Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2873 del 06/02/2020

Cassazione civile sez. III, 06/02/2020, (ud. 10/10/2019, dep. 06/02/2020), n.2873

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 26229/2018 proposto da:

S.A., domiciliata in Roma, presso la Cancelleria civile

della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dagli AVVOCATI

ALFONSO MARIA PARISI e TOMMASA PERGOLIZZI;

– ricorrente –

contro

Comune Di Novara Di Sicilia, in persona del Sindaco in carica,

domiciliato in Roma, presso la Cancelleria civile della Corte di

Cassazione, rappresentata e difesa dall’AVVOCATO LUIGI MUNAFO’;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 00181/2018 della CORTE d’APPELLO di MESSINA,

depositata il 06/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/10/2019 da Dott. Cristiano Valle, osserva.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.A. impugna per cassazione, con sei motivi di ricorso, la sentenza n. 00181 del 2018 della Corte di Appello Messina, Sezione specializzata per le controversie agrarie, che aveva confermato integralmente la sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, Sezione specializzata per le controversie agrarie, che aveva a sua volta, all’esito della riunione di due distinti giudizi (di cui uno sorto dal decreto ingiuntivo proposto dall’ente pubblico per il pagamento di canoni scaduti, ed opposto dalla S., l’altro dalla domanda ordinaria di risoluzione per inadempimento e risoluzione dell’affitto per scadenza naturale, pure proposto dal Comune di Novara di Sicilia), ritenuto la sussistenza, tra le parti S.G. ed A. ed il Comune di Novara di Sicilia, di un contratto di affitto agrario, in forza del quale all’ente pubblico territoriale era dovuta la somma di oltre Euro dodicimila, per canoni, e, aveva quindi, dichiarato la risoluzione del contratto, altresì dichiarando inammissibile la domanda di usucapione dei S..

Resiste con controricorso il Comune di Novara di Sicilia.

Non vi è stato deposito di memorie e il P.G. non ha depositato conclusioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso deducono: il primo violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 140 e 143 c.p.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo.

Il secondo mezzo afferma violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, ed omesso esame, in relazione al D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 11.

Il terzo motivo propone ancora vizi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 1150 e 1159 bis c.c., ed agli artt. 1021 e 1026 c.c..

Il quarto afferma violazioni di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione all’art. 922 c.c., art. 42 Cost. e art. 115 c.p.c..

Il quinto censura la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, in relazione agli artt. 115 e 112 c.p.c., nonchè all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 c.p.c..

Infine l’ultimo mezzo, il sesto, impugna la sentenza d’appello ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, in riferimento alla L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 50 ed all’art. 115 c.p.c..

I motivi di ricorso possono essere congiuntamente esaminati.

Le censure riguardanti la fase monitoria sono state ritenute, correttamente, superate dalla Corte di Appello di Messina che, con adeguata motivazione, ha affermato che il Comune di Novara di Sicilia aveva comunque agito in via ordinaria al fine di ottenere il pagamento dei canoni da parte della S.A., con la conseguenza che i vizi della notifica del decreto ingiuntivo erano del tutto ininfluenti e non infirmavano le ragioni di credito, per canoni di affitto del terreno, in contrada (OMISSIS) destinato a pascolo, dell’ente pubblico nei confronti degli affittuari.

L’affermazione della Corte territoriale è coerente ed aderisce all’orientamento, assolutamente consolidato, della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 20613 del 07/10/2011 Rv. 619864 – 01; Cass. n. 1249 del 18/04/1972 Rv. 357747 – 01): “L’opposizione al decreto ingiuntivo instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice non deve limitarsi ad esaminare se l’ingiunzione sia stata legittimamente emessa, ma deve procedere ad una autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti sia dal creditore per dimostrare la fondatezza della propria pretesa dedotta con il ricorso sia dall’opponente per contestarla e, a tal fine, non è necessario che la parte che chieda l’ingiunzione formuli una specifica ed espressa domanda diretta ad ottenere una pronuncia sul merito della propria pretesa creditoria, essendo, invece, sufficiente che resista alla proposta opposizione e chieda conferma del decreto opposto.”.

Il giudice del merito ha, peraltro, accertato che la domanda della somma dovuta a titolo di canoni scaduti e non corrisposti, formulata dal Comune di Novara di Sicilia, era stata ritualmente preceduta dall’esperimento del tentativo di conciliazione di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 11 (sul punto si veda Cass. n. 06839 del 20/03/2018 Rv. 648299-01).

Le censure relative alle sentenze della Corte di Appello di Palermo, e della Corte di Cassazione, rispettivamente del 1954 e del 1957, sono, come esaustivamente rilevato dalla Corte di Appello di Messina, del tutto inconferenti, in quanto relative a periodo di quasi un decennio (quella di Corte di Palermo) e di sette anni, precedenti rispetto all’instaurazione del contratto di affitto, avvenuta nell’anno 1963, tra il Comune di Novara di Sicilia ed il dante causa dei S.A. e G. e comunque superate dall’affermazione, da parte della Corte territoriale, non adeguatamente censurata in ricorso, che il possesso del fondo da parte dell’ente pubblico risaliva al 1848 e tanto era sufficiente al fine di affermare la legittimità della sua concessione in affitto.

Su detto ultimo punto è opportuno evidenziare che la richiesta di effettuazione di una consulenza tecnica di ufficio, asseritamente avanzata nelle fasi di merito, non è adeguatamente suffragata in punto di specificità della relativa istanza di ammissione, e, inoltre, appare formulata in via puramente esplorativa, al fine di accertare che il fondo in contrada (OMISSIS) non ricade nel Comune di Novara di Sicilia bensì in quello di Francavilla di Sicilia.

I motivi di censura relativi alla domanda di usucapione, proposta in primo grado, oltre che inammissibili perchè non preceduti, prima dell’instaurazione del giudizio di merito, dal tentativo di conciliazione, previsto, come detto, dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 11 (ed in precedenza dalla L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 46), sono inammissibili per intrinseca contraddittorietà in quanto i S. hanno, almeno fino alla prima decade degli anni 2000, riconosciuto che conducevano il fondo quali affittuari, il che è di per sè inconciliabile con la domanda di accertamento della compiuta usucapione, che, per quanto concerne gli immobili richiede il decorso di un ventennio, ai sensi dell’art. 1158 c.c., o di un decennio, nel ricorrere delle condizioni specifiche, in alcun modo esattamente prospettate o, meglio dedotte soltanto in modo contraddittorio, di cui all’art. 1158 bis c.c..

Le doglianze relative alla violazione della L. n. 203 del 1982, art. 50, con riferimento alla circostanza che il Comune di Novara di Sicilia avrebbe dovuto procedere ad una diminuzione del canone, in quanto una frazione del fondo in contrada (OMISSIS) era stata, con l’assenso dell’ente pubblico, adibita a parco eolico, sono infondate in quanto la sentenza d’appello ha rilevato che il Comune aveva di per sè proceduto ad una riduzione del canone di affitto.

I mezzi di ricorso calendati da S.A. richiedono, quindi, un diverso esame di questioni di fatto, già sfavorevolmente risolte per la parte ricorrente, dalle pronunce di merito, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione per quanto riguarda le censure avanzate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 4.

Le due, conformi, sentenze di merito, della Sezione specializzata agraria presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto e della Corte di Appello di Messina sono, infatti, fondate entrambe sull’incontestata esistenza, sin dal 1963 di un contratto di affitto tra i danti causa dell’odierna ricorrente, prima il nonno So.An. e poi il padre di questa, G., che l’aveva trasmesso all’odierna ricorrente, ed il Comune di Novara di Sicilia, in forza del quale erano dovuti i canoni richiesti mentre risultava improponibile la domanda di accertamento dell’avvenuta usucapione.

Sul punto rileva il Collegio che la sentenza d’appello ha accertato che la domanda dei canoni da parte del Comune era stata, comunque preceduta dal tentativo di conciliazione dinanzi al competente organo amministrativo, con la conseguenza che il Tribunale non poteva esimersi dal pronunciare sulla stessa.

La sentenza in scrutinio ha parimenti rilevato che la domanda di usucapione non era stata preceduta da alcun tentativo di conciliazione e che, inoltre, il riconoscimento dei canoni, perlomeno fino all’opposizione proposta avverso il monitorio del 2014 era sintomo inequivocabile della circostanza che i S. riconoscevano quale proprietario, e comunque quale legittimo possessore del fondo (OMISSIS), il Comune di Novara di Sicilia, nè le sentenza della Corte di Appello di Palermo e della Cassazione richiamate dai S. avevano fissato la proprietà del detto fondo in capo ad essi.

Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

La natura agraria della controversia esclude l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre

rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge;

rilevato che dagli atti il processo risulta esente non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020

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