Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28735 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 09/11/2018, (ud. 19/09/2018, dep. 09/11/2018), n.28735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina M – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al N. 11805 del ruolo generale dell’anno 2013,

proposto da:

Anxauto s.r.L., in persona del legale rappresentante pro tempore

U.A.D., rappresentata e difesa, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv.to Elisabetta Merlino, elettivamente

domiciliato presso lo studio dell’Avv.to Gigliola Mazza Ricci, in

Roma alla Via Di Pietralata n. 320;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– cortroricorrente –

e contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

e contro

Agenzia delle entrate, Direzione Provinciale di Chieti, in persona

del Direttore pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, n. 168/09/2012,

depositata il 13 marzo 2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19 settembre 2018 dal Relatore Cons. Dr. Maria Giulia Putaturo

Donati Viscido di Nocera.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

– con sentenza n. 168/09/2012, depositata il 13 marzo 2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, rigettava l’appello proposto dall’Anxauto s.r.l. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 170/02/2008 della Commissione tributaria provinciale di Chieti che aveva rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti dell’Agenzia avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con il quale l’Ufficio aveva contestato, ex D.P.R. n. 600 del 1973 , art. 39 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, alla detta società, per l’anno 2003, un maggiore reddito d’impresa, ai fini Irpeg, Irap e Iva, interessi e sanzioni;

– il giudice di appello, in punto di fatto, ha premesso che: 1) a seguito di p.v.c. redatto dai funzionari dell’Agenzia delle entrate di (OMISSIS) e di indagini bancarie dell’Ufficio di Lanciano, quest’ultimo aveva emesso nei confronti della Anxauto s.r.l. avviso di accertamento con il quale, per l’anno 2003, aveva contestato, ai fini Irpeg, Irap e Iva, un maggiore reddito imponibile di Euro 379.554,00 in luogo di quello dichiarato di Euro 80.655,00, in relazione ad assunti ricavi occultati nella vendita di auto nuove ed usate con ricarico negativo; 2) avverso l’avviso di accertamento, aveva proposto ricorso la società contribuente eccependo preliminarmente la nullità dell’atto impositivo per inesistenza della notifica e, nel merito, l’illegittimità dell’accertamento per mancanza dei presupposti legittimanti l’utilizzo del metodo induttivo; 3) la CTP di Chieti aveva rigettato il ricorso; 4) avverso la sentenza della CTP, la Anxauto s.r.l. aveva proposto appello deducendo preliminarmente la mancata pronuncia da parte del giudice di primo grado sulla eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per inesistenza della notifica; nel merito, la carenza dei presupposti per l’utilizzo del metodo induttivo, avendo l’Ufficio ignorato le risultanze delle scritture contabili regolarmente tenute e la congruità del reddito dichiarato con gli studi di settore, costituendo la vendita degli autoveicoli usati ad un prezzo inferiore a quello di acquisto circostanza corrispondente a prassi commerciale; il difetto di motivazione della sentenza impugnata e la mancanza di prova della pretesa impositiva per estraneità del p.v.c. al giudizio, in quanto mai prodotto e depositato, nonchè per irrituale acquisizione dei dati bancari, stante la mancata allegazione all’atto impositivo e deposito in giudizio dell’autorizzazione bancaria; 4) aveva controdedotto l’Ufficio, deducendo l’infondatezza dell’eccezione di nullità dell’accertamento per inesistenza della notifica, avendo l’atto raggiunto lo scopo nonchè l’inammissibilità dell’appello per novità delle domande in relazione alla ritenuta estraneità del p.v.c. al giudizio e alla irritualità dell’acquisizione dei dati bancari; nel merito, aveva insistito per la legittimità dell’accertamento fiscale e per la conferma della sentenza di primo grado;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) era infondata l’eccezione sollevata dalla società contribuente di nullità dell’avviso di accertamento per inesistenza della notifica stante il raggiungimento dello scopo, avendo la società contribuente presentato tempestivamente istanza di adesione, con conseguente esercizio del diritto di difesa; 2) era fondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello in ordine ai motivi di gravame concernenti la mancanza di prova per estraneità al giudizio del p.v.c. redatto dai funzionari della Agenzia delle entrate di Sulmona e per irritualità dell’acquisizione dei dati bancari senza l’allegazione del provvedimento di autorizzazione, in quanto trattavasi di motivi nuovi e, pertanto, sottratti all’apprezzamento del giudice di appello ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57; 3) era infondato il motivo di appello concernente la carenza dei presupposti per l’applicazione del metodo induttivo in quanto l’inattendibilità complessiva delle risultanze delle scritture contabili, sebbene formalmente corrette, emergeva da una serie di indizi gravi, precisi e concordanti quali la accertata vendita sottoscosto di autovetture, l’esistenza di un conto finanziamento soci infruttifero, sul quale erano confluiti Euro 757.402,88 e la corresponsione di appena Euro 1025,00, quale compenso mensile ai soci impiegati esclusivamente nella vendita di autoveicoli; 4) in ordine alla ricostruzione reddituale con il metodo induttivo attraverso il recupero a tassazione della differenza negativa tra il prezzo di acquisto e quello di vendita delle autovetture con l’aggiunta dì una percentuale di ricarico pari al 10% nonchè alla natura e alla finalità del conto finanziamento soci, la società contribuente non aveva dedotto alcunchè in sede di gravame, limitandosi inammissibilmente a richiamare per relationem quanto dedotto nel ricorso introduttivo, senza assolvere all’onere di specificazione dei relativi motivi di censura;

– avverso la sentenza della CTR, propone ricorso per cassazione Anxauto s.r.l. affidato a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Agenzia delle entrate; rimane intimato il Ministero dell’economia e delle finanze;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– deve preliminarmente essere dichiarata “ex officio” l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per difetto di legittimazione passiva della parte resistente, non avendo assunto l’Amministrazione statale la posizione di parte processuale nel giudizio svoltosi avanti la Commissione tributaria dell’Abruzzo introdotto con atto di appello dalla Anxauto s.r.l. successivamente alla data l gennaio 2001.

Invero, in tutti i casi in cui l’appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale sia stato proposto soltanto da o contro – come nel caso di specie – l’ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate (succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle Finanze, nel corso del giudizio di secondo grado ai sensi del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 57 con effetto dal 1 gennaio 2001 ai sensi del D.M. 28 dicembre 2000, art. 1), deve ritenersi verificata, sia pure per implicito, l’estromissione del dante causa Ministero dell’Economia e delle Finanze, con la conseguenza che l’unico soggetto legittimato a resistere al ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate; per cui il ricorso proposto nei confronti del Ministero è inammissibile per carenza di legittimazione passiva (Cass., sez. un., n. 3116 del 2006; Cass. n. 27323 del 2014; Cass. n. 28694 del 2017). Non vi è luogo a provvedere sulle spese non avendo il Ministero dell’Economia e delle Finanze provveduto ad alcuna attività difensiva;

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la nullità della sentenza per “errata applicazione delle norme di diritto in tema di inesistenza della notifica dell’avviso di accertamento” per non avere, in primo luogo, la CTR dichiarato nulla la sentenza del giudice di primo grado per mancata motivazione sull’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per inesistenza della notifica e per avere ritenuto sanato l’assunto vizio di notificazione, con indebita applicazione della disciplina della sanatoria delle nullità delle notificazioni degli atti processuali di cui all’art. 156 c.p.c., comma 3 e art. 160 c.p.c., anche all’atto impositivo di natura amministrativa;

– premessa l’inammissibilità per carenza di interesse (avendo la CTR pronunciato espressamente sulla relativa eccezione) del profilo di censura attinente alla assunta mancata declaratoria da parte della CTR della nullità della sentenza della CTP per non avere pronunciato sulla eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per “inesistenza” della notifica, il primo motivo è infondato;

– sul tema questa Corte, a sezione unite, ha chiarito che “l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa” (Cass., sez.un., n. 14916 e 14917 del 2016);

– peraltro, la notificazione dell’atto impositivo non è un requisito di validità, ma solo una condizione integrativa dell’efficacia dello stesso, sicchè l’inesistenza della notifica non determina in via automatica anche quella dell’atto, se di questo il contribuente ha avuto piena conoscenza entro i termini decadenziali di legge. (Cass., sez. 6 – 5, n. 2203 del 30/01/2018; Sez. 5, n. 8374 del 24/04/2015; Sez. 5, n. 654 del 15/01/2014, nella specie l’atto amministrativo di imposizione tributaria aveva raggiunto lo scopo per essere stato impugnato dal destinatario in data antecedente alla scadenza del termine fissato dalla legge per l’esercizio del potere impositivo);

– in argomento, questa Corte ha affermato anche il seguente principio di diritto per cui “la natura sostanziale e non processuale dell’avviso di accertamento tributario – che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’Amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria, con la conseguenza che la estensione anche all’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, e la proposizione del ricorso del contribuente produce, pertanto, l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c. (cfr. Corte Cass., sez. un., n. 19854 del 05/10/2004; id. Sez. 5, n. 2272 del 31/01/2011; id. sez. 5, n. 10445 del 12/05/2011; sez, 5, n. 21992 del 28/10/15);

– nella specie, il giudice di appello ha fatto buon governo dei suddetti principi, avendo ritenuto sanato l’assunto vizio di notificazione dell’atto impositivo – dopo averlo, peraltro, correttamente qualificato come nullità attenendo alla mancata indicazione nella relata della data di perfezionamento della notifica – per raggiungimento dello scopo, stante la successiva tempestiva proposizione da parte della società contribuente di istanza di adesione;

– con il secondo motivo, la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa valutazione da parte della CTR di un fatto rilevante per la decisione circa “l’esistenza dei presupposti legittimanti l’utilizzo del metodo di accertamento induttivo extracontabile”, per avere la CTR genericamente ritenuto abnorme la posizione fiscale della società contribuente e, pertanto, sussistenti i presupposti legittimanti l’accertamento induttivo ex D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, senza argomentare in ordine alla congruità del reddito dichiarato per l’anno 2003 alle risultanze degli studi di settore, corrispondendo la vendita di autovetture usate a prezzi inferiori a quelli di acquisto ad una fisiologica pratica commerciale; tutto ciò, senza rilevare la conseguente nullità dell’atto impositivo per violazione della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 4 bis e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, stante la indebita sovrapposizione dei due diversi sistemi di accertamento;

– il motivo, incentrato sulla assunta conformità del reddito dichiarato nel 2003 con le risultanze degli studi di settore è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi, avendo la CTR posto a fondamento della decisione la complessiva inattendibilità della documentazione fiscale in ossequio al condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui “la presenza di scritture contabili formalmente corrette, ma sostanzialmente inattendibili non esclude la legittimità dell’accertamento analitico – induttivo del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) (e, in materia di Iva, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, commi 2 e 3), per cui, in tali casi, è consentito all’Ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici purchè gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, ad esempio determinando il reddito del contribuente utilizzando le percentuali di ricarico, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente (Cass. civ., sez. 5, 18 maggio 2012, n. 7871; 14932 del 2018);

– quanto poi alla specifica censura concernente la modalità di ricostruzione reddituale operata dall’Ufficio, con applicazione di una percentuale di ricarico del 10% sulla differenza tra il costo di acquisto e quello di vendita delle autovetture, essendo stata dichiarata dal giudice di appello inammissibile per difetto di specificità, avrebbe, nel caso, dovuto essere oggetto di denuncia sotto il profilo del vizio di violazione di legge e non già di carenza motivazionale;

– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la nullità della sentenza impugnata per omessa valutazione di fatti decisivi e controversi per il giudizio, quali l’estraneità a quest’ultimo del p.v.c. e la irritualità di acquisizione dei dati bancari, per avere la CTR confermato la decisione del giudice di primo grado, ritenendo erroneamente che le relative eccezioni proposte in sede di gravame dalla società contribuente fossero inammissibili in quanto nuove, ancorchè attenessero alla assunta mancanza di prova della pretesa impositiva per essere stata la sentenza della CTP fondata sulle risultanze del p.v.c. richiamato per relationem dall’avviso di accertamento ma non allegato a quest’ultimo nè prodotto in giudizio, nonchè sugli esiti delle indagini bancarie, in mancanza di allegazione all’atto impositivo della relativa autorizzazione nè tantomeno del deposito in giudizio della stessa;

– il motivo è inammissibile;

– in primo luogo, va rilevato che la censura mossa in termini di erroneità della pronuncia di secondo grado per avere ritenuto inammissibili, ex D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in quanto “nuovi” i motivi di gravame concernenti l’assunta estraneità al giudizio del p.v.c. nonchè la irritualità di acquisizione dei dati bancari, avrebbe dovuto essere formulata quale vizio di violazione di legge e non risponde quindi all’archetipo del vizio motivazionale denunciato;

– invero, anche a volere riqualificare il denunciato vizio in termini di violazione di legge – per essere stata la critica alla sentenza impugnata ancorchè sussunta formalmente nell’ipotesi di cui all’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nella sostanza poi sviluppata in termini di violazione di legge – la ricorrente, in difetto del principio di autosufficienza, non ha trascritto nè riassunto nel ricorso per cassazione, per le parti rilevanti, nè il ricorso di primo nè quello di secondo grado, impedendo, così, a questa Corte di valutare il fondamento della prospettata censura;

– in ogni caso, la novità della questione concernente l’autorizzazione alle indagini bancarie è confermata dallo stesso ricorrente (p.31 del ricorso) mentre l’altro aspetto attinente alla mancata allegazione o produzione in giudizio del p.v.c., valevole sotto il profilo probatorio, è irrilevante in quanto non risulta impugnata la statuizione della CTR relativa all’omessa contestazione degli elementi di merito indicati dall’Agenzia (quali la vendita sottocosto delle autovetture, l’esistenza di un conto finanziamento soci infruttifero nonchè l’esiguità dei compensi corrisposti ai soci impiegati esclusivamente nell’attività di vendita degli autoveicoli);

– in conclusione, previa declaratoria della inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il ricorso va rigettato; le spese del giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Rigetta il ricorso, condanna la società Anxauto s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 7.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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