Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28706 del 23/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 23/12/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 23/12/2011), n.28706

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.F., B.M., D.M.M.,

S.D., B.L.G., N.G., P.

A., T.G., B.B., G.C.

M., S.C. (vedova LI.), G.

M. (vedova CO.), elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA COLA DI RIENZO 69 presso lo studio dell’avvocato BOER PAOLO,

che li rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta delega n atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7493/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/01/2008 r.g.n. 7853/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2011 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato BOER PAOLO;

udito l’Avvocato ANTONELLA PATTERI per delega ALESSANDRO RICCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ROMANO Giulio, che ha concluso per il rigetto per TUMMINO GIUSEPPINA,

estinzione per tutti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La sentenza attualmente impugnata – in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 10 maggio 2005 – rigetta la domanda proposta da D.M.M. e dagli altri undici ricorrenti indicati in epigrafe, volta ad ottenere la condanna dell’INPS (successore ex lege dell’INPDAI) alla riliquidazione delle rispettive pensioni – maturate cumulando periodi di contribuzione versati all’INPDAI con precedenti periodi di contribuzione versati al Fondo di previdenza per il personale delle aziende elettriche private – con esclusione del c.d.

limite soggettivo applicato dall’Istituto.

La Corte d’appello di Roma, per quel che qui interessa, precisa che:

a) in base alla L. 15 marzo 1973, n. 44, art. 5 e al D.M. 7 luglio 1973, art. 3 i dirigenti iscritti all’INPDAI che possono far valere almeno cinque anni di contribuzione presso tale Istituto e che abbiano periodi di contribuzione a carico di forme di previdenza sostitutive dell’AGO possono ottenere a domanda – il riconoscimento di tali ultimi contributi “determinati secondo le aliquote vigenti nelle gestioni di provenienza”;

b) bisogna, tuttavia, tenere conto di ciò che è previsto dalla specifica normativa sui trattamenti pensionistici dell’INPDAI;

c) in particolare, il D.P.R. 8 gennaio 1976, n. 58, art. 1, comma 2 chiarisce che, in caso di ricongiungimento di periodi contributivi ai sensi della L. n. 44 del 1973, art. 5 cit., la pensione calcolata secondo i criteri enunciati in tale normativa “non può comunque superare la pensione massima erogabile dall’INPDAI”, in base allo stesso art. 1, comma 1 cit.;

d) secondo l’INPS tale ultima norma fissa il cd. limite soggettivo, il quale deve essere inteso nel senso che la pensione massima erogabile dall’INPDAI che rappresenta il “tetto invalicabile” – è quella determinata dalla legislazione vigente al momento del pensionamento comprensiva delle “modifiche apportate nel corso degli anni, specificamente dal D.M. n. 422 del 1988 e dal D.Lgs. n. 181 del 1997, che hanno stabilito coefficienti di rendimento per la retribuzione pensionabile, decrescenti in funzione dell’aumento della relativa entità;

e) secondo la difesa dei pensionati, invece, il limite da applicare è solo quello costituito dalla pensione calcolata secondo il D.P.R. n. 58 del 1976 cit., art. 1, comma 1 e cioè in base all’80% della retribuzione pensionabile, senza coefficienti decrescenti di rendimento;

f) la tesi dell’INPS è stata avvallata dalla Corte di cassazione nella sentenza 1 febbraio 2007, n. 2223, nella quale sono anche stati considerati infondati i dubbi di legittimità costituzionale della relativa normativa avanzati dai pensionati, analoghi a quelli prospettati nel presente giudizio;

g) conseguentemente, l’appello dell’INPS deve essere accolto.

2. – Il ricorso di D.M.M. e dagli altri undici pensionati indicati in epigrafe domanda la cassazione della sentenza per due motivi e prospetta un’eccezione di legittimità costituzionale della normativa di riferimento, come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità.

L’INPS resiste con controricorso.

3.- Sono sopravvenute rinunce al ricorso da parte di undici ricorrenti, regolarmente depositate in cancelleria. Di tali rinunce l’INPS ha preso atto prima dell’inizio della relazione nel corso della pubblica udienza, rimettendosi alla decisione della Corte per le spese processuali.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Rileva, in primo luogo, il Collegio che, come si è detto, in corso di causa sono stati regolarmente depositati gli atti di rinuncia al ricorso di D.M.M., C.F., S.C., B.M., B.B., S.D., B.L.G., N.G., A. P., G.M., G.C.M..

L’INPS ha preso atto delle suddette rinunce, rimettendosi alla decisione della Corte per le spese processuali.

Ne consegue che, ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ., deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio nei confronti dei suddetti ricorrenti.

Pur essendovi stata da parte dell’INPS una mera presa d’atto delle rinunce e non una formale adesione ad esse, si ritiene tuttavia di disporre la compensazione fra le parti delle spese processuali in considerazione del finalità di incentivazione alla rinuncia del ricorso, perseguita dalla nuova formulazione dell’art. 391 c.p.c., comma 2, come posto in rilievo dalla giurisprudenza di questa Corte (vedi, per tutte: Cass. SU 16 luglio 2008, n. 19514; Cass. 28 dicembre 2009, n. 27425).

2.- La suddetta estinzione, ovviamente, non riguarda la parte della controversia che si riferisce alla ricorrente T.G., che non ha effettuato alcuna rinuncia al ricorso.

3.- Con il primo motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 181 del 1997, art. 3, commi 1 e 3;

del D.P.R. n. 58 del 1976, art. 1, commi 1 e 2, in relazione alla L. n. 44 del 1973, art. 5, commi 1 e 4; del D.M. 7 luglio 1973, art. 2;

del D.Lgs. n. 181 del 1997, art. 3, commi 1 e 3; della L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 1.

La ricorrente sostiene, in sintesi, che in caso di pensione complessiva risultante dalla sommatoria della quota di pensione prodotta dalla contribuzione versata quale dirigente di impresa industriale iscritto all’INPDAI, e della quota prodotta dalla contribuzione trasferita all’INPDAI dal Fondo Elettrici, maturata in data anteriore al 1988, il relativo trattamento competa nell’intero importo liquidato con l’applicazione dei rispettivi coefficienti di rendimento, nei limiti dell’80% della retribuzione pensionabile, conformemente al disposto del D.Lgs. n. 181 del 1997, art. 3, comma 1, da interpretare sistematicamente con: a) i paralleli decreti delegati emanati, in base alla stessa legge di delega, per gli altri Fondi sostitutivi (Fondo Autoferrotramvieri e Fondo Telefonici), aventi il medesimo scopo di coordinarne le discipline con quella prevista per l’AGO; b) il D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 12, comma 2, e la L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 1.

Si sottolinea, altresì, l’erroneità dell’applicazione, ai suddetti fini, del “limite soggettivo” -cui ha fatto ricorso la Corte romana, sulla base della giurisprudenza di legittimità – che risulta essere determinato, caso per caso, attraverso l’applicazione alla contribuzione trasferita dei coefficienti di rendimento introdotti per la sola contribuzione INPDAI con il D.M. n. 422 del 1988.

4 – Con il secondo motivo di ricorso, illustrato da quesito di diritto, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5: a) omessa valutazione di un punto decisivo della controversia e conseguente falsa applicazione del D.M. n. 422 del 1988 a periodi contributivi maturati in data anteriore alla sua entrata in vigore;

b) violazione del criterio del pro-rata, di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 12, commi 2 e 3, e alla L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 1; c) violazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale in tema di successione delle leggi nel tempo, con riferimento ai rapporti di durata e alla tutela delle posizioni in itinere.

Si rileva, in primo luogo, che i suindicati D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 12, commi 2 e 3, e alla L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 1, hanno limitato gli effetti dell’estensione alle gestioni alternative dei coefficienti di rendimento alla contribuzione maturata dal 1 gennaio 1998, viceversa la Corte d’appello di Roma non solo ha esteso l’applicazione del D.M. n. 422 del 1988 anche a quella parte di contribuzione trasferita dal Fondo Elettrici, ma ha addirittura ricompreso nell’estensione la contribuzione trasferita avente collocazione temporale anteriore al gennaio 1988 (data di decorrenza dell’introduzione dei coefficienti di rendimento).

In tal modo la Corte territoriale avrebbe, altresì, violato l’affidamento riposto dagli interessati nella L. n. 44 del 1973, art. 5.

Ciò sarebbe confermato anche dalla sentenza di questa Corte 23 gennaio 2008, n. 1444, ove è stata data un’articolata interpretazione del D.Lgs. n. 562, art. 3 riguardante il Fondo Elettrici, chiarendosi che la determinazione della relativa pensione si effettua attraverso il passaggio di diverse fasi.

La normativa prevista per l’INPDAI è analoga e va interpretata nello stesso modo, diversamente da quel che ha fatto la Corte territoriale sulla base di precedenti sentenze di questa Corte di cassazione.

5.- In subordine – cioè laddove si dovesse ritenere fondata e conforme al diritto positivo la soluzione adottata da questa Corte nelle sentenze 1 febbraio 2007, n. 2223 e n. 2224, seguita dalla Corte territoriale – la ricorrente prospetta questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, art. 3, comma 2 convertito in L. 20 maggio 1988, n. 160 e delle relative norme di attuazione di cui al D.M. 25 luglio 1988, n. 422, per violazione dei seguenti principi: a) principio di affidamento nella salvezza dei coefficienti di principio di affidamento nella salvezza dei coefficienti di rendimento vigenti nella gestione di provenienza; b) principio del pro rata temporis, in forza del quale le norme che limitano gli effetti della contribuzione operano soltanto per la contribuzione che affluisce successivamente all’entrata in vigore della norma restrittiva, senza intaccare i rendimenti che la contribuzione trasferita aveva in relazione alla sua collocazione temporale nella gestione di provenienza; c) principio di parità di trattamento rispetto ai soggetti che hanno mantenuto la contribuzione nella gestione originaria, nei cui confronti la L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 1, ha fatto salvo il principio del pro-rata temporis.

6.- I due motivi – da trattare congiuntamente, data la loro intima connessione – sono da respingere.

Questa Corte ha già affrontato molte volte le questioni poste dalla ricorrente ed ha affermato, in un primo tempo (a partire dalle sentenze 1 febbraio 2007, n. 2223 e 2224, richiamate nella sentenza attualmente impugnata), il principio secondo cui ai sensi del D.P.R. n. 58 del 1976, art. 2 l’importo della pensione da corrispondere a coloro che si siano avvalsi della facoltà di ottenere la valutazione gratuita presso l’INPDAI dei periodi di pregressa contribuzione a forme di previdenza sostitutive, esclusive od esonerative dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (nel caso di specie, Fondo di previdenza elettrici) non può essere superiore alla pensione che costoro avrebbero conseguito ove, a parità di retribuzione, fossero stati iscritti sempre e solo al l’INPDAI. Questo orientamento è poi stato ribadito più recentemente da Cass. 14 gennaio 2009, n. 724, che ha ulteriormente precisato che, in tema di anzianità contributiva maturata presso l’INPDAI e presso ordinamenti previdenziali diversi dall’INPDAI (nella specie, Fondo Elettrici), in forza della normativa che disciplina la materia – D.P.R. n. 58 del 1976, art. 1; L. n. 44 del 1973, art. 5; D.M. 7 luglio 1973 – sono previsti due distinti calcoli, operanti su piani diversi (D.P.R. n. 58, art. 1 cit.), l’uno rilevante per il calcolo della pensione, l’altro introdotto come limite “in ogni caso” all’importo della pensione, per cui questa non può essere superiore a quello della pensione massima erogabile dall’INPDAI” “ai sensi del comma precedente”, cioè secondo il regime generale dell’INPDAI, il quale non può non essere quello in vigore al momento della maturazione del diritto a pensione, con rinvio necessariamente formale, comprensivo dello ius superveniens, nella specie l’introduzione del tetto pensionabile ed i coefficienti di rendimento decrescenti della retribuzione eccedente il massimale; tale disciplina – nel delineare l’anzidetto procedimento separato di liquidazione della contribuzione trasferita, la cui utilità è evidente ove l’interessato non abbia raggiunto la “massima” anzianità contributiva dei quaranta anni – non pone dubbi di legittimità costituzionale: il limite è paritario per tutti i dirigenti assicurati all’INPDAI, nè sussiste lesione del principio dell’affidamento perchè la riduzione delle aspettative di pensione rispetto al fondo di provenienza dipende da un’opzione espressa in epoca successiva all’introduzione della norma comportante il limite;

infine, il carattere formale del rinvio, confermato dal D.Lgs. n. 181 del 1997, art. 3 in attuazione della delega di cui alla L. n. 335 del 1995, conferita per l’armonizzazione dei regimi pensionistici sostitutivi dell’assicurazione generale obbligatoria, esclude la pretesa abrogazione implicita dell’altro limite D.P.R. n. 58 cit., ex art. 1, comma 2, ad opera del D.Lgs. n. 181 del 1997, suscettibile di nuove disarmonie tra assicurati INPDAI. A questo indirizzo – che ha trovato molte ulteriori conferme (vedi, per tutte: Cass. 30 dicembre 2009, n. 27801; Cass. 31 dicembre 2009, n. 28285; Cass. 16 aprile 2010, n. 9172; Cass. 8 giugno 2010, n. 13742; Cass. 27 settembre 2010, n. 20333) – il Collegio intende dare continuità, non avendo la ricorrente addotto argomenti nuovi e diversi, idonei a portare ad un differente convincimento.

1.- il ricorso di T.G. va quindi rigettato.

Sussistono giustificati motivi (in considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nel contesto del progressivo assetto del diritto vivente) per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

PQM

La Corte dichiara estinto il processo nei confronti di D.M. M., C.F., S.C., M. B., B.B., S.D., L.G. B., N.G., P.A., G.M., G.C.M., con compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio di legittimità.

Rigetta il ricorso di T.G., compensando tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2011

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