Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28718 del 30/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28718 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BATTISTONI Alessandra, rappresentata e difesa, in forza di
procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Annamaria
Nociti, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Rosaria Internullo, via A. Baiamonti, n. 4, Roma;

ricorrente

contro
TESO Adriano, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Antonio Hector
Porzio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via
Oslavia, n. 28;
– controricorrente –

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Data pubblicazione: 30/12/2013

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano in data 11 luglio 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto

udito l’Avv. Riccardo Zena, per delega dell’Avv. Antonio
Hector Porzio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Francesca Ceroni, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. – Con atto di citazione notificato in data 4 aprile
1997, Adriano Teso convenne in giudizio Alessandra Battistoni
affinché fosse accertato il suo esclusivo diritto di proprietà
su alcuni mobili e complementi d’arredo detenuti dalla convenuta dopo la cessazione del rapporto di convivenza che avevano
intrattenuto per alcuni anni e chiese che la Battistoni venisse condannata alla restituzione di tali beni, nonché di alcune
somme datele in prestito.
Si costituì in giudizio la convenuta, contestando le deduzioni avversarie ed affermando, in particolare, che sia i beni
sia il denaro rivendicati da Adriano Teso le erano stati donati dall’attore con altrettanti atti di liberalità nel corso
della loro convivenza e che, pertanto, nessuna restituzione
era dovuta.

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Giusti;

La causa – istruita mediante l’escussione di testimoni e
l’assunzione dell’interrogatorio formale delle parti – venne
decisa dal Tribunale di Milano con sentenza in data 28 marzo
2001, che accolse parzialmente le domande, condannando la con-

2. – La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata
1’11 luglio 2007, in parziale accoglimento del gravame interposto dal Teso, ha condannato la Battistoni a restituire
all’appellante:
Mi seguenti beni mobili, identificati all’asta tenutasi in
Milano presso “Sotheby’s” il 4 aprile 1995 con i numeri
di lotto indicati per ciascuno: n. 455, divano in legno
di noce; n. 560, zuppiera ovale con coperchio di maiolica; n. 568, zuppiera ovale con coperchio di maiolica; n.
599, coppia di vassoi ottagonali ed uno singolo;
B)i seguenti beni mobili identificati all’asta tenutasi in
Venezia presso la “Casa d’Aste Franco Semenzato” il 9 aprile 1995 con i numeri di lotto indicati per ciascuno:
n. 93, tre bottiglie in vetro con decori dorati; n. 127,
coppia di piatti ovali in maiolica con decori; n. 147,
alzata in maiolica dipinta; n. 177, raviera in maiolica a
forma di foglia;
C) i seguenti beni mobili, battuti all’asta tenutasi in Venezia presso la “Casa d’Aste Franco Semenzato” il 20 maggio
1995: tappeto “Aubusson”; tappeto “Savonnerie”; quattro

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venuta a restituire solo alcuni dei beni richiesti.

lumiere; caminiera piemontese; fioriera in maiolica;
piattino in maiolica; vaso con coperchio in porcellana.
La Corte territoriale ha rilevato che dalla lettura
dell’atto di citazione appare evidente che la circostanza che

rivendicati alcune considerazioni in fatto, quali
l’affermazione di avere compiuto a favore della convenuta sia
atti di liberalità sia prestiti, fosse funzionale
all'”inquadramento” delle circostanze dalle quali era poi scaturita la controversia, senza poter attribuire a tale affermazione prodromica un valore ulteriore, non esplicitamente espresso né altrimenti manifestato, ma anzi, in contrasto con
il tenore generale dell’atto di citazione, composto da premesse generali sui fatti, anticipazione del contenuto delle domande ed elenco dei beni, che non lascia adito a dubbi circa
il collegamento diretto tra la domanda di restituzione dei beni e la dettagliata elencazione dei medesimi
Ha inoltre osservato la Corte di Milano che la documentazione prodotta dall’appellante è idonea a dimostrare il titolo
di acquisto di tali beni in capo allo stesso e che, pertanto,
deve trovare accoglimento la relativa pretesa alla loro restituzione, atteso che al termine della convivenza colui che fornisca le prove della proprietà esclusiva in ordine ai mobili
di arredamento della casa ha diritto di ottenerne la restituzione da parte dell’altro che li detenga senza titolo.

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l’attore abbia ritenuto di premettere all’elencazione dei beni

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte
d’appello la Battistoni ha proposto ricorso, con atto notificato il 30 gennaio 2008, sulla base di tre motivi.
L’intimato ha resistito con controricorso.

prossimità dell’udienza.
Considerato in diritto
l. –

Il primo motivo (violazione e falsa applicazione

dell’art. 770, secondo coma, cod. civ.) chiede che venga affermato il principio secondo cui rientra nella nozione di liberalità, eseguita in conformità agli usi e disciplinata
dall’art. 770, secondo coma, cod. civ., l’elargizione di un
bene fatta spontaneamente, tra persone legate da affettuosa
amicizia (specie se conviventi), in proporzione alle condizioni economiche dell’autore dell’atto ed in conformità agli usi
e costumi propri di una determinata occasione, da vagliarsi
anche alla stregua dei rapporti esistenti fra le parti e della
loro posizione sociale.
Il secondo motivo (errata, insufficiente e contraddittoria
motivazione) lamenta che la sentenza impugnata abbia attribuito la qualifica di dono alle ingenti somme di danaro versate
in più occasioni nel corso della relazione affettiva dal Teso
alla Battistoni e non abbia fatto altrettanto con riguardo a
specchiere, piatti in maiolica e altri beni mobili.

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La ricorrente ha depositato una memoria illustrativa in

2. – I motivi – i quali, stante la loro connessione, debbono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.
Il giudice del merito ha affermato il principio secondo
cui, al termine della convivenza, il partner che dia la prova

l’arredamento della casa in cui si svolgeva il ménage, ha il
diritto di ottenere la loro restituzione dal convivente che li
detenga senza titolo, restando tali beni nella proprietà esclusiva di chi ne è titolare; e ha fatto applicazione di questo principio in un caso nel quale l’appellante ha dimostrato,
attraverso la documentazione prodotta, il titolo di acquisto
in capo allo stesso dei beni reclamati.
La ricorrente non contesta, in sé, questo principio, né
sostiene di avere in qualche modo contribuito all’acquisto di
tali beni mobili; ritiene, piuttosto, che nella specie sia
ravvisabile l’ipotesi della liberalità secondo gli usi disciplinata dall’art. 770, secondo comma, cod. civ.
Ora, la censura veicolata si muove su un piano esclusivamente astratto e non coglie nel segno.
Non v’è dubbio che si ha liberalità d’uso quando si ha un
trasferimento spontaneo di ricchezza perché giustificato dai
costumi e dagli usi delle parti, allorché vi sia comunanza di
affetti e reciproca gratificazione in chi dà e in chi riceve;
ma, appunto, il ricorso non va al di là dell’enunciazione di
questo principio astratto, perché non indica da quali risul-

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dell’esclusività della proprietà dei beni mobili costituenti

tanze probatorie – non prese in considerazione dal giudice del
merito – si trarrebbe la dimostrazione della effettiva sussistenza dell’asserito titolo di liberalità a vantaggio della
Battistoni.

fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto che il Teso abbia
in più occasioni versato alla convivente somme di denaro sia a
titolo di donazione sia per far fronte alle spese di gestione
della casa ove vivevano e più in generale all’andamento della
loro vita in comune, non comporta che anche i beni mobili di
arredamento di cui è controversia, acquistati dal Teso, siano
stati trasferiti in proprietà alla Battistoni in forza di un
atto di donazione.
3. – Con il terzo mezzo si prospetta il vizio di extrapetizione con riguardo al capo della sentenza d’appello che ha
compensato tra le parti per un terzo le spese di entrambi i
gradi di giudizio, ponendo a carico della Battistoni i rimanenti due terzi.
3.1. – Il motivo – con cui

si

addebita alla Corte

d’appello di avere riliquidato le spese anche per il giudizio
dinanzi al Tribunale, pur in mancanza di uno specifico motivo
di impugnazione al riguardo – è infondato.
Nella specie, infatti, la Corte territoriale ha accolto,
sia pure in parte, l’appello del Teso e, pertanto, avendo riformato la pronuncia del primo giudice, era legittimata a pro-

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Né è configurabile il lamentato vizio di motivazione: il

cedere, d’ufficio, ad una nuova regolamentazione delle spese.
Invero, in materia di liquidazione delle spese giudiziali, il
giudice d’appello, mentre nel caso di rigetto del gravame non
può, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, mo-

do, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d’ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell’esito complessivo
della lite, atteso che, in base al principio di cui all’art.
336 cod. proc. civ., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha
statuito sulle spese (Caos., Sez. III, 4 giugno 2007, n.
12963; Cass., Sez. lav., 22 dicembre 2009, n. 26985).
4. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cessazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e

condanna

la ricorrente al

rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, liquidate in complessivi euro 2.700, di cui euro 2.500 per
compensi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II
Sezione civile della Corte suprema di Cessazione, il 21 novembre 2013.

dificare la statuizione sulle spese processuali di primo gra-

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