Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28720 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. I, 16/12/2020, (ud. 11/11/2020, dep. 16/12/2020), n.28720

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29774/2015 proposto da:

L.M., e R.C., elettivamente domiciliati in

Roma Piazza Adriana 15, p. 2, int. 5, presso lo studio dell’avvocato

Claudio Di Pietropaolo, che li rappresenta e difende unitamente agli

avvocati Rita Baggiani, e Franco Maria Grasselli, in forza di

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Autorità Garante per la protezione dei dati personali;

– intimato –

e contro

Unicredit s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Carlo Mirabello 18, presso lo

studio dell’avvocato Alfonso Quintarelli, che lo rappresenta e

difende in forza di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 13414/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 18/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/11/2020 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso depositato il 18/9/2014 R.C. e L.M. hanno proposto opposizione avverso il provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 19/6/2014 che aveva dichiarato infondato il loro ricorso avverso la segnalazione dei loro nominativi, asseritamente illegittima, alla Centrale rischi presso la Banca d’Italia da parte di Unicredit s.p.a..

Secondo i ricorrenti, la Banca aveva omesso di qualificare come contestati tutti i crediti nei loro confronti, come avrebbe dovuto; inoltre anche i crediti che erano stati qualificati come contestati dalla Banca lo erano stati in modo non veritiero.

I ricorrenti hanno chiesto l’annullamento del provvedimento o in subordine la disapplicazione delle disposizioni regolamentari della Banca d’Italia riferite alla Centrale rischi; hanno chiesto altresì l’ordine a Unicredit di blocco, cancellazione e inibizione delle segnalazioni pregiudizievoli e l’accertamento della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale della Banca.

Si sono opposti ritualmente sia il Garante, sia Unicredit s.p.a..

Con sentenza del 18/6/2015 il Tribunale di Roma ha rigettato il ricorso e condannato i ricorrenti alla rifusione delle spese processuali delle controparti.

2. Con atto notificato il 18/12/2015 hanno proposto ricorso per cassazione R.C. e L.M., svolgendo tre motivi.

Con controricorso notificato il 15/1/2016 Unicredit s.p.a. ha resistito al ricorso avversario, chiedendone il rigetto.

Il Garante per la protezione dei dati personali non si è costituito.

I ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I primi due motivi di ricorso denunciano la violazione delle stese disposizioni normative, primarie e sub-primarie, e possono essere esaminati congiuntamente.

1.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione in relazione al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, artt. 53 e 51, della Delib. CICR 29 marzo 1994, del provvedimento della Banca d’Italia del 10/8/1995, delle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia in tema di Centrale rischi (Istruzioni di vigilanza per le Banche, Titolo IV – capitolo 13 – Centrale rischi – istruzioni per gli intermediari creditizi – circolare n. 139 dell’11/2/1991 – 13 e 14 aggiornamento), del D.Lgs. n. 196 del 2003, artt. 4, 7, 145 e degli artt. 111 e 24 Cost..

1.2. I ricorrenti sostengono di essere pienamente legittimati a censurare la segnalazione tardiva ed erronea, perchè parziale, di credito contestato, in quanto soci della società Reggiana Carni Avicunicola di R.C. & c. s.n.c. e destinatari, in virtù dei criteri di collegamento, delle segnalazioni relative a tale società quali soci illimitatamente responsabili.

Il Tribunale non avrebbe considerato la documentazione testuale di tale collegamento, imposto altresì dalle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia e neppure avrebbe rispettato l’ampia portata di definizione del trattamento di dati personali desumibile dal D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 4.

1.3. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti denunciano violazione in relazione al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, artt. 53 e 51, della Delib. CICR 29 marzo 1994, del provvedimento della Banca d’Italia del 10/8/1995, delle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia in tema di Centrale rischi (Istruzioni di vigilanza per le Banche, Titolo IV – capitolo 13 – Centrale rischi – istruzioni per gli intermediari creditizi – circolare n. 139 dell’11/2/1991- 13 e 14 aggiornamento), del D.Lgs. n. 196 del 2003, artt. 4, 7, 145 e degli artt. 111 e 24 Cost..

1.4. I ricorrenti sostengono che la Banca aveva violato le norme in tema di finalità (art. 2), necessità (art. 3) e modalità (art. 11) nel trattamento dei dati personali, che debbono essere trattati in modo lecito e secondo correttezza ed essere esatti e se necessario aggiornati.

1.5. I motivi appaiono inammissibili per difetto di pertinenza e specificità perchè non si confrontano con la ratio decidendi del provvedimento impugnato.

Il Tribunale è partito dalla considerazione che i ricorrenti lamentavano l’erronea segnalazione alla Centrale rischi presso la Banca d’Italia del loro nominativo, quali soci della Reggiana Carni Avicunicola s.n.c., che intratteneva il rapporto bancario con Unicredit, per non aver qualificato che in modo parziale e non veritiero il carattere contestato dei crediti verso la società.

Pur chiarendo preventivamente che i crediti oggetto di segnalazione riguardavano la Reggiana Carni Avicunicola s.n.c., il Tribunale ha ritenuto che le contestazioni circa l’esistenza dei crediti non avevano nulla a che vedere con la normativa invocata in materia di privacy e che il contenuto delle eventuali segnalazioni e la loro rispondenza al vero poteva comportare violazione di diritti soggettivi suscettibili di essere fatta valere in altra sede, ma non sotto il profilo di un indebito trattamento dei dati personali. Questo infatti era avvenuto nell’ambito della segnalazione alla Centrale rischi della Banca d’Italia di informazioni relative ai rapporti di debito e credito e allo stato di insolvenza di persone fisiche o giuridiche previsti dalla legge e dalla normativa di settore.

1.6. Non diversamente aveva ragionato il Garante per la protezione dei dati personali, che aveva osservato che i ricorrenti erano stati inseriti solo quali soci della società segnalata e non in proprio e aveva dato rilievo al fatto che l’attuale normativa di settore imponeva l’inserimento della dizione “credito contestato” solo con riferimento ai rapporti oggetto di segnalazione e non anche per i soggetti eventualmente collegati a tali rapporti.

1.7. Gli stessi ricorrenti riconoscono nei loro atti che al fine di consentire agli intermediari una completa e accurata valutazione del merito creditorio la normativa della Banca d’Italia prevede la rilevazione anche delle forme di coobbligazione, ossia le relazioni

giuridiche fra più soggetti solidalmente responsabili

dell’adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti degli intermediari, che emergono in via solo indiretta quale effetto delle segnalazioni relative al debitore principale.

1.8. Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 4, comma 1, lett. b), pro tempore vigente (prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, recante disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)) – per “dati personali” si intende “qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale”.

Invece per “trattamento” (lettera a)) si intende “qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuati anche senza l’ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, la consultazione, l’elaborazione, la modificazione, la selezione, l’estrazione, il raffronto, l’utilizzo, l’interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati”.

1.9. I ricorrenti non contestano che il trattamento dei loro dati sia avvenuto in un caso previsto dalla legge e dalla normativa di vigilanza della Banca d’Italia, ossia quale coobbligati in quanto soci della società legata dal rapporto bancario a cui atteneva il credito.

Non contestano neppure specificamente che la normativa delle istruzioni della Banca d’Italia (14 aggiornamento) non preveda l’indicazione del carattere contestato del credito per cui il coobbligato viene iscritto, pur riferendo il tenore della clausola di contestazione con riferimento ai rapporti oggetto di segnalazione (p. 9 del ricorso) e le regole in tema di forme di coobbligazione (p. 13 del ricorso), che pure costituisce il fulcro delle decisioni del Garante e del Tribunale.

1.10. In buona sostanza, il trattamento dei dati personali per i soggetti coobbligati è avvenuto in un caso previsto dalla legge, nè può ritenersi scorretto o incompleto per la mancata ostensione del carattere contestato del credito vantato dalla Banca e oggetto di segnalazione avverso il debitore principale, non prevista da alcuna disposizione legale o regolamentare per le forme di coobbligazione rilevate.

Non vi è stato e in realtà neppur è stato propriamente dedotto, un trattamento illegittimo di dati personali, nè il Tribunale ha affatto escluso che la Banca potesse essere chiamata rispondere degli eventuali illeciti commessi con la segnalazione, limitandosi a negare che la fattispecie configurasse un illegittimo trattamento di dati personali suscettibile di essere fatto valere con lo strumento processuale utilizzato dai ricorrenti.

Statuizione questa, per vero del tutto corretta, che non è stata adeguatamente censurata e confutata con i due primi motivi del ricorso.

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, i ricorrenti denunciano nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo il Tribunale erroneamente interpretato la domanda degli attori che avevano fatto riferimento al giudizio pendente in tema di contestazione del credito solo quale presupposto di fatto per richiedere la segnalazione di credito interamente contestato secondo la normativa di settore.

3.1. Il motivo, esposto in modo assai conciso e generico, per un verso è contraddittorio, visto che deduce una nullità della sentenza e la violazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, lamentando tuttavia un presunto errore di interpretazione della domanda giudiziale.

Per altro verso, poi, i ricorrenti attribuiscono al Tribunale una affermazione, quella dell’ultimo capoverso della motivazione, circa la non pertinenza delle questioni inerenti l’accertamento dei rapporti di debito e credito fra la s.n.c. Reggiana Carni Avicunicola e Unicredit, che aveva una funzione solo esplicativa, senza implicare affatto che i ricorrenti avessero proposto una domanda in tal senso, e che accedeva alla principale considerazione sopra ricordata.

Ossia (vedasi 4 capoverso di pag. 2) che non era stato dedotto un illegittimo trattamento di dati personali e che la violazione di altri diritti soggettivi, come quelle attinenti al contenuto delle segnalazioni e alla loro rispondenza al vero, doveva essere proposta in diverso giudizio.

Il motivo è poi inammissibile anche per altra ragione, ossia la carenza di interesse, visto che i ricorrenti concordano sul fatto di non aver proposto la domanda che il Tribunale si è rifiutato di esaminare.

4. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, i ricorrenti denunciano omesso esame di un fatto decisivo e violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., omessa pronuncia, violazione del D.Lgs. n. 196 del 2003, artt. 4, 7, 145 e degli artt. 111 e 24 Cost., con riferimento alla domanda relativa alla illegittimità della segnalazione del past due.

4.1. Aggiungono i ricorrenti che la Banca aveva inserito ulteriori segnalazioni pregiudizievoli, cosa questa che configurava una censura diversa rispetto alla segnalazione di erroneità di credito parzialmente contestato e traducendosi sostanzialmente nella segnalazione di un default, era evidente che la società non dovesse pagare alcunchè alla Banca verso la quale aveva promosso azione giudiziale e verso cui sosteneva di essere in credito di oltre tre milioni di Euro.

4.2. Giova alla comprensione chiarire che cosa significa esattamente Past Due.

L’accordo internazionale “(OMISSIS)” (denominazione breve con cui è conosciuto il documento relativo al Nuovo Accordo sui requisiti minimi di capitale, firmato a Basilea nel 2004, accordo internazionale di vigilanza prudenziale, riguardante i requisiti patrimoniali delle banche, in base al quale, le banche dei Paesi aderenti devono accantonare quote di capitale proporzionate al rischio assunto, valutato attraverso lo strumento del rating) identifica con l’espressione “past due” i crediti scaduti o sconfinanti da più di 90/180 giorni, che rientrano nel novero delle posizioni in default.

Più specificatamente l’accordo “(OMISSIS)” distingue tra i past due di 90 e di 180 giorni, nei quali il secondo è ovviamente più grave. Nella pratica, si tratta di un primo ed importante indizio che il soggetto in questione (azienda o privato) ha delle difficoltà finanziarie che, se non risolte, preludono spesso al default conclamato cioè alla successiva classificazione ad incaglio e/o a sofferenza.

4.3. Il motivo è inammissibile non essendo incorso il Tribunale in alcuna omissione di pronuncia.

Anche ammesso che la domanda in questione con riferimento alle segnalazioni ulteriori fosse stata validamente proposta con la memoria del 15/1/2016, come sembrano sostenere i ricorrenti, le considerazioni esposte a sostegno del rigetto delle domande dei ricorrenti si attagliano perfettamente anche alla domanda in questione, rispetto alla quale non vi era alcuna esigenza di una esposizione differenziata delle ragioni di rigetto.

5. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate a favore della controricorrente Unicredit come in dispositivo.

Occorre inoltre disporre che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore della controricorrente Unicredit s.p.a., liquidate nella somma di Euro 6.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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