Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28717 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 09/11/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 09/11/2018), n.28717

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18663/2011 R.G. proposto da:

Panda 81 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Ferri, con domicilio eletto

presso il loro studio, sito in Roma, piazza Verbania, 4;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 158/04/10, depositata il 20 maggio 2010;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 giugno

2018 dal Consigliere Paolo Catallozzi.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– la Panda 81 s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 20 maggio 2010, che, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ha adeguato la misura delle sanzioni irrogate con l’atto di contestazione impugnato agli importi delle maggiori imposte accertate a carico della contribuente con sentenza pronunciata in diverso giudizio;

– dall’esame della sentenza si evince che con l’atto impositivo impugnato l’Ufficio aveva proceduto all’irrogazione di sanzioni per violazioni – contestate con separato avviso di accertamento – relative alla contabilizzazione di operazioni soggettivamente inesistenti (relative all’anno 1998) e che la Commissione provinciale aveva accolto il ricorso della contribuente ritenendo non sufficientemente dimostrata l’ipotizzata interposizione fittizia;

– il giudice di appello ha accolto il gravame in ragione del fatto che il giudizio concernente la legittimità dell’avviso di accertamento con cui erano contestate le violazioni sanzionate con l’atto impositivo in esame si era concluso, con sentenza passata in giudicato, con l’accertamento di maggiori imposte dovute dalla contribuente, per cui risultava indispensabile pervenire al relativo adeguamento delle sanzioni;

– il ricorso è affidato a quattro motivi;

– l’Agenzia delle Entrate non si costituisce tempestivamente, limitandosi a depositare atto con cui chiede di poter partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia l’omessa motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, individuato nel giudicato esterno rappresentato dalla sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 207/25/2004 pronunciata tra le stesse parte in relazione ai medesimi presupposti, sia pure per un diverso dell’imposta (1996), che avrebbe riconosciuto l’illegittimità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione, nonchè per omesso assolvimento dell’onere della prova;

– con il secondo motivo deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. per violazione del giudicato esterno formatosi in merito a tale sentenza;

– i motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati;

– l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alla sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta, fa stato con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni diversi solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi a una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere permanente o pluriennale o che concernano la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto potenzialmente mutevoli, in quanto suscettibili di variazione annuale (cfr. Cass. 8 aprile 2015, n. 6953; Cass. 11 marzo 2015, n. 4832);

– ne consegue che qualora, come nel caso in esame, gli atti impositivi muovono dall’accertamento, per diversi anni di imposta, di operazioni soggettivamente inesistenti, la sentenza, passata in giudicato, con cui è stato annullato l’atto relativo ad una annualità, non può vincolare il giudice investito dell’impugnazione dell’atto relativo alla diversa annualità in quanto tali atti risultano essere stati emessi sul presupposto di emergenze fattuali variabili diverse;

– pertanto, indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla sussistenza dell’invocato contrasto del giudicato invocato con quello, richiamato nella sentenza di appello, relativo all’avviso di accertamento che ha dato origine all’atto impositivo in esame, l’eccezione di giudicato non risulta utilmente invocabile in questa sede;

– con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per aver la sentenza impugnata ritenuto sufficiente, ai fini dell’irrogazione delle sanzioni, l’accertamento delle violazioni, senza alcuna indagine in ordine all’elemento psicologico;

– con l’ultimo motivo di ricorso lamenta l’omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione alla non riferibilità dei fatti contestati, alla correttezza e buona fede del proprio operato, nonchè all’assenza di un accordo fraudolento con altre società;

– i motivi, esaminabili congiuntamente, sono inammissibili, in quanto vertono su un profilo – l’insussistenza dell’elemento psicologico – che non risulta essere stato elevato a motivo di illegittimità dell’atto impugnato, per cui risulta essere estraneo al thema decidendum;

– pertanto, il ricorso non può essere accolto;

– le spese del giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano 9.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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