Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28717 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/11/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 07/11/2019), n.28717

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGLIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27613-2018 proposto da:

D.Y., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ROSA VIGNALI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 203/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 24/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

VALITUTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

D.Y., cittadino del Mali, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza n. 203/2018, emessa dalla Corte d’appello di Perugia, depositata il 24 marzo 2018, con la quale è stata confermata l’ordinanza del Tribunale di Perugia che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dallo straniero;

l’intimato Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non abbia ritenuto credibile la narrazione dei fatti operata dall’istante, fondando, peraltro, l’accertamento su fonti risalenti agli anni 2014 e 2015 e, quindi, non aggiornate.

Ritenuto che:

ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), sia indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente;

la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisca, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma. 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione;

il vizio di violazione di legge consista, invece, nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, e come tale è inammissibile in subiecta materia (Cass. 3340/2019);

in mancanza di credibilità dell’istante, debba, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

Rilevato che:

nel caso concreto, la Corte d’appello – condividendo la valutazione del Tribunale e della Commissione territoriale – ha ritenuto – con ampia e dettagliata motivazione – non credibili le dichiarazioni del ricorrente, circa le ragioni per le quali avrebbe abbandonato il proprio Paese, avendo il medesimo lasciato ivi la propria moglie, benchè le violenze dei ribelli colpiscano in particolare le donne, ed avendo il richiedente allegato una situazione di conflitto nel Mali, già cessata un anno prima della sua partenza;

il mezzo si traduce, peraltro, per un verso, in una generica disamina dei principi giuridici in materia, per altro verso, nella proposizione di questioni di merito, inammissibili in questa sede;

restano, di conseguenza, esclusi – oltre lo status di rifugiato – anche la protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Considerato che:

con il secondo motivo di ricorso – denunciando la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – il ricorrente lamenta che la Corte d’appello abbia escluso che sussistano i presupposti anche della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), ancorchè le font più recenti e la giurisprudenza di merito confermino la sussistenza di una situazione di un contesto di violenza generalizzata in Mali.

Ritenuto che:

la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottragga, invero, all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197);

pertanto, soltanto quando il cittadino straniero che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorga il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c), (Cass., 28/06/2018, n. 17069; Cass., 31/01/2019, n. 3016).

Rilevato che:

nel caso concreto, la Corte territoriale ha accertato – confermando le valutazioni operate, al riguardo, dalla Commissione territoriale – che “non solo il richiedente era originario di una parte del Mali, ove c’era ancora la sua famiglia, che non era mai stata interessata dal conflitto, ma aveva dichiarato di essere fuggito dal suo Paese nel 2014, quando il conflitto nel nord del Mali era cessato a seguito dell’accordo di pace del 18.6.2013”;

è, pertanto, evidente che l’istante non ha adempiuto l’onere di allegazione – quanto alla sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata, derivante da un conflitto interno o internazionale in atto – sul medesimo incombente.

Considerato che:

con il terzo motivo di ricorso – denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – il ricorrente censura l’impugnata sentenza, nella parte in cui non ha ritenuto di concedere al medesimo neppure il permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Ritenuto che:

che la attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolga un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, la situazione oggettiva del paese d’origine deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente, la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi (Cass. 4455/2018).

Rilevato che:

nella specie – come dianzi detto – il ricorrente è stato ritenuto inattendibile dalla Corte d’appello, che ha ritenuto, altresì, generica l’istanza di protezione umanitaria, in quanto proposta mediante il mero richiamo alla normativa che la prevede, ed il mezzo si risolve, per un verso, in una nuova, generica, esposizione del regime giuridico della misura di protezione in esame.

Ritenuto che:

per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

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