

Peraltro, la questione in ordine alla sussistenza dei maggiori ricavi per la asserita stipulazione di un contratto di affitto del locale “mostre” tra la Gresmalt e la Ceramica Saba è ormai preclusa dalla contestuale pronuncia di questa Corte riguardante il ricorso (riunito) 7657/2014, concluso con il rigetto del ricorso della Agenzia delle entrate sulla tale questione dedotta, con motivazione riportata nel paragrafo 6.3

Involgendo, invece, la doglianza riferita ai costi della dipendente (su cui vi è stata omessa pronuncia da parte della CTR), questioni di fatto, è necessario cassare la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione regionale tributaria dell’Abruzzo, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

2.Con il secondo motivo di impugnazione (proc. 1651/2012) la società deduce “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), consistita nel fatto che la CTR erroneamente ha legittimato l’accertamento analitico-induttivo senza che ne ricorresse alcun presupposto di legge, e senza che ci fossero presunzioni qualificate dalla gravità, precisione e concordanza”, mancando anche le “gravi incongruenze” di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, con la modifica del D.P.R. n. 600 del 1973,. 39.

3.Con il terzo motivo di impugnazione (proc. 1651/2012) la società si duole della “nullità della sentenza per violazione delle regole sulle prove e quindi delle regole sul giusto processo (art. 111 Cost., art. 2697 c.c., art. 116 c.p.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), consistita nel fatto che la CTR ha riformato la sentenza di primo grado ed ha confermato l’accertamento senza indicare quale prova presuntiva, avente il carattere della gravità, precisione e concordanza, ha valutato ed ha applicato”, in quanto non sono indicate prove documentali per maggiorare i ricavi, nè prove presuntive basate su studi di settore, nè prova di fatti certi.

4.Con il quarto motivo di impugnazione (proc. 1651/2012) la società deduce “Insufficiente motivazione in ordine alle prove presuntive utilizzate ed alle loro caratteristiche di gravità, precisione e concordanza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in quanto la quantità di argilla introdotta nel processo tributario produce sempre e soltanto una quantità di beni con alcune caratteristiche, ed una quantità di beni con altre caratteristiche, fermo restando che la quantità di materia prima è sempre quella iniziale.

5. I motivi secondo, terzo e quarto (proc. 1651/2012), enucleati dalla società, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, devono essere rigettati.

Invero, sussistono gli indizi gravi e precisi di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, in relazione alla maggiore produzione ascritta alla società per la produzione di piastrella.

La Commissione regionale ha, infatti, chiarito, pur se in modo estremamente sintetico, che la Ceramica Saba utilizzava per a produzione di piastrelle sia l’argilla “pura”, appena giunta dalla cava, sia lo scarto di argilla, che si produce nel corso della lavorazione. Dallo scarto di argilla, che è comunque anch’esso materia prima, si ricavano prodotti diversi da quello che originano dalla argilla pura, ossia piastrelle dal colore più scuro. Pertanto, considerare, ai fini del computo della produzione, non solo la quantità di materia prima, costituita dalla argilla “pura”, ma anche la quantità di materia prima, costituita dallo scarto di argilla, non significa valutare due volte la stessa materia prima, ma implica il riconoscimento che alcune piastrelle (quelle più scure) si ricavano anch’esse proprio dallo scarto di argilla, che proviene dalla lavorazione dell’argilla iniziale. Tanto è vero, che nel magazzino tra le materie prime si computa prima l’argilla pura e poi anche Io scarto di argilla, originato dalla precedente lavorazione (cfr. motivazione Commissione regionale Abruzzo 75/1/2011 “l’aver ricompreso nel calcolo del materiale utilizzato dalla società per la produzione di ceramiche anche il materiale denominato scarto d’argilla non significa conteggiare lo stesso materiale due volte ai fini del calcolo del maggior imponibile. Infatti, lo scarto d’argilla costituisce una materia prima recuperata nel processo produttivo durante le fasi di lavorazione, ossia una materia prima diversa e di minor pregio rispetto a quella proveniente dalle cave. In tale ottica, quindi, considerare come materiale utilizzato per la produzione di ceramiche anche lo scarto d’argilla non significa conteggiare lo stesso materiale due volte ai fini del calcolo del maggiore imponibile, poichè, tale scarto, costituisce un qualcosa di diverso rispetto al materiale immerso per la prima volta nel processo produttivo”).

Gli indizi gravi, precisi e concordanti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, si rinvengono proprio nelle stesse ammissioni della società ricorrente, riportate nel ricorso per cassazione, da cui emerge proprio che dallo scarto di argilla si ricavano ulteriori piastrelle di colore scuro (cfr. pagina 3 “la società ha impugnato l’accertamento…con riferimento al primo problema…ha sostenuto che “L’errore consiste nell’aver compreso nel calcolo del materiale utilizzato anche quello che in contabilità di magazzino viene denominato come scarti di argilla. Questa voce rappresenta infatti la materia prima che viene recuperata nel processo produttivo durante le fasi di lavorazione dell’atomizzato o da piastrelle scartate prima della fase di cottura. Tale materiale.. può essere utilizzato come materia prima, anche se di minor pregio rispetto a quella proveniente dalle cave. Gli scarti di argilla, dal reparto produttivo, vengono ricaricati in magazzino stoccaggio materie prime per essere poi reintrodotti nel ciclo produttivo e tale movimentazione viene recepita nelle scritture di magazzino mediante lo scarico del totale della materia prima acquistata…ed un carico dello scarto a magazzino materie prime, con una diversa classificazione merceologica…”).

Pertanto, gli elementi “indiziari” provengono proprio dalle scritture contabili della società ed in particolare dal registro di magazzino, ove si indica la quantità di materie prime utilizzate.

6.Con il ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate nel proc. 7657/2014 (come pure nel procedimento 7660/2014) deduce “violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – motivazione insufficiente circa un punto decisivo della controversia in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5”. In particolare, si evidenzia che non v’è stato doppio conteggio della materia prima da parte dell’Agenzia delle entrate, mentre la relazione giurata di consulenza tecnica non è stata esaminata dalla Commissione regionale che si è limitata a richiamarla. Inoltre, quanto all’affitto dei locali, la società non ha documentato in alcun modo il contratto di comodato tra le due società. Quanto alla deducibilità delle spese della dipendente, si rileva che l’onere di provare la certezza e la determinabilità delle componenti negative di reddito spetta al contribuente. Le vendite erano effettuate per conto della controllante, vi era solo un deposito esterno, ma non un punto vendita.

6.1.Tale motivo (proc. 7657/2014 e proc. 7660/2014) merita parziale accoglimento.

6.2.Infatti, la Commissione regionale si è limitata ad osservare che le materie prime non possono essere conteggiate due volte, sicchè se si acquistano 1000 kg di argilla e si producono 100 kg di scarto, non significa che in produzione sono immessi 1.100 kg di prodotto. Inoltre, la Commissione ha acriticamente recepito le conclusioni della relazione giurata di consulenza di parte, senza sottoporla a vaglio critico.

Pertanto, da un lato si rileva che nel processo tributario, nel quale esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente (Cass. Civ., 6 febbraio 2015, n. 2193).

Dall’altro, si evidenzia che la stessa società ha ammesso che l’argilla, a seguito della lavorazione, produce scarto di argilla, che consente a sua volta la produzione di piastrelle di colore scuro, anche se di minore pregio.

Ciò implica che alle piastrelle prodotte con l’argilla “pura” di provenienza dalle cave, devono aggiungersi altre piastrelle di colore scuro provenienti dallo scarto di argilla. Pertanto, da 1000 kg di argilla, la produzione proviene in parte dai 1000 Kg di argilla “pura” ed in parte dai 100 kg di scarto di argilla, che si produce proprio con la “prima” lavorazione della argilla “pura” e che rende possibile la produzione di “ulteriori” piastrelle, sia pure di colore scuro. Inoltre, la Commissione regionale (70/4/2013) ha utilizzato per la decisione la relazione giurata di consulenza tecnica, senza però dare conto delle ragioni di tale condivisione (“…la quale chiarisce in modo evidente come le conclusioni dell’Ufficio siano completamente errate”).

6.3.Con riferimento al contratto di affitto, invece, si rileva che la motivazione della sentenza della Commissione regionale è congrua e convincente, in quanto il rapporto tra le due società, facenti parte di un gruppo, fa ritenere plausibile e “ragionevole” che i locali della Ceramica Saba fossero stati concessi in comodato alla controllante per la vendita delle piastrelle all’interno dei locali della prima.

Sul punto il ricorso dell’Agenzia delle entrate è infondato.

6.4.Quanto alla indeducibilità dei costi relativi al personale dipendente, sussiste il dedotto vizio di violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento all’art. 2697 c.c..

Invero, in motivazione la Commissione regionale ha affermato che la dipendente C., addetta alle vendite delle piastrelle di proprietà della controllante, svolgeva tale mansione all’interno dei locali della Ceramica Saba, mentre il magazzino era all’esterno. Proprio la presenza della dipendente presso la Ceramica Saba, e non presso locali posti in altro luogo, ha fatto ritenere alla Commissione regionale che è “logico e credibile che detta dipendente svolgesse solo parzialmente attività presso la sala mostre ed avesse, invece, le sue mansioni principali nell’ambito della segreteria e delle spedizioni della ricorrente”.

Tra l’altro, sempre secondo la motivazione della Commissione regionale, la vendita di piastrelle ha prodotto ricavi pari ad appena Euro 145.870,00, mentre lo stipendio della dipendente C. era di Euro 30.784,18, non potendosi così ritenere che la dipendente lavorasse in via esclusiva per la controllante.

Così ragionando, però, la Commissione regionale è incorsa in errore, in quanto l’onere della prova della sussistenza delle condizioni per la deducibilità dei costi spetta al contribuente e, per giurisprudenza consolidata, in materia di costi infragruppo, l’onere della prova in ordine all’esistenza ed all’inerenza dei costi sopportati incombe sulla società che affermi di aver ricevuto il servizio (Cass. Civ., 11 novembre 2015, n. 23027; Cass. Civ., 8808/2012; Cass. Civ., 11949/2012; Cass. Civ., 14016/1999).

Tale onere probatorio non è stato, invece, assolto dalla contribuente, che non ha fornito in alcun modo la dimostrazione che la dipendente C., assunta appunto dalla Ceramica Saba, ma svolgente attività lavorativa (di sicuro) in favore della controllante Gresmalt, presso il punto vendita adibito all’interno degli stabilimenti della Ceramica Saba, svolgesse le sue mansioni principali in favore della società da cui era stata assunta.

Ciò che è pacifico in atti è che la C. lavorava per conto della controllante Gresmalt, provvedendo alla vendita delle piastrelle di titolarità di tale società, in un locale sito all’interno dello stabilimento della Ceramica Saba. L’onere della prova della effettività del lavoro eventualmente espletato dalla dipendente in favore della Ceramica Saba (oltre all’attività svolta pacificamente per conto della controllante Cresmalt) incombe, dunque, sulla contribuente.

6.5. Il motivo (proc. 7660/2014) relativo alla “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, per l’errato riferimento contenuto in motivazione alla sentenza n. 127/3/2010, della Commissione tributaria di Reggio Emilia, anzichè alla n. 126/3/2010, non è fondato.

Invero, la Commissione regionale dell’Abruzzo (71/4/2013) ha evidenziato correttamente che si è trattato di un “banale errore materiale” nell’indicazione del numero della sentenza. Le due pronunce (126 e 127) sono state, infatti, emesse dalla medesima CTP di Reggio Emilia, hanno ad oggetto lo stesso avviso di accertamento n. (OMISSIS) per Ires 2004.

Tra l’altro, ove si fosse verificata la nullità della sentenza di primo grado, ciò non avrebbe comportato la rimessione della controversia al primo giudice, stante la tassatività dei casi di rimessione ai sensi degli artt. 354 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59. Nella specie, la Commissione tributaria regionale ha affrontato analiticamente ogni censura formulata dal S..

6.6.Le sentenze delle Commissioni regionali (CTR Abruzzo 70/4/2013 e 71/4/2013) vanno, allora, cassate, limitatamente alla ritenuta deducibilità dei costi della dipendente C., dovendosi fare applicazione del principio di diritto di cui al paragrafo 6.4.

Diversamente, la questione in ordine alla legittimità dell’avviso di accertamento in relazione alla determinazione della piastrelle realizzate con la materia prima, dovendosi tenere conto anche di quelle “scure” realizzate con lo scarto di argilla, è ormai preclusa dalla contestuale pronuncia di questa Corte riguardante il procedimento 1651/2012, cui è stato riunito il presente procedimento, avente ad oggetto proprio tale questione.

7.Con il primo motivo (proc. 19548/2014, proc. 25185/2014 e proc. 25176/2014) l’Agenzia delle entrate deduce “omesso esame di fatto decisivo (arr. 360 c.p.c., n. 5)”, in quanto lo scarto di argilla costituisce anch’esso materia prima, seppure di minor pregio, sicchè deve essere considerato ai fini della determinazione del valore della produzione complessiva di piastrelle. Inoltre, gli scarti di argilla caricati in magazzino nel 2004 (pari a 6.278,46) costituiscono quasi il 50% dell’argilla caricata in magazzino in quello stesso anno, utilizzata per la produzione.

8.Con il secondo motivo (proc. 19548/2014, proc. 25185/2014 e proc. 25176/2014) l’Agenzia delle entrate si duole dell’omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in ordine al mancato riconoscimento della stipulazione di un contratto di affitto dei locali all’interno dello stabilimento della Ceramica Saba per la vendite delle piastrelle di proprietà della Gresmelt. Pertanto, non si è tenuto conto del fatto che i locali erano adibiti a sala mostre e vendite dei prodotti Gresmalt e che la contribuente non ha documentato l’esistenza di un rapporto di comodato per regolare tale utilizzazione.

9.Con il terzo motivo di impugnazione (proc. 19548/2014, proc. 25185/2014, proc. 25176/2014) l’Agenzia delle entrate deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e ss. ed omesso esame di fatto decisivo (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)”, in relazione alla ritenuta deducibilità delle spese relative alla dipendente C.. La dipendente lavorava esclusivamente presso i locali della Ceramica Saba destinati alla vendita di soli prodotti della Gresmalt.

10.Anzitutto, deve ritenersi infondata l’eccezione della società controricorrente per cui è inammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla Agenzia delle entrate, in quanto pure se predisposto dall’Avvocato dello Stato, è stato poi notificato da un Procuratore dello Stato, con notifica diretta da parte dell’avvocato, potendo quest’ultimo compiere atti solo nell’ambito di giudizi che si svolgono dinanzi ai giudici di merito, con il conseguente passaggio in giudicato della sentenza perchè non impugnata nel termine previsto dalla legge.

10.1.Invero, per giurisprudenza consolidata di questa Corte non è affetta da nullità la notificazione del ricorso per cassazione eseguita ad istanza dell’avvocato munito di procura speciale per il giudizio di legittimità, ancorchè non iscritto nell’albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di cassazione, perchè il particolare requisito dell’iscrizione nell’albo speciale riguarda l’attività difensiva e non quella procuratoria, le quali possono non coesistere nello stesso soggetto, e la notificazione è atto dell’ufficiale giudiziario eseguibile ad istanza del procuratore (Cass. Civ., 27 aprile 2017, n. 10403). Il requisito dell’iscrizione nell’albo speciale riguarda l’attività difensiva e non già quella puramente procuratoria, le quali possono non coesistere nello stesso soggetto, e la notificazione è atto dell’ufficiale giudiziario eseguibile ad istanza del procuratore (Cass. Civ., 23 novembre 2012, n. 20790).

Peraltro, la predisposizione del controricorso da parte della società ha sanato ogni eventuale vizio di nullità ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3 (Cass.Civ., 17 ottobre 2017, n. 24450). Invero, si è statuito che la notificazione eseguita dall’avvocato domiciliatario abilitato alla sola ricezione degli atti, e non anche al compimento dell’attività di impulso processuale, in quanto proveniente da soggetto astrattamente dotato di “ius postulandi”, e potenzialmente idonea ad assolvere alla funzione conoscitiva che le è propria, deve ritenersi nulla e non inesistente, ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 11 e, dunque, suscettibile di sanatoria “ex tunc” per conseguimento dello scopo, in quanto i principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo impongono di circoscrivere l’inesistenza della notificazione alle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività che sia priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile il suo prodotto come notificazione, mentre va ricondotta alla categoria delle nullità ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale (Cass. Civ, 7 giugno 2018, n. 14840).

10.2.Neppure il ricorso può essere ritenuto inammissibile perchè vi osterebbe il principio della “doppia conforme” di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, inserito dal D.L. n. 83 del 2012, in vigore dall’11-9-2012.

La previsione di inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado, non si applica agli effetti del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, convertito in L. 134 del 212, per i giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’11 settembre 2012 (Cass. Civ., 11 maggio 2018, n. 11439).

In questo caso, dalla sentenza della Commissione regionale 52/10/2014 l’appello risulta spedito il 2-3-2011, sicchè non può applicarsi l’inammissibilità per la c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5. Sempre in data 2-3-2011 risulta spedito l’appello poi deciso dalla CTR Emilia Romagna n. 425/2014. Pure in data 2-3-2011 risulta spedito l’appello poi deciso dalla CTR Emilia Romagna n. 428/10/2014.

11.1.Il primo motivo del ricorso (proc. 19548/2014, proc. 25185/2014 e proc. 25176/2014) deve essere accolto.

Invero, effettivamente, da un lato, si rileva che lo scarto d’argilla costituisce anch’essa materia prima, al pari dell’argilla, anche se per la produzione di piastrelle di colore scuro, sicchè il conteggio dello scarto per la determinazione delle quantità di piastrelle prodotto non costituisce una duplicazione di materia prima. Dall’altro, si evidenzia che nel registro di carico a magazzino la quantità di scarto di argilla, che origina dalla lavorazione della argilla pura e che viene reimmessa in lavorazione e presa a carico del magazzino, nel 2004 era il 50 della argilla utilizzata.

La sentenza della Commissione regionale, quindi, non ha tenuto conto di questi due fattori decisivi per la decisione della controversia, limitandosi ad affermare che lo scarto di argilla non poteva essere conteggiato ai fini della produzione di piastrelle, mentre la stessa società ha ammesso che lo scarto di argilla consente la produzione di piastrella, sia pure di colore scuro e di minore pregio. Ogni esame tu tale questione è ormai precluso dalla contestuale pronuncia di questa Corte riguardante il ricorso (riunito) n. 1651/2012.

11.2.Il secondo motivo (proc. 19548 2014, proc. 25185/2014 e proc. 25176/2014) è inammissibile.

Invero, la Commissione regionale, con rifermento alla insussistenza di un contratto di affitto dei locali, ha affermato che l’Ufficio non ha offerto prove sufficienti a dimostrare la sussistenza di una vera e propria locazione con pagamento di un affitto per i locali posti all’interno dello stabilimento di (OMISSIS), aggiungendo che “è del tutto normale che nell’ambito di un gruppo vengano svolte attività di servizio a favore della controllante da parte dei dipendenti della controllata”.

Pertanto, l’Agenzia delle entrate pretende di sottoporre al vaglio del giudice di legittimità circostanze di fatto, già oggetto di autonoma e congrua valutazione da parte del giudice di merito, non consentita appunto in questa sede.

11.3.Il terzo motivo (proc. 25185/2014, proc. 19548/2014 e proc. 25176/2014), relativo alla indeducibilità dei costi della dipendente C., che era utilizzata anche per la vendita delle piastrelle nei locali della Ceramica Saba per conto della controllante è, invece, fondato.

Invero, la Commissione ha, erroneamente, reputato deducibili dalla Ceramica Saba tali costi, in quanto l’Agenzia delle entrate non avrebbe dimostrato che la dipendente svolgeva la sua attività solo in favore della controllante, mentre era pacifico che la C. lavorava proprio all’interno dello stabilimento Ceramica Saba, ma con attività espletata in misura prevalente per tale società, piuttosto che per la controllante, tanto che “i dati emergenti dalle vendite effettuate presso il locale della Ceramica Saba spa, cioè Euro 145.870, non sono sufficienti a giustificare l’impiego di una dipendente a tempo pieno, il cui costo ammontava ad Euro 30.748,18”, sicchè “non si può ritenere, come invece effettua l’Ufficio, che la dipendente lavorasse solo ed esclusivamente per la controllante”.

V’è stata, dunque, violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto era proprio onere della contribuente, in ossequio alla giurisprudenza di legittimità già citata (Cass. Civ., 23027/2015; 8808/2012, 11949/2012; 14016/1999), in tema di deducibilità dei costi tra società appartenenti allo stesso gruppo, dimostrare che la dipendente C., la quale pacificamente lavorava per conto della controllante Gresmalt, quale addetta alle mansioni di vendita delle piastrelle di proprietà della medesima società, svolgesse anche mansioni presso la Ceramica Saba.

Le sentenza delle Commissioni regionali vanno, quindi, cassate limitatamente alla deducibilità dei costi della dipendente, con rinvio alla Commissione regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

L’intervenuta riunione dei procedimenti al primo procedimento (1651/2012), riguardante l’impugnazione avverso la sentenza pronunciata dalla CTR Abruzzo 75/1/2011, comporta che i giudizi riuniti siano rinviati alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo.

12.Con un unico motivo di impugnazione (proc. 13792/2016) l’Agenzia delle entrate deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., artt. 324 c.p.c., nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68 e dell’art. 124 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, in quanto la sentenza della Commissione regionale 52/10/2014 non è passata in giudicato, ma è stata impugnata dinanzi alla Corte di cassazione.

12.1.Tale motivo è fondato.

12.2.Anzitutto, si rileva che non è fondata l’eccezione sollevata dalla contro ricorrente per cui la “svista” della Commissione regionale, che ha ritenuto erroneamente passata in giudicato la sentenza della Commissione regionale 52/10/2014, costituirebbe vizio revocatorio, da censurare dinanzi alla medesima Commissione regionale ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

Invero, per giurisprudenza consolidata di questa Corte il giudicato, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, partecipa della natura dei comandi giuridici, e, conseguentemente, la sua interpretazione non si risolve in un giudizio di fatto, ma deve essere assimilata, per natura ed effetti, all’interpretazione delle norme giuridiche, sicchè l’erronea presupposizione della sua esistenza, equivalendo all’ignoranza della “regula juris”, rileva non quale errore di fatto ma quale errore di diritto, derivandone sostanzialmente un vizio del giudizio sussuntivo, consistente nel ricondurre la fattispecie ad una norma diversa da quella che reca, invece, la sua disciplina, inidoneo, come tale, ad integrare gli estremi dell’errore revocatorio di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, c.p.c. (Cass. Civ., 5 maggio 2017, n. 10930; Cass.Civ., sez. un., 17 novembre 2015, n. 23242).

12.3.Deve, dunque, procedersi alla cassazione della sentenza impugnata, in quanto effettivamente la sentenza suindicata era oggetto di ricorso per cassazione e non era passata in giudicato.

La Commissione tributaria regionale dovrà procedere alla rimodulazione delle sanzioni, tenendo conto che le questioni in ordine alla determinazione del valore della produzione, tenendo conto anche degli scarti di argilla, ed alla insussistenza dei ricavi per l’asserito contratto di affitto, risultano precluse dalla contestuale pronuncia di questa Corte riguardanti i ricorsi (riuniti) nn. 1651/2012 e 7657/2014.

P.Q.M.

Riuniti i ricorsi 7657/2014, 19548/2014, 13792/2016, 7660/2014, 25176/2014, 25185/2914, in accoglimento del primo motivo di ricorso (proc. 1651/2012) proposto dalla contribuente, nei limiti di cui in motivazione, rigettati il secondo, il terzo ed il quarto, cassa la sentenza impugnata (CTR Abruzzo 75/1/2011), con rinvia alla CTR Abruzzo, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

In parziale accoglimento del ricorso proposto dalla Agenzia delle entrate (proc. 7657/2014 e proc. 7660/2014), cassa, nei limiti di cui in motivazione, le sentenze della CTR Abruzzo 70/4/2013 e 71/4/2013, con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, anche per le spese.

In accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso proposto dalla Agenzia delle entrate (proc. 19548/2014, proc. 25185/2014 e proc. 25176/2014), dichiarato inammissibile il secondo, cassa, nei limiti di cui in motivazione, le sentenza della CTR dell’Emilia Romagna (52/10/14, 425/10/2014 e 428/10/2014), e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, anche per le spese.

In accoglimento del ricorso proposto dalla Agenzia delle entrate (13792/2016), cassa, nei limiti di cui in motivazione, la sentenza impugnata (CTR 2448/1/15), e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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