Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28714 del 23/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 23/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 23/12/2011), n.28714

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 113,

presso lo studio dell’avvocato GRASSO ROSALBA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MORRONE SALVATORE, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, giusta delega in

atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 323/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 02/05/200 r.g.n. 1189/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2011 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito l’Avvocato ORONZO D’AGOSTINO per delega GRASSO ROSALBA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Torino, confermando la decisione del Tribunale di Pinerolo, ha rigettato la domanda che R.M. aveva proposto contro l’INPS per ottenerne la condanna alla corresponsione dell’assegno sociale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6. La Corte territoriale ha considerato decisiva la circostanza che, nella specie, non sussisteva il prescritto requisito reddituale, dal momento che la norma indicata impone di valutare, ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno, non solo il reddito personale dell’assistito ma anche i redditi del coniuge; redditi, questi ultimi che, per il coniuge della R., superavano, negli anni di riferimento (2002 e 2003), il limite stabilito.

Per la cassazione di questa sentenza R.M. ha proposto ricorso fondato su un unico motivo. L’INPS resiste con controricorso.

La ricorrente ha poi depositato istanza al Primo Presidente della Corte per la rimessione alle Sezioni unite della questione – su cui verte il ricorso – riguardante l’individuazione dei criteri di computo per l’accertamento del requisito reddituale utile per l’attribuzione della pensione di inabilità agli invalidi civili, in considerazione del contrasto rinvenibile nella giurisprudenza della cassazione. Il Presidente Aggiunto ha riservato ogni decisione al Collegio giudicante.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nell’unico motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 118 del 1971, art. 9 del D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies, comma 5, aggiunto dalla Legge di conversione n. 33 del 1980, della L. n. 412 del 1991, art. 12, comma 3. Osserva che essa era titolare di pensione di inabilità civile L. n. 118 del 1971, ex art. 18 dall’anno 2000 e che tanto comportava, avendo compiuto il sessantacinquesimo anno di età, la sostituzione, con carattere automatico, del detto beneficio in pensione sociale (da intendersi, a decorrere dal 1 gennaio 1996 quale assegno sociale in virtù della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6,) alle stesse condizioni di reddito previste per la liquidazione della pensione di inabilità, ossia alle condizioni stabilite dal D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies, comma 5, il quale considera unicamente il reddito personale dell’avente diritto, “con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto fa parte”. Erroneamente quindi la Corte territoriale ha ritenuto che nella fattispecie portata al suo esame rilevi la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, e l’ivi previsto requisito reddituale.

2. Il ricorso non merita accoglimento, dovendo la statuizione di rigetto della domanda, di cui alla sentenza impugnata, ritenersi conforme a diritto, ancorchè la motivazione – errata quanto alla individuazione delle disposizioni normative che vengono in considerazione nella presente controversia – necessiti di correzione e integrazione (art. 384 c.p.c., comma 4).

3. Vero è infatti, come sostiene la odierna ricorrente, che la pensione sociale (oggi l’assegno sociale) da attribuire agli invalidi civili ultrasessantacinquenni (qual’era, nella specie, la R.) non ha natura autonoma ma costituisce, ai sensi e per gli effetti della L. n. 118 del 1971, art. 19 una prestazione sostitutiva del trattamento goduto in precedenza, sostituzione che ha carattere automatico e prescinde sia da oneri di domanda, sia dall’accertamento, da parte dell’INPS, della posizione patrimoniale dell’assistito, costituendo la titolarità del trattamento di invalidità civile (sia esso la pensione di inabilità ovvero l’assegno mensile di invalidità di cui alla L. n. 118 del 1971, artt. 12 e 13) sufficiente presupposto per il conseguimento della prestazione in parola (cfr., tra tante, Cass. n. 3058 del 2003, n.l7083 del 2004).

4. La questione da risolvere diventa allora – ed è questo l’oggetto del ricorso della R. – quella riguardante le condizioni economiche che la legge richiede (quale requisito costitutivo) per il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità civile (questo essendo il beneficio economico del quale era stata richiesta la trasformazione in assegno sociale).

5. Come rileva la odierna ricorrente, questa Corte ha fornito interpretazioni difformi della normativa succedutasi in materia, da alcune decisioni affermandosi (Cass. n. 16311 del 2002, 12266 del 2003, n. 14126 del 2006, n. 13261 del 2007, nonchè, da ultimo, Cass. n. 5003 del 2011, n. 4677 del 2011, quest’ultima citata anche dalla odierna ricorrente) che, ai fini dell’accertamento del suddetto requisito, occorre fare riferimento al reddito coniugale, mentre per altre decisioni (Cass. n. 20462 del 2010, n. 7259 del 2009, n. 18825 del 2008) rileva il solo reddito personale dell’assistito.

6. Ritiene, tuttavia, il Collegio che non ricorrano i presupposti per un intervento delle Sezioni Unite sulla questione controversa, ove si consideri che l’interpretazione di cui alle decisioni più recenti sopra citate (Cass. nn. 5003 e 4677 del 2011) – peraltro pienamente consapevoli dell’esistente contrasto giurisprudenziale – costituisce il risultato di una compiuta considerazione e valutazione delle variegate disposizioni normative succedutesi nel tempo e di una ricostruzione del relativo significato che appare essere la più aderente al loro dato testuale nonchè alla complessiva “ratio” dell’intervento legislativo in questa specifica materia, così come evincibile dalle considerazioni che seguono.

7. Nel dettare una nuova disciplina delle provvidenze a favore dei mutilati e invalidi civili, la L. 30 marzo 1971, n. 118 aveva previsto la concessione – a carico dello Stato – di una pensione di inabilità, per i soggetti maggiori di 18 anni nei cui confronti fosse stata accertata una totale inabilità lavorativa (art. 12) e la corresponsione, per i periodi di incollocamento al lavoro, di un assegno mensile ai soggetti con capacità lavorativa ridotta in misura superiore a due terzi (art. 13).

7. Le condizioni economiche richieste dalla legge per l’assegnazione di entrambe le descritte provvidenze erano le medesime: invero l’art. 12, comma 2 fa riferimento a quelle stabilite dalla L. n. 153 del 1969, art. 26 (per la pensione sociale) e, a sua volta, l’art. 13, comma 1 prevede che l’assegno mensile è concesso “con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della pensione di cui all’articolo precedente”.

8. Successivamente, dopo una serie di interventi che avevano portato nel tempo a raddoppiare il limite di reddito stabilito per la pensione di inabilità rispetto a quello previsto per l’assegno mensile di invalidità, il legislatore, nel convertire il D.L. 30 dicembre 1979, n. 663 con la L. 29 febbraio 1980, n. 33 ha aggiunto la disposizione dell’art. 14 septies, con la quale, nel mentre vengono ancor più elevati i limiti di reddito di cui al D.L. n. 30 del 1974, art. 8 (portati a L. 5.200.000 annui rivalutabili annualmente) (comma 4), contestualmente (comma 5), si stabilisce che, per l’assegno mensile in favore dei mutilati e invalidi civili di cui alla L. n. 118 del 1971, artt. 13 e 17 (l’art. 17, poi abrogato dalla L. 21 novembre 1988, n. 508, art. 6 disciplinava l’assegno di accompagnamento per gli invalidi minori di 18 anni), il limite di reddito da considerare è fissato nell’importo di L. 2.500.000 annue, anch’esso rivalutabile annualmente e “da calcolare con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte”.

9. Quello che si esprime in questa norma è chiaramente un intervento riequilibratore, come dimostra il fatto che è, bensì, preso a riferimento il solo reddito personale dell’assistito per l’assegno, ma l’importo da non superare per la pensione di inabilità (comma 4) corrisponde a più del doppio (L. 5.200.000 annue a fronte di L. 2.500.000 annue stabilite per l’assegno) (attualmente la divaricazione si è notevolmente ampliata in quanto, secondo le tabelle INPS, il limite reddituale stabilito per la pensione di inabilità è quasi tre volte superiore a quello indicato per l’assegno, a parità di importo mensile delle due provvidenze).

10. La norma in parola, inoltre, rappresenta una deroga all’orientamento generale della legislazione in tema di pensioni di invalidità e di pensione sociale (oggi assegno sociale), in base al quale il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi e, di conseguenza, non esprime un principio generale con il quale dovrebbero essere coerenti disposizioni particolari. Del resto la sua stessa formulazione letterale, che fa menzione del solo assegno – fino a quel momento equiparato alla pensione di inabilità quanto alla regola del cumulo con i redditi del coniuge – non può che far concludere nel senso che la provvidenza prevista per gli invalidi civili assoluti a questa regola sia rimasta assoggettata.

11 E difatti, anche successivamente, nella L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 12 (dal titolo “requisiti reddituali delle prestazioni ai minorati civili”) la distinzione tra i due benefici assistenziali continua ad essere mantenuta, disponendo la norma che,con effetto dal 1 gennaio 1992, ai fini dell’accertamento, da parte del Ministero dell’Interno, della condizione reddituale per la concessione dei trattamenti assistenziali agli invalidi civili si applica il limite di reddito individuale stabilito per la pensione sociale, con esclusione, tuttavia, degli “invalidi totali”.

12. Decisivo, infine, è il rilievo che la L. n. 118 del 1971, art. 13 è stato sostituito ad opera dalla L. 24 dicembre 2007, n. 247, art. 1, comma 35, della il quale, testualmente, stabilisce che “agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso a carico dello Stato ed erogato dall’INPS, un assegno mensile di Euro 242.84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della pensione di cui all’art. 12”.

13. Si tratta, all’evidenza, di un intervento con il quale viene ripristinato il collegamento tra i due benefici assistenziali quanto alle “condizioni” (comprese, quindi, quelle economiche) richieste per la loro assegnazione. Ma il prendere a riferimento, a tal fine, le “condizioni” stabilite per l’assegnazione della “pensione di cui all’art. 12”, determinare cioè una equiparazione che si vuole modulata sulla disciplina propria della provvidenza prevista per gli invalidi civili assoluti, è, di per sè, indicativo del fatto che tale disciplina – anche per quanto riguarda le condizioni reddituali rilevanti – è diversa da quella nel frattempo dettata (si ripete, con la L. n. 33 del 1980, art. 14 septies, comma 5) per l’assegno mensile, non avendo senso, invero, l’adozione di una simile formulazione normativa ove le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità fossero state le stesse previste per l’assegno, ossia quelle personali dell’invalido, ancorchè coniugato.

14. Da ultimo, non può non osservare il Collegio come l’aver ricondotto l’assegno mensile di invalidità alla disciplina propria della pensione di inabilità (anche) per quanto concerne il requisito economico sia indicativo, da parte del legislatore, di una considerazione della natura della provvidenza in questione, che è diversa dalla qualificazione datane (da una parte della giurisprudenza costituzionale e dalla stessa giurisprudenza di legittimità) come beneficio economico destinato ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive dell’assistito (ossia dalla sua parziale invalidità), evidenziandosene, al contrario, la finalità (vedi, in termini, Corte cost. sent. n. 187 del 2010) “di fornire alla persona invalida civile, che non presti alcuna attività lavorativa, un minimo di “sostentamento”, atto ad assicurarne la sopravvivenza”. Ma se questa è la funzione dell’assegno mensile, non può non assumere rilievo – quale requisito per la sua attribuzione – anche la condizione economica del coniuge dell’invalido ( o dei vari componenti il nucleo familiare tenuti alla sua assistenza), ove si consideri che nel vigente sistema della sicurezza sociale, la solidarietà coniugale (e familiare) concorre con quella collettiva nella eliminazione delle situazioni ostative alla libertà dal bisogno, in attuazione dell’art. 3 Cost., comma 2.

15. In conclusione, deve condividersi e riaffermarsi il principio di diritto espresso nella citata sentenza n. 5003 del 2011, ai sensi del quale “Ai fini dell’accertamento della sussistenza del requisito reddituale per l’assegnazione della pensione di inabilità agli invalidi civili assoluti, di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12 assume rilievo non solamente il reddito personale dell’invalido, ma anche quello (eventuale) del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando l’importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato con i criteri in quella stessa norma indicati”.

16. Poichè, nel caso in esame, l’unica questione posta dalla ricorrente è quella se, ai fini della corresponsione della pensione di inabilità civile rilevi il reddito personale dell’assistito piuttosto che quello complessivo dei coniugi, senza che nulla venga dedotto in punto di avvenuta allegazione – e dimostrazione – in sede di merito della circostanza che, in ogni caso, quel reddito complessivo non superava i limiti previsti dalla L. n. 118 del 1971, art. 12 il ricorso non può che essere rigettato.

17. Considerando che la pronuncia di rigetto avviene correggendo nei sensi di cui sopra la motivazione della sentenza impugnata e tenuto conto dei diversi orientamenti espressi dalla propria giurisprudenza sulla questione controversa, ritiene la Corte che sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2011

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