Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28706 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2020, (ud. 20/10/2020, dep. 16/12/2020), n.28706

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15645-2019 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL VASCELLO

16, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI ROCCHI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO DI GIACOMO;

– ricorrente –

contro

TRENITALIA SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo

studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4088/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’appello di Roma, a conferma della pronuncia del Tribunale della stessa città, ha rigettato il ricorso proposto da A.A., dipendente con il IV livello contrattuale della Società (OMISSIS) s.p.a. – aggiudicataria di un appalto di servizi di pulizia per Trenitalia s.p.a. – rivolto al riconoscimento del diritto al superiore inquadramento come operaio di VII livello dal luglio 2002 e di livello A dal gennaio 2006 al 31 gennaio 2010;

la Corte territoriale ha fondato il rigetto delle pretese del lavoratore sulla mancata allegazione dei compiti svolti, del grado di autonomia e di responsabilità ad essi inerenti, dell’omesso raffronto fra le mansioni formalmente attribuite e quelle oggetto della declaratoria contrattuale rivendicata;

quanto al periodo relativo agli anni 2006-2010, la decisione ha rilevato che l’appellante, pur riferendo di aver svolto attività proprie della funzione direttiva (come la partecipazione a convention e a riunioni), non ne ha provato il livello di autonomia decisionale e di discrezionalità, nè ha fornito elementi da cui evincere il grado di prevalenza delle predette funzioni rispetto alle mansioni ordinariamente svolte; in altri termini, secondo la Corte d’appello, il lavoratore non ha offerto al giudice del merito la prova dei fatti costitutivi del diritto di cui ha domandato tutela;

la cassazione della sentenza è domandata da A.A. sulla base di due motivi, illustrati da successiva memoria;

Trenitalia s.p.a. ha opposto difese;

il fallimento (OMISSIS) s.p.a. è rimasto intimato;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, parte ricorrente contesta “Violazione o falsa applicazione delle norme di diritto di cui all’art. 2697 c.c. e agli artt. 244,420 e 421 c.p.c.; sostiene che sarebbero esistiti tutti i presupposti per considerare sufficienti ed esaustive le allegazioni e le richieste di prova testimoniale articolate dalla difesa in relazione a ciascuno dei capi di prova evidenziati in sentenza;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta omesso esame su fatti controversi decisivi per il giudizio in relazione alla mancata ammissione della prova orale richiesta e al mancato esercizio dei poteri d’ufficio;

il primo motivo è inammissibile;

a fronte di una statuizione del giudice del merito d’insanabile difetto di allegazione circa lo svolgimento di fatto di mansioni superiori al livello formale d’inquadramento, il ricorrente lamenta il mancato accoglimento dei mezzi di prova richiesti dall’appellante;

le prospettazioni del ricorrente non colgono la ratio decidendi e pertanto il motivo è inammissibilmente dedotto come vizio di violazione delle norme citate, giacchè ciò che il ricorrente avrebbe dovuto censurare è l’interpretazione che il giudice del merito ha dato dell’atto introduttivo del giudizio: sotto questo profilo il motivo comunque difetta di specificità, non avendo egli trascritto il ricorso neppure nelle sue parti salienti e ciò non consente quindi di verificare la correttezza del giudizio espresso circa la genericità delle allegazioni, nei limiti in cui il vizio di motivazione è deducibile secondo la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. Sez. Un. 8053 del 2014).

il secondo motivo è parimenti inammissibile;

il motivo, che deduce il vizio di motivazione si rivela inammissibile, atteso che la relativa doglianza non fa riferimento all’omesso esame “di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia)”(Cass. Sez. Un. 8053 del 2014);

le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che “nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. S.U. n. 8053/2014);

la formulazione della doglianza da parte del ricorrente finisce per denunciare non già l’omesso esame di un fatto storico decisivo, bensì la mancata valorizzazione di risultanze istruttorie, che si assumono erroneamente valutate dalla Corte territoriale.

in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile;

le spese, come liquidate in dispositivo in favore di Trenitalia s.p.a., seguono la soccombenza; nulla spese nei confronti del fallimento (OMISSIS) s.p.a., rimasto intimato;

in considerazione dell’esito del giudizio, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore di Trenitalia s.p.a., che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’adunanza camerale, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

 

 

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