Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28713 del 30/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 28713 Anno 2013
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 816-2008 proposto da:
GIANGIACOMO

GUIDO

GNGGDU67H27E372B,

GIANGIACOMO

GIUSEPPE GNGGPP40C01G482F, rappresentati e difesi da se
medesimi ex art.86 cpc, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA A DEPRETIS 86, presso lo studio dell’avvocato
GIANGIACOMO VINCENZO;
– ricorrenti –

2013
2347

contro

SPONSILLI BENITO SALVATORE, DI CREDICO LUCIANA;
– intimati

avverso l’ordinanza 1939/07 della CORTE D’APPELLO di

Data pubblicazione: 30/12/2013

CAMPOBASSO, depositata il 30/10/2007;
t
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/11/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

rigetto del ricorso.

Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Gli avvocati Giuseppe e Guido Giangiacomo proponevano,
davanti alla Corte di Appello di Campobasso, ricorso ai
sensi dell’art. 29 L. 794 del 1942 per ottenere, nei
confronti di Benito Salvatore Sponsilli e Luciana Di

Credico, ordinanza di condanna al pagamento della somma
di cui ad un progetto di parcella, asseritamente dovuta
per onorari e spese relative ad un giudizio di appello.
Con sentenza del 30/10/2007 la Corte di Appello di
Campobasso, decidendo quale giudice adito per il
processo di appello, rigettava con sentenza il ricorso
rilevando:
che

i

resistenti

erano

comparsi

all’udienza

dell’8/5/2007 dichiarando di avere già versato la somma
di euro 7.800,00 a pagamento della fattura n. 32/2006,
rilasciata dai ricorrenti e producendo la copia della
suddetta fattura e a prova dell’avvenuto pagamento
avevano prodotto attestato di emissione di assegno
circolare non trasferibile in data 17/8/2006 in
pagamento della fattura n. 32/2006;
che i ricorrenti avevano chiesto termine per
controdedurre, ma alla successiva udienza si erano
limitati a insistere come in ricorso deducendo di avere
ricevuto un acconto già conteggiato nella richiesta di

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i

liquidazione; non avevano, invece, formulato alcuna
osservazione circa la certificazione bancaria e la
fattura allegate dai resistenti pur in assenza di loro
formale costituzione;
– che pertanto, in assenza di eccezioni degli istanti,

prestazione professionale erano state pagate.
Giuseppe e Guido Giangiacomo hanno proposto ricorso
straordinario per cassazione affidato a due motivi.
Benito Salvatore Sponsilli e Luciana Di Credico sono
rimasti intimati.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la
violazione e falsa applicazione degli artt. 28 e 29 L.
n. 794 del 1942 sostenendo che, essendo stata
contestata l’esistenza del credito, il Giudice adito
avrebbe dovuto limitarsi a dichiarare l’inammissibilità
del ricorso e non avrebbe dovuto pronunciare una
sentenza di rigetto, posto che solo l’ordinanza di
inammissibilità non assume contenuto decisorio e non
preclude la possibilità di proporre la domanda di
liquidazione in via ordinaria; la Corte di Appello, con
la sentenza di rigetto avrebbe deciso sull’an
così pronunciando ultra petitum.

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debeatur

doveva ritenersi che le somme richieste per la

I ricorrenti, formulando il quesito di diritto ex art.
366 bis c.p.c., ora abrogato, ma applicabile
temporis,

ratione

chiedono se la Corte di Appello era

competente e poteva decidere con sentenza il ricorso
proposto ex art. 2 e ss. L. 794/1942 in presenza di

poteva rigettare la domanda quanto alla sussistenza del
credito.
1.1 Il problema che qui si pone è se vi sia una
contestazione tale da escludere l’ammissibilità del
rito camerale prescelto con la conseguenza che il
provvedimento conclusivo del procedimento avrebbe
dovuto assumere forma e contenuto di ordinanza di
inammissibilità e non di sentenza di rigetto del
ricorso nel merito.
Questa Corte ha affermato che non vale ad escludere la
possibilità del ricorso al rito camerale la
contestazione che il cliente (come nella specie) faccia
di nulla dovere al professionista per aver già estinto
il credito vantato o perché il credito stesso
prescritto (Cass. 21/5/2003 n. 7957; Cass. 28/8/1997 n.
8169) e con sentenza 21/4/2004 n. 7652 (proprio con
riferimento alla richiesta di deduzione dalla pretesa
di parte attrice di un acconto assuntivamente versato)

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contestazione del credito da parte dei clienti e se

si è affermato che la controversia deve essere trattata
con il rito speciale qualora il cliente, nell’eccepire
l’estinzione totale o parziale del credito in
considerazione dei pagamenti effettuati, non abbia
esteso il “thema decidendum”.

spettanza del compenso né sul suo ammontare, ma si
assumeva che il compenso era già stato pagato.
La Corte di Appello dava atto che il difensore dei
ricorrenti dopo le produzioni chiedeva termine per
controdedurre e che all’udienza di rinvio lo stesso
difensore si riportava ad una memoria in precedenza
depositata nella quale veniva ribadito che i clienti
avevano versato un acconto di euro 2000,00 già
conteggiato nella somma oggetto di richiesta di
liquidazione.
Tanto premesso, la Corte di Appello ha ritenuto che, in
difetto di eccezioni sollevate dai ricorrenti sui
documenti comprovanti il pagamento, dovesse ritenersi
non provata l’estinzione del credito reclamato per
intervenuto pagamento.
Pertanto nella fattispecie, nella quale è mancata una
contestazione specifica sulla rilevanza probatoria dei
documenti che la Corte territoriale ha ritenuto

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Nella fattispecie non v’era contestazione nè sulla

comprovanti il pagamento, non può ritenersi che il
thema decidendum

sia stato esteso oltre i limiti

consentiti dalla particolare procedura camerale e, in
particolare, all’accertamento di rapporti o fatti o
domande estranei o ulteriori rispetto a quelli che già

(cfr., in termini, Cass. n. 7652/2004 cit.) e il
motivo deve essere rigettato.
Va aggiunto che non sussiste e neppure viene dedotto un
concreto pregiudizio al diritto di difesa, in quanto,
come risulta dalla sentenza, il diritto di difesa
stato garantito con la concessione di un termine per
controdedurre richiesto dagli stessi ricorrenti.
2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono il vizio
di motivazione sostenendo che la Corte di Appello
avrebbe motivato insufficientemente sul tema
controverso relativo al mancato pagamento delle
competenze reclamate perché la fattura prodotta dai
resistenti era relativa al pagamento di pregresse
procedure esecutive e che i coniugi Sponsilli mai
avevano sostenuto di avere estinto il credito.
Formulando il quesito “di fatto” i ricorrenti chiedono
se la Corte di Appello non abbia errato nel ritenere
che nulla fosse dovuto ai ricorrenti.

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facevano parte di esso in ragione della domanda attorea

2.1 Il motivo, per come formulato, è inammissibile in
quanto non attinge la

ratio

decidendi

della sentenza

tenuto conto che la Corte di Appello ha ritenuto non
contestato che la fattura prodotta dai resistenti e
l’attestato di assegno circolare emesso in pagamento

per il compenso dovuto ai difensori dei coniugi
Sponsilli; la Corte di Appello ha altresì dato atto che
dopo le produzioni documentali ha concesso un termine
ai ricorrenti per controdedurre e che non erano state
formulate osservazioni sui documenti acquisiti.
Pertanto sarebbe stato onere degli odierni ricorrenti
contrastare tale ratio decidendi specificando come e in
quali termini sarebbero state invece contrastate,
davanti al giudice del merito, le risultanze
documentali.
Per quanto attiene all’errata lettura, da parte della
Corte di Appello, della fattura n. 32/2006 la censura
non può neppure essere valutata non essendo riportato
in ricorso il contenuto della fattura, neppure allegata
come documento del ricorso ai sensi dell’art. 369 n. 4
c.p.c.; inoltre la contestazione sulla rilevanza
probatoria della fattura non risulta proposta davanti

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della fattura documentassero l’estinzione del credito

al giudice del merito così che costituisce questione
nuova e come tale inammissibile.
3. In conclusione il ricorso deve essere rigettato; non
v’è luogo a provvedere sulle spese in quanto gli
intimati non hanno svolto attività difensive.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 7/11/2013.

P.Q.M.

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