Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28722 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. I, 16/12/2020, (ud. 25/11/2020, dep. 16/12/2020), n.28722

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 6136/2019 proposto da:

L.N.M.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Daniela

Anbelini, in virtù di procura speciale in calce al ricorso per

cassazione.

– ricorrente –

contro

L.N.D., rappresentato e difeso dal tutore, Avv. Anna Laura

Verna, in virtù di procura speciale in calce al controricorso.

– controricorrente –

e

Procura Generale presso la Corte di appello di Bari;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di BARI n. 29/2019

pubblicata il 9 gennaio 2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25 novembre 2020 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna;

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza del 9 gennaio 2019, la Corte di appello di Bari rigettava l’appello proposto da L.N.M.A. avverso la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Bari n. 93 del 26 maggio 2017, che aveva dichiarato adottabile il minore L.N.D., nato il (OMISSIS).

2. A sostegno della sentenza impugnata, la Corte di appello di Bari ha rilevato che: il contraddittorio era integro in quanto i coniugi affidatari, informati della facoltà di presentare memorie scritte nell’interesse del minore, non avevano prodotto memorie, nè si erano costituiti nel giudizio; l’eccezione di nullità per omessa evocazione in giudizio dello zio del minore era infondata poichè dagli accertamenti svolti era emerso che non vi erano rapporti significativi tra il minore e lo zio che stava a (OMISSIS); i gravissimi abusi sessuali ai quali il minore era stato sottoposto, per mano del compagno della L.N., e con il suo concorso morale, erano stati accertati in sede giudiziale e che era artificio dialettico e un tentativo di suggestione l’assunto che dette condanne non avevano rilievo per non essere ancora coperte da giudicato; anche a volere prescindere dai fatti giudicati in sede penale, gli atti consentivano di ritenere condivisibile la pronuncia appellata perchè fondata su fatti oggettivi che emergevano dal compendio probatorio acquisito e dalle relazioni da ultimo acquisite agli atti dalle quali era emerso il positivo contesto familiare in cui viveva il minore e il suo rifiuto a vedere la madre biologica.

3. L.N.M.A., avverso la suddetta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un unico motivo.

4. L.N.D., nella persona del tutore, ha depositato controricorso.

5. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo ed unico motivo la ricorrente deduce la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 5, comma 1, come novellato dalla L. n. 173 del 2015, art. 2, avendo la Corte di appello errato nel sostenere che al momento in cui era iniziato il procedimento di primo grado la modifica legislativa non fosse stata ancora introdotta in quanto il procedimento per lo stato di adottabilità del minore rubricato al n. R.G. 138/2015 ADS era stato aperto su impulso del P.M. in data 7 luglio 2015 e che tutta l’istruttoria del procedimento era stata effettuata in piena vigenza del disposto normativo di cui alla L. n. 173 del 2015, art. 2 e che, in ogni caso, la norma avendo natura processuale trovava applicazione anche per i processi in corso e pertanto il giudice del gravame avrebbe dovuto dichiarare la nullità della sentenza di primo grado; la Corte, inoltre, aveva deciso motivando il rigetto del ricorso in assenza dei verbali di ascolto, cui avevano fatto seguito le relazioni riguardanti la prima la coppia degli affidatari e la seconda il minore, verbali mai acquisiti al processo che erano necessari ed indispensabili per la decisione, atteso che l’ascolto era avvenuto al di fuori delle aule di giustizia ed erano stati delegati i servizi sociali competenti.

1.1 Il motivo è infondato.

1.2 Ed invero, la Corte di appello, richiamando la sentenza di questa Corte n. 27137 del 15 novembre 2017, ha affermato che nel giudizio d’appello sull’adottabilità del minore, deve essere disposta l’audizione degli affidatari stante la previsione di cui alla L. n. 183 del 1984, art. 5, comma 1 (come modificato dalla L. n. 173 del 2015, art. 1, comma 2), norma che ha natura processuale e che, come tale, trova applicazione anche per i processi in corso, non essendo sufficiente che l’audizione predetta sia già stata effettuata in primo grado.

Ha, poi, osservato che poichè non risultava dagli atti l’identità degli affidatari, essendo stati gli stessi identificati nel corso del giudizio di primo grado con le prime lettere puntate al posto dei nomi (B.G. e P.P.), demandava ai servizi sociali competenti (Comune di (OMISSIS)) di informare i predetti affidatari dell’esistenza del procedimento, con l’avvertenza che la loro convocazione era prevista dalla legge a pena di nullità e che essi avevano facoltà di presentare memorie scritte.

La Corte territoriale ha dato, poi, atto che, dalla relazione dei Servizi sociali del Comune di (OMISSIS), la coppia degli affidatari era stata espressamente informata della facoltà di presentare memorie nell’interesse del minore e che la coppia aveva riferito di essere pronta a produrre quanto eventualmente sarebbe stato richiesto a tutela del minore e che, tuttavia, i predetti affidatari non avevano inteso, nè produrre memorie, nè costituirsi davanti alla Corte.

1.3 Ciò posto va chiarito che la ratio della partecipazione degli affidatari nei giudizi relativi alla dichiarazione di adottabilità di minore va rinvenuta sia nel riconoscimento del loro ruolo nello sviluppo psico-fisico del minore, specie quando si sia stabilita una relazione di media e lunga durata, dovendosi rilevare che la valutazione del tempo cambia in relazione all’età del minore, essendo verosimilmente sufficiente una durata minore nei primi anni di vita a fondare una relazione significativa, sia nell’esigenza di conservare figure significative e caratterizzanti fasi decisive dello sviluppo psico-fisico del minore (Cass., 7 giugno 2017, n. 14167).

1.4 Il contenuto effettivo della partecipazione al giudizio degli affidatari si coglie, inoltre, anche dal contenuto normativo della L. n. 184 del 1983, art. 4, comma 5 ter (introdotto dalla L. n. 173 del 2015, art. 1, comma 1), ai sensi del quale “Qualora, a seguito di un periodo di affidamento, il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia dato in affidamento ad altra famiglia o sia adottato da altra famiglia, è comunque tutelata, se rispondente all’interesse del minore, la continuità delle positive relazioni socio – affettive consolidatesi durante l’affidamento”.

In tale ottica l’audizione degli affidatari assume rilievo nel preminente interesse del minore, atteso il loro ruolo che è quello di costruire un contesto relazionale con il minore, spesso primario, e nella conseguente conoscenza della sua indole e dei suoi comportamenti, bisogni e criticità.

1.5 Ciò posto, questa Corte ha condivisibilmente affermato che gli affidatari dei minori, come previsto dalla L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 5, comma 1, come modificato dalla L. n. 173 del 2015, art. 1, comma 2, devono essere convocati a pena di nullità anche nei procedimenti in tema di responsabilità genitoriale ed hanno facoltà di presentare memorie scritte nell’interesse del minore, oltre a poter rivolgere segnalazioni o richieste al Pubblico Ministero affinchè attivi il procedimento de potestate, ma non hanno la qualità di parti dal momento che il nuovo regime giuridico dell’affido non incide direttamente sulla norma (art. 336 c.c.) che individua i soggetti legittimati ad agire. Gli affidatari, tuttavia, sono legittimati a far valere la violazione degli artt. 315 bis e 336 bis c.p.c., per la mancata audizione del minore nel medesimo procedimento, in quanto tale censura attiene al diverso aspetto della proroga dell’affidamento eterofamiliare per cui hanno presentato richiesta (Cass., 10 luglio 2019, n. 18542).

1.6 Più specificamente, questa Corte ha evidenziato che il legislatore ha previsto la partecipazione degli affidatari ai procedimenti aventi ad oggetto lo stato di adottabilità, al fine di fare emergere nel giudizio la complessiva personalità del minore e le sue esigenze, ma la prevista esigenza per essere soddisfatta prescinde dalla necessaria presenza degli affidatari nel processo, in quanto la loro partecipazione al giudizio può realizzarsi, per espressa previsione normativa, attraverso la presentazione di memorie scritte, di segnalazioni o di richieste al Pubblico Ministero e ancor di più demandando, come nel caso in esame, ai servizi sociali competenti di informare i predetti affidatari (che sono stati effettivamente sentiti dai servizi sociali, così come il minore), con l’avvertenza, per l’appunto, che essi avevano la facoltà di presentare memorie scritte.

1.7 La Corte territoriale, nel caso in esame, ha dato, poi, atto che, dalla relazione dei Servizi sociali del Comune di (OMISSIS), la coppia degli affidatari era stata espressamente informata della facoltà di presentare memorie nell’interesse del minore e che la coppia aveva riferito di essere pronta a produrre quanto eventualmente sarebbe stato richiesto a tutela del minore e che, tuttavia, i predetti affidatari non avevano inteso, nè produrre memorie, nè costituirsi davanti alla Corte.

La Corte territoriale, peraltro, si è così determinata anche in ragione del fatto che dagli atti non risultava l’identità degli affìdatari, poichè gli stessi erano stati identificati nel giudizio di primo grado con le prime lettere puntate al posto dei nomi e che tale modalità di notifica poteva ritenersi sufficiente anche al fine di salvaguardare la segretezza delle loro generalità e di evitare ulteriori scompensi nella vita del minore.

1.8 In definitiva, la censura di nullità del primo grado di giudizio, peraltro sollevata con specifico riferimento al profilo dell’audizione e non anche per la mancata citazione in giudizio degli affidatari, è stata dalla Corte territoriale, nella sostanza, accolta, proprio disponendo che i Servizi Sociali provvedessero a comunicare agli affidatari la pendenza del giudizio e la loro facoltà di presentare memorie, venendo da quell’ufficio sentiti al pari del minore, e in tal modo rinnovando il giudizio, attraverso l’esame delle relative dichiarazioni raccolte dai delegati, e sostituendo al primo giudizio, il secondo.

Come già detto, infatti, la necessità dell’audizione e la facoltà di presentare memorie prescindono dall’attribuzione agli affidatari della qualità di parti formali del procedimento.

1.9 Nel merito, la Corte di appello di Bari ha dato rilievo al ruolo assunto dagli affidatari e, nel contempo, ha valorizzato gli abusi sessuali commessi sul minore dal compagno della ricorrente, richiamando il contenuto delle relazioni acquisite agli atti e specificamente delle relazioni dei Servizi sociali del Comune di (OMISSIS) e della relazione della Psicologa dell’ASL del (OMISSIS).

Si legge, in particolare, nella sentenza impugnata, che la coppia affidataria, ascoltata dai Servizi Sociali, ha evidenziato “come sia importante il loro compito di genitori affidatari e quanto si stiano impegnando nello svolgerlo al meglio” e “come D. necessiti di un costante supporto psicologico che gli consenta di proseguire adeguatamente il suo percorso di crescita, cercando anche di “staccarsi” dal suo passato” e che “il minore ad oggi è ben inserito nel contesto scuola ed extra scuola”.

Nello specifico, i Servizi Sociali hanno evidenziato che la madre ha riferito di avere abbandonato la sua occupazione lavorativa, per dedicarsi pienamente al minore e che il padre si occupava, a dire di tutti i componenti del nucleo, soprattutto dell’extra scuola, accompagnando D. in attività ricreative e sportive; che il padre affidatario ha un lavoro stabile e la coppia possiede una casa di proprietà e che D. è stato accolto con amore da tutta la famiglia in senso lato.

1.10 In conclusione, la censura della ricorrente, nella parte in cui afferma la necessità della regressione del giudizio al Tribunale per i minorenni, previa dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado, è infondata, poichè la partecipazione al giudizio come parti degli affidatari, essendo sufficiente la loro audizione, anche delegata, e l’avvertimento circa le facoltà partecipative descritte (intervento volontario, memorie, ecc.), già si è detto, non è imposta dalla L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 5, comma 1, come modificato dalla L. n. 173 del 2015, art. 1, comma 2, non avendo inciso tale disposizione sulla previsione contenuta nella norma speciale di cui all’art. 336 c.c., norma insuscettibile di interpretazione estensiva o analogica.

2. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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