Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28728 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2020, (ud. 20/02/2020, dep. 16/12/2020), n.28728

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12976-2014 proposto da:

C.G., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR, presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato GIUSEPPE DI MEGLIO giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) DI NAPOLI, in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 345/2013 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 15/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/02/2020 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato ROCCHITTA che si riporta

agli atti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.G. ricorre, articolando tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 345/46/13 della CTR della Campania che ha confermato la sentenza della CTP di Napoli, n. 374/35/12 dell’08.02.2012, avente ad oggetto il silenzio rifiuto di effettuare lo sgravio di una cartella esattoriale relativa ad INVIM 1988.

La CTR ha testualmente affermato in sentenza che ” L’impugnazione del silenzio rifiuto, oltre ad essere tardiva, è inammissibile, poichè è orientamento consolidato che la cartella di pagamento può essere impugnata solo per vizi suoi propri (cfr., ad esempio, Cass. N. 20751 del 2006) onde va confermata sul punto la decisione di prime cure. Ed invero, a prescindere dalla circostanza che con la richiesta di autotutela (rimborso degli interesse calcolati male) non è possibile rimettere in termini il contribuente rispetto alla cartella esattoriale, nel caso di specie i vizi fatti valere attengono all’avviso di liquidazione, non impugnato e dunque definitivo, onde il credito tributario si deve ritenere consolidato e non più impugnabile”.

L’agenzia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente deduce:

1) violazione e falsa applicazione di legge, ai sensi degli artt. 141, – 170, e 330 c.p.c., in relazione al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, nella emissione dell’atto impugnato in violazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 71;

2) violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, – 4, e 5, per omessa ed insufficiente motivazione dell’atto in violazione della L. n. 241 del 1990 e succ., art. 3; L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1;

3)- riformare la condanna al pagamento delle spese di giudizio di Euro 300,00 tenuto conto che il giudizio è iniziato e proseguito esclusivamente per inerzia della Amministrazione Finanziaria.

I primi due motivi vanno esaminati congiuntamente per l’evidente connessione. Il ricorrente non si confronta con la sentenza impugnata ma ripropone gli argomenti svolti avverso il provvedimento di diniego di istanza di sgravio /rimborso in autotutela. La decisione della CTR nn merita censure essendosi la Corte conformata ai principio di questa Corte (per tutte cass. n. 13757 del 2016) affermando che non è possibile eludere la disciplina della decadenza legata ad esigenze di certezza delle situazioni giuridiche di cui al D.Lgs. n.. 546 del 1992, artt. 19, e 21. Come emerge dal citato arresto l’atto di rifiuto di autotutela non è impugnabile D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, nè l’adesione al condono assume rilievo scriminante della mancata impugnazione dell’atto nei termini di rito, tanto più che la lite non rientrava tra quelle definibili ex L. n. 289 del 2002. Il motivo è pertanto inammissibile.

Anche il terzo motivo, che censura in questa sede il regolamento delle spese di lite è inammissibile. In cassazione è ammessa solo la denuncia della violazione della regola della soccombenza (divieto di condanna della parte totalmente vittoriosa) mentre l’identificazione della parte soccombente è rimessa al giudice di merito. (cass. n. 13229/2011 e n. 4347/1999).

Da quanto precede, consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. La parte soccombente va condannata al pagamento delle spese di lite che si liquidano in dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 2800,00 oltre spese forfettarie ed accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella pubblica udienza, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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