Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28724 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 09/11/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 09/11/2018), n.28724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22989 del ruolo generale dell’anno 2011

proposto da:

Agenzia delle Dogane, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

S. Maglierie s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Marco Turci e

Alessandro Fruscione, per procura speciale a margine del

controricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via Giambattista

Vico, n. 22, presso lo studio dell’Avv. Alessandro Fruscione;

– controricorrente-

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia n. 66/07/11, depositata il giorno 20

maggio 2011;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 giugno

2018 dal Consigliere Dott. Giancarlo Triscari.

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle Dogane aveva notificato alla società contribuente un avviso di rettifica dell’accertamento e relativo processo verbale di revisione e di contestuale constatazione delle violazioni finanziarie nonchè un atto di contestazione di violazioni finanziarie e di irrogazione di sanzioni; le pretese derivavano dalla verifica delle operazione di importazione di beni in regime di sospensione del pagamento dell’Iva a seguito dell’introduzione nel deposito fiscale, essendo risultato che le merci acquistate non erano state mai introdotte nel deposito fiscale nonostante la sospensione del pagamento dell’Iva, sicchè con i suddetti atti era stato contestato il mancato versamento dell’Iva su beni di importazione, con conseguente pretesa di pagamento, oltre interessi e sanzioni; avverso i suddetti atti aveva proposto ricorso la società contribuente; la Commissione tributaria provinciale aveva accolto il ricorso; avverso la pronuncia del giudice di primo grado aveva proposto appello l’Agenzia delle Dogane;

la Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello, ritenendo che: gli atti impugnati erano privi di motivazione, non essendo stato allegato il processo verbale di constatazione notificato a terzi (ma meramente citato nel contesto del processo verbale di revisione) e non risultando che gli stessi ne riproducessero il contenuto essenziale; nel merito, l’introduzione fisica della merce non era richiesta quale presupposto per l’applicazione del regime di sospensione dell’Iva sulle importazioni essendo sufficiente la destinazione dei beni ad un deposito Iva; la società contribuente aveva comunque assolto all’obbligo di pagamento dell’Iva, avendovi provveduto mediante emissione di autofattura secondo il meccanismo del reverse charge;

l’Agenzia delle Dogane ricorre con quattro motivi per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia in epigrafe;

si è costituita la società contribuente depositando controricorso; ritenuto che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza di appello ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.Lgs. n. 32 2001, art. 9, del D.Lgs. n. 373 del 1990, art. 11, comma 5-bis, per avere il giudice di appello ritenuto violato l’obbligo di motivazione degli atti impugnati per non avere l’Ufficio impositivo allegato all’avviso di rettifica il processo verbale di constatazione notificato a terzi e, comunque, per non avere riprodotto nell’avviso di rettifica il contenuto essenziale del suddetto processo verbale di constatazione;

con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione del D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 9 del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5-bis, e dei principi relativi agli obblighi di motivazione degli atti impositivi e dei principi relativi all’onere della prova, per avere il giudice di appello confuso il profilo della legittimità dell’atto impugnato con quello della prova della pretesa tributaria con esso fatto valere;

i motivi, che possono essere esaminati unitariamente, in quanto attengono alla questione dell’obbligo di motivazione degli atti impositivi, sono inammissibili;

così come articolati, invero, gli stessi non colgono la ratio decidendi della pronuncia censurata;

il giudice di appello, in realtà, procedendo sulla base delle previsioni normative di riferimento, espressamente citate, ha ritenuto che gli atti impositivi non fossero adeguatamente motivati in quanto gli stessi avevano fatto generico rinvio al processo verbale di constatazione notificato a terzi, ponendo l’attenzione sul fatto che il contenuto essenziale del processo verbale di constatazione notificato a terzi, oltre che non essere allegato, non era stato riportato nei suoi contenuti essenziali, sicchè ne aveva fatto derivare che la contribuente non era stata messa nelle condizioni di conoscere i presupposti posti a fondamento della pretesa fatta valere;

su questa ragione di decisione i motivi di ricorso proposti non hanno alcuna specifico riferimento, posto che la ricorrente prospetta un vizio di violazione di legge in quanto gli atti notificati rendevano palese, mediante il rinvio per la relationem al processo verbale di constatazione, i termini sia qualitativi che quantitativi sulla pretesa tributaria ed i criteri sulla base dei quali la rettifica era stata effettuata;

la ragione di censura, invero, non tiene conto del fatto che, secondo il giudice di appello, proprio il rinvio per relationem non era sufficiente al fine di ritenere che gli atti impugnati fossero motivati, in quanto l’atto di riferimento non era stato notificato alla contribuente e, inoltre, in quanto i suddetti atti non ne riportavano sufficientemente il contenuto essenziale;

il profilo della non sufficiente riproduzione del contenuto essenziale del processo verbale di constatazione non è stato preso specificamente in considerazione nei presenti motivi di ricorso, limitandosi, gli stessi, a sostenere che i termini qualitativi e quantitativi della pretesa tributaria e criteri in base ai quali la rettifica era stata operata erano ricavabili dalla contribuente;

peraltro, anche su questo versante, quello cioè della sufficiente indicazione dei presupposti sui quali la pretesa era stata fatta valere, i motivi di ricorso in esame non risultano dotati del necessario requisito dell’autosufficienza, posto che la ricorrente si limita a riprodurre il testo degli atti impugnati, senza indicare, nell’articolazione dei motivi, sulla base di quali elementi può dirsi superabile la convinzione del giudice di appello di non adeguata motivazione degli atti impugnati;

d’altro lato, nell’esposizione del primo motivo di ricorso, la ricorrente riproduce parti del processo verbale di constatazione notificato a terzi senza, tuttavia, accostare adeguatamente le suddette parti al contenuto degli atti impugnati al fine di consentire la verifica della corrispondenza tra quanto contestato nel medesimo e quanto, poi, riportato negli atti impugnati, superando, in tal modo, il convincimento espresso dal giudice di appello, della loro non corrispondenza;

le considerazione espresse rilevano anche con riferimento al secondo motivo di ricorso, per il quale, inoltre, va osservato che il riferimento compiuto dal giudice di appello alla mancata indicazione di prove a supporto della irregolarità commesse dalla società depositaria, deve essere inquadrato nell’ambito del percorso argomentativo seguito, in particolare il fatto che quanto riportato nel processo verbale notificato a quest’ultima società e non riportato negli atti impositivi, non poteva costituire il presupposto della pretesa, che trovava fondamento, unicamente, in quanto contenuto negli atti impugnati, di per sè soli ritenuti privi di adeguata motivazione;

il rigetto del primo e secondo motivo di ricorso, relativi al difetto di motivazione dell’atto impositivo, hanno valore assorbente degli ulteriori motivi di censura, che attengono ad ulteriori e diversi profili;

in ogni caso, gli stessi sono infondati, per quanto di ragione;

in particolare, con il terzo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis per avere ritenuto che, ai fini della applicabilità del regime di sospensione Iva all’importazione, era sufficiente che il deposito fosse virtuale, mentre dall’esame della normativa di riferimento, nonchè dagli atti interni adottati dall’Amministrazione doganale, doveva ritenersi la necessità ed essenzialità della materiale introduzione delle merci nel deposito doganale;

con il quarto motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 70, per avere ritenuto che l’utilizzo del regime di sospensione dell’Iva all’importazione, quando sia accertato che il deposito è stato meramente virtuale, pur comportando la nascita dell’obbligazione tributaria a titolo di Iva all’importazione, viene meno qualora il cessionario ha comunque provveduto all’assolvimento del versamento dell’Iva mediante il meccanismo del reverse charge, non sussistendo, in questo caso, duplicazione di imposta;

va precisato che in tema è intervenuta la CGUE, con la sentenza 17 luglio 2014, in causa C-272/13, Equoland Soc. coop. a r.l., la quale ha fissato i seguenti principi:

1) l’art. 16, par. 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2006/18/CE del Consiglio, del 14 febbraio 2006, nella sua versione risultante dall’art. 28 quater della sesta direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che subordini la concessione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, prevista da tale normativa, alla condizione che le merci importate e destinate a un deposito fiscale ai fini di tale imposta siano fisicamente introdotte nel medesimo;

2) la sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18, deve essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione sebbene la medesima sia già stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, mediante un’autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo;

ciò precisato, la normativa italiana prevede per la sospensione d’imposta, l’introduzione fisica della merce nel deposito, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis n. 10911 del 2016; n. 17011 del 2016; da n. 15987 a n. 15995 del 2015) e come riconosciuto dalla citata sentenza della CGUE (“il legislatore italiano ha previsto che, al fine di poter beneficiare dell’esenzione dal pagamento dell’IVA all’importazione, il soggetto passivo abbia l’obbligo di introdurre fisicamente la merce importata nel deposito fiscale”);

tuttavia, in base ai principi ai principi formulati dalla Corte di Giustizia, l’Amministrazione finanziaria non può pretendere il pagamento dell’IVA all’importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 50 bis, comma 4, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. n. 427 del 1993, qualora costui abbia già provveduto all’adempimento, sia pur tardivo, dell’obbligazione tributaria nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile mediante un’autofatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite, atteso che la violazione del sistema del versamento dell’IVA, realizzata dall’importatore per effetto dell’immissione solo virtuale della merce nel deposito, ha natura formale e non può mettere, pertanto, in discussione il suo diritto alla detrazione (Cass. n. 19749/2014, 16109/2015, 15988/2015, 17815/2015 e altre);

pertanto, la questione degli effetti dell’assolvimento dell’IVA interna con il meccanismo del reverse charge sull’omesso versamento dell’IVA all’importazione è stata risolta dal giudice di appello alla luce dei principi sopra esposti dalla Corte di Giustizia nella sentenza Equoland che, come si è visto, hanno invece riconosciuto a tale assolvimento l’idoneità, a talune condizioni, di escludere, avendo ritenuto che l’autofatturazione dell’IVA interna all’atto dell’estrazione della merce solo virtualmente inserita nel deposito IVA – con registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo – è idonea a determinare l’assolvimento, sia pur tardivo, dell’IVA all’importazione;

per completezza, va osservato che parte ricorrente non muove alcuna censura alla parte della sentenza del giudice di appello che ha ritenuto non applicabile le sanzioni e, quindi, sotto tale profilo, nessuna valutazione in merito a tale questione può essere espressa in questa sede;

ne consegue il rigetto del ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite, che si liquidano in complessive Euro 1.400,00, oltre spese generali in misura del 15 per cento e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta civile, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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