Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28725 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/11/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 07/11/2019), n.28725

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGLIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4211-2019 proposto da:

O.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELA

VIGLIOTTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS) COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 01/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

VALITUTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

O.P., cittadino della Nigeria, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso il decreto n. 109/2019, emesso dal Tribunale di Milano, depositato il 7 gennaio 2019, con il quale è stata rigettata la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5 e 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – il ricorrente lamenta che il Tribunale non abbia ritenuto di concedere al medesimo la protezione sussidiaria, ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b), sebbene sussistessero i relativi presupposti di legge, e senza effettuare alcun accertamento ufficioso in ordine alla situazione socio-politica del Paese d’origine.

Ritenuto che:

ai fini della concessione della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), sia indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente;

la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisca, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma. 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione;

il vizio di violazione di legge consista, invece, nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, e come tale è inammissibile in subiecta materia (Cass. 3340/2019);

in mancanza di credibilità dell’istante, debba, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

Rilevato che:

nel caso concreto, il Tribunale ha ritenuto, con adeguata e logica motivazione, non attendibili le dichiarazioni del ricorrente, circa le ragioni per le quali avrebbe abbandonato la Nigeria;

il Tribunale ha, invero, rilevato che la versione dei fatti che avrebbero indotto lo straniero a lasciare la Nigeria, ossia il pericolo prospettato dall’istante di essere ucciso dal fratello – entrato nella setta degli (OMISSIS) alla quale, invece, il medesimo aveva rifiutato di aderire – per avere il ricorrente alienato un terreno ereditato dal padre, è del tutto inattendibile, in quanto assolutamente non circostanziato con riferimento, sia alle richieste di aderire alla setta, sia alle ragioni effettive della discussioni tra i fratelli;

del tutto inverosimile – secondo il giudice di merito – è, altresì, il fatto che i fratelli medesimi siano stati invitati a fare parte di tale sodalizio, del quale avrebbe fatto parte anche il padre, dato che esso annovera tra i suoi accoliti solo persone di elevato livello sociale, laddove il genitore del richiedente ed i suoi figli sono modesti contadini senza istruzione, per il che del tutto inspiegabile sarebbe laddove tale invito ad aderire alla suddetta setta gli fosse stato effettivamente rivolto – il rifiuto dell’istante di farvi parte, attesi gli evidenti vantaggi che ne sarebbero derivati sul piano economico-sociale;

dalla assoluta, riscontrata, non plausibilità della narrazione dei fatti, è correttamente conseguita la esclusione, da parte del Tribunale, della possibilità di concedere allo straniero la protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b);

la censura sul punto in esame è stata, per contro, inammissibilmente dedotta sub specie del vizio di violazione di legge, e si concreta in una generica disamina dei principi giuridici in materia.

Considerato che:

con il secondo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – il ricorrente lamenta che il Tribunale non abbia riconosciuto all’istante la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), nè il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, pur sussistendo una situazione di palese violazione dei diritti fondamentali nel Paese di provenienza;

Ritenuto che:

per quanto concerne la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottragga all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197);

pertanto, soltanto quando il cittadino straniero che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorga il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c), (Cass., 28/06/2018, n. 17069; Cass., 31/01/2019, n. 3016).

Rilevato che:

nel caso concreto, il Tribunale ha accertato la non attinenza dei fatti narrati dall’appellante alla situazione generale, socio-politica, della Nigeria, avendo il medesimo fatto riferimento esclusivamente a vicende strettamente private, per di più prive di attendibilità;

ad ogni buon conto, il giudice di merito ha accertato – mediante il ricorso a fonti internazionali aggiornate, citate nel provvedimento che la zona di provenienza del ricorrente (Edo State) non presenta una situazione di pericolo tale, derivante da situazioni di conflitto interne o internazionali, da porre in pericolo la vita o l’incolumità dei civili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

il motivo di ricorso si concreta, per contro, in una generica disamina dei principi giuridici in materia, senza alcuna contestazione specifica del decisum dell’impugnata sentenza.

Ritenuto che:

per quanto concerne la protezione umanitaria, la attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolga un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, la situazione oggettiva del paese d’origine deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente, la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi (Cass. 4455/2018).

Rilevato che:

nella specie – come dianzi detto – il ricorrente è stato ritenuto del tutto inattendibile dal Tribunale, che ha altresì accertato che nel suo Paese di origine – dove il ricorrente ha tutta la sua famiglia (moglie e figli) – non sussiste una situazione di grave violazioni dei diritti umani, mentre in Italia il richiedente non ha alcun inserimento effettivo nel tessuto sociale nazionale;

che il mezzo si risolve, per contro, nella mera, generica, esposizione dei principi giuridici in materia, senza l’indicazione di alcuna ragione di vulnerabilità prospettata al giudice di appello, che possa dare luogo all’applicazione della misura di protezione in esame.

Ritenuto che:

per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato;

essendo stata la parte ammessa al gratuito patrocinio non si applichi il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

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