Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28711 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 09/11/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 09/11/2018), n.28711

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29963/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS) s.n.c. e i soci F.N.,

V.O., S.G.M.T. e Va.Pa. in fallimento,

in persona del curatore pro tempore;

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 343/46/10, depositata il 29 giugno 2010.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 giugno

2018 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 343/46/10 del 29/06/2010 la CTR della Campania respingeva l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 169/09/08 della CTP di Caserta, che aveva accolto il ricorso della curatela del fallimento della (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS) s.n.c. e dei singoli soci avverso l’avviso di accertamento a fini IVA e IRAP, relativo all’anno d’imposta 1999;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) l’Amministrazione finanziaria chiedeva, in data 24/10/2006, al curatore fallimentare della (OMISSIS) s.n.c. la documentazione contabile e fiscale relativa all’anno d’imposta 1999 e, avuto conto del fatto che quest’ultimo non aveva prodotto le fatture di acquisto, “accertava induttivamente maggiori imposte da versare e disconosceva la detrazione dell’imposta IVA operata dalla società”; b) la CTP di Caserta accoglieva il ricorso della curatela fallimentare evidenziando che il curatore “non ha rifiutato di esibire i documenti richiesti, ma si è trovato nell’impossibilità di produrli perchè non erano nella sua disponibilità”; c) invero, una volta rinvenuti i documenti, il curatore aveva provveduto a depositarli in sede contenziosa, sicchè doveva ritenersi che “la momentanea indisponibilità di documenti non equivale a rifiuto di esibizione degli stessi”; d) avverso la sentenza della CTP l’Agenzia delle entrate proponeva appello;

1.2. su queste premesse, la CTR motivava il rigetto dell’appello evidenziando che: a) il giudice di primo grado aveva “ampiamente motivato la sua decisione con argomentazioni esenti da vizi logici e giuridici e sorretta da motivazione congrua e coerente”; b) non meritava censure il comportamento del curatore della (OMISSIS) s.n.c. “dal momento che la mancata esibizione di una parte della documentazione contabile (fatture di acquisto), alla luce della produzione in data 14/11/2006 dei registri IVA, acquisti e vendite, registro beni ammortizzabili, libro giornale e libro degli inventari, è frutto di una momentanea irreperibilità dei suddetti documenti”, giustificata dalla condizione di fallimento in cui si trovava l’impresa; c) con la produzione in giudizio delle fatture nel corso del giudizio di primo grado, il curatore aveva dimostrato di non avere alcun interesse a non produrre la documentazione mancante;

2. l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

3. la curatela fallimentare non si costituiva in giudizio e restava, pertanto, intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, evidenziando che è obbligo specifico del curatore fallimentare quello di consegnare la documentazione contabile all’Amministrazione finanziaria, sicchè il fallimento della società non può essere una giustificazione, gravando sull’imprenditore fallito l’obbligo di depositare la menzionata documentazione;

2. con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 52e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che presupposto dell’accertamento induttivo non è la sottrazione dolosa della documentazione contabile, rilevando esclusivamente la sua incompletezza;

3. con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 5 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che la produzione giudiziale della documentazione contabile e fiscale mancante deve ritenersi tardiva;

4. i tre motivi, possono essere esaminati congiuntamente per la loro indubbia connessione e sono infondati;

4.1. è necessario prendere le mosse dalla corretta interpretazione del combinato disposto di cui all’art. 51, comma 2, n. 4 (“Per l’adempimento dei loro compiti gli Uffici possono:…4) invitare qualsiasi soggetto ad esibire o trasmettere, anche in copia fotostatica, documenti e fatture relativi a determinate cessioni di beni o prestazioni di servizi ricevute ed a fornire ogni informazione relative alle operazioni stesse”), e comma 5 (“Per l’inottemperanza agli inviti di cui al comma 2, nn. 3) e 4), si applicano le disposizioni di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, commi 3 e 4 e successive modificazioni”), del D.P.R. n. 633 del 1972 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 4, (“Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta”), nella loro formulazione applicabile ratione temporis;

è, altresì, utile prendere in considerazione anche il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 5, che si occupa delle conseguenze della mancata esibizione in sede di accesso, ispezioni e verifiche: “I libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa. Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione”;

4.2. orbene, secondo l’ormai consolidato orientamento della S.C., “in tema di accertamento, l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa solo ove l’amministrazione dimostri che vi era stata una puntuale richiesta degli stessi, accompagnata dall’avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, e che il contribuente ne aveva rifiutato l’esibizione, dichiarando di non possederli, o comunque sottraendoli al controllo, con uno specifico comportamento doloso volto ad eludere la verifica” (così, da ultimo, Cass. n. 7011 del 21/03/2018, che, pronunciata su di una fattispecie similare a quella oggetto del presente giudizio, richiama Cass. S.U. n. 45 del 25/02/2000; si vedano, altresì, Cass. n. 10670 del 04/05/2018; Cass. n. 27069 del 27/12/2016);

si è altresì precisato che “la dichiarazione del contribuente di non possedere libri, registri, scritture e documenti, specificamente richiestigli dall’Amministrazione finanziaria nel corso di un accesso, preclude la valutazione degli stessi in suo favore in sede amministrativa o contenziosa e rende legittimo l’accertamento induttivo solo ove sia non veritiera, cosciente, volontaria e dolosa, così integrando un sostanziale rifiuto di esibizione diretto ad impedire l’ispezione documentale. Infatti, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 52, comma 5, a cui rinvia il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 33, ha carattere eccezionale e deve essere interpretato alla luce degli artt. 24 e 53 Cost., in modo da non comprimere il diritto alla difesa e da non obbligare il contribuente a pagamenti non dovuti, sicchè non può reputarsi sufficiente, ai fini della suddetta preclusione, il mancato possesso imputabile a negligenza o imperizia nella custodia e conservazione della documentazione contabile” (Cass. n. 8539 del 11/04/2014; si vedano, altresì, Cass. n. 24503 del 02/12/2015; Cass. n. 16960 del 11/08/2016; Cass. n. 9487 del 12/04/2017);

4.3. applicando i sopra menzionati principi al caso di specie, deve evidenziarsi, in primo luogo, che l’Agenzia delle entrate non ha allegato nè trascritto la specifica richiesta formulata al curatore fallimentare da parte dell’Ufficio, con la conseguenza che l’Amministrazione finanziaria non ha dimostrato che detta richiesta è stata accompagnata dall’avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza (vale a dire, l’inutilizzabilità dei documenti prodotti in sede contenziosa);

4.4. secondariamente, come correttamente rilevato dalla CTR, il comportamento del curatore fallimentare che non ha esibito le fatture di acquisto, depositandole poi nel corso del giudizio di primo grado, non può essere considerato doloso, vale a dire teso a volontariamente sottrarsi alla verifica, ma unicamente determinato dal mancato deposito delle stesse da parte della società fallita;

e, in proposito, è assolutamente indifferente l’eventuale negligenza del curatore, per non avere questi agito con la dovuta tempestività a richiedere le fatture di acquisto al legale rappresentante della società fallita, perchè tale comportamento non integra il dolo richiesto dalla legge;

nè può ritenersi trasmissibile al curatore l’eventuale stato soggettivo (peraltro, non provato) dell’imprenditore fallito che ha omesso di depositare integralmente, in sede fallimentare, le scritture contabili e fiscali;

4.5. deve, pertanto, ritenersi non solo che la produzione delle fatture di acquisto nel giudizio di primo grado è ammissibile, ma che tale produzione comporta, altresì, il venir meno dei presupposti richiesti dalla legge per l’accertamento induttivo, con conseguente integrale conferma della sentenza impugnata;

7. in conclusione il ricorso va rigettato; nulla per le spese in considerazione della mancata costituzione in giudizio della curatela fallimentare.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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