Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28703 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/11/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 07/11/2019), n.28703

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 639-2018 proposto da:

P. COSTRUZIONI DI P.V. & C. SNC, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI GRACCHI 278, presso lo studio dell’avvocato FABIO

GIORGI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA CABIBBO;

– ricorrente –

contro

B.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI SANTA

COSTANZA 27, presso lo studio dell’avvocato DAVIDE JONA FALCO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ISELLA FOLLADOR;

– controricorrente –

contro

T.M., GENERALI ITALIA SPA 00885351007;

– intimati –

avverso la sentenza n. 743/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 30/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

BESSO MARCHEIS.

Fatto

RITENUTO

che:

1. Con atto di citazione dell’8/1/2013 B.P. proponeva opposizione avverso il D. n. 1676 del 2012 con cui il Tribunale di Pordenone le aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 39.015,52 in favore della società P. Costruzioni, quale saldo del corrispettivo dovuto nell’ambito di un contratto di appalto. In particolare, l’opponente lamentava l’esecuzione di lavori non previsti, la maggiorazione non giustificata dei prezzi, la non corrispondenza tra preventivo e consuntivo, nonchè il non corretto operato del direttore dei lavori geom. T.M., di cui chiedeva la chiamata in causa. La convenuta opposta chiedeva la conferma del decreto e, in ogni caso, la condanna dell’opponente a pagare la somma di Euro 39.015,52; costituitosi in giudizio, T.M. proponeva a sua volta domanda riconvenzionale nei confronti dell’opponente, chiedendone la condanna al pagamento dell’importo di Euro 15.862,44, a titolo di compenso per le prestazioni eseguite, e chiedeva altresì la chiamata in causa dalla propria compagnia assicuratrice Assicurazioni Generali s.p.a.

Il Tribunale di Pordenone, con sentenza n. 2/2016, in accoglimento dell’opposizione revocava il decreto ingiuntivo e rigettava la domanda della società P. nei confronti di B. (il complessivo credito della società ammontava ad Euro 154.704,56 e B. aveva già corrisposto Euro 159.500); accoglieva la domanda riconvenzionale di T.; condannava P. a rifondere in favore di B. le spese di lite e poneva definitivamente a carico della medesima quelle relative alla consulenza tecnica d’ufficio.

2. Avverso tale sentenza proponeva appello la società P. Costruzioni, affidandolo a cinque motivi.

Con sentenza 30 settembre 2017, n. 743, la Corte d’appello di Trieste, in accoglimento del primo motivo di gravame, condannava B.P. al “versamento degli importi da IVA sui costi di cui all’appalto tra le parti” (quantificati in Euro 10.675,02) in favore della P. Costruzioni; confermava per il resto l’impugnata sentenza e compensava le spese del secondo grado di giudizio tra tutte le parti.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione la P. Costruzioni di P.V. & C. Snc..

Resiste con controricorso B.P..

Gli intimati T.M. e Generali Italia s.p.a. non hanno proposto difese.

La società ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 – bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. L’unico motivo di ricorso lamenta “violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in ordine alla rideterminazione in grado d’appello delle spese processuali, ivi compresi gli oneri di ctu”: il giudice d’appello ha confermato la sentenza di primo grado in ordine alla condanna della ricorrente al rimborso integrale delle spese legali (comprese quelle di consulenza tecnica) di tale grado, pur avendo in parte accolto l’appello, riconoscendo un residuo credito di Euro 10.675,02 a fronte di una iniziale richiesta di 39.015,52.

Il Collegio ritiene il motivo manifestamente fondato. Secondo il costante orientamento di questa Corte, “in materia di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice d’appello, mentre nel caso di rigetto del gravame non può, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado, allorchè riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d’ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell’esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all’art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese” (così, ex multis, Cass. 1775/2017).

II. Il ricorso va pertanto accolto, il provvedimento impugnato deve essere cassato in relazione al motivo accolto e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decisa nel merito: considerato, appunto, l’esito complessivo della lite che ha visto la reciproca soccombenza delle parti, anche le spese del giudizio di primo grado, come quelle d’appello, vanno compensate.

La liquidazione delle spese di questo giudizio, effettuata nel dispositivo, segue la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, compensa le spese del primo grado di giudizio; condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore della ricorrente che liquida in Euro 1.700 di cui 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

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