Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28702 del 09/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 09/11/2018, (ud. 06/06/2018, dep. 09/11/2018), n.28702

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. NONNO G. M. – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25579/2011 R.G. e sul ricorso riunito

iscritto al n. 26736/2011 R.G. proposto da Consorzio Volontariato

per la Custodia dei Beni Rustici ed Urbani, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via

Portogruaro n. 3, presso lo studio dell’avv. Stefano De Perna,

rappresentati e difesi dall’avv. Alessandro Ciuffreda giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

– controricorrente incidentale –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente -ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia – Sezione staccata di Foggia n. 315/25/10, depositata il 9

agosto 2010;

Lette le conclusioni scritte del P.G., in persona del sostituto

procuratore generale dott. Cuomo Luigi, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso iscritto al n. 26736/2011;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2018

dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 315/25/10 del 09/08/2010, la CTR della Puglia – Sezione staccata di Foggia accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della CTP di Foggia n. 90/06/07, che aveva, a sua volta, accolto, previa riunione dei ricorsi separatamente proposti, l’impugnazione del Consorzio Volontario per la Custodia dei Beni Rustici ed Urbani (denominato anche Consorzio di Vigilanza Notturna e Diurna “Lesina”, d’ora in poi solo Consorzio) nei confronti di due avvisi di accertamento con i quali, con riferimento alle annualità d’imposta 1999 e 2000, l’Amministrazione finanziaria contestava il mancato assoggettamento ad IVA dell’attività di custodia e vigilanza svolta in favore dei consorziati, l’omessa fatturazione dei corrispettivi e la mancata presentazione delle relative dichiarazioni;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) l’Ufficio riteneva che il contributo versato dai consorziati al Consorzio rappresentava il corrispettivo di prestazioni di servizio rese nell’esercizio dell’attività commerciale, in base al combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, commi 2 e 3; b) la CTP accoglieva i ricorsi riuniti proposti dal Consorzio; c) avverso la sentenza della CTP, l’Agenzia delle entrate proponeva appello;

1.2. la CTR motivava il parziale accoglimento dell’appello evidenziando che: a) il Consorzio forniva prestazioni di servizi e di vigilanza anche a soggetti diversi dai consorziati privati e per beni non aventi natura di fondi agricoli, sicchè dette prestazioni erano da assoggettare ad IVA D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 4; b) in ogni caso, l’Ufficio doveva tener conto della detraibilità dell’IVA sugli acquisti ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 13 svolgendo il Consorzio attività d’impresa;

2. avverso la sentenza della CTR sia il Consorzio che l’Agenzia delle entrate proponevano separati ricorsi per cassazione, il primo affidato ad un unico motivo e il secondo a tre motivi;

3. sia l’Agenzia delle entrate che il Consorzio resistevano con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. va pregiudizialmente disposta la riunione del giudizio R.G. n. 26736/2011 al giudizio R.G. n. 25579/2011, essendo stati i ricorsi proposti avverso la stessa sentenza;

1.1. poichè il ricorso dell’Agenzia delle entrate è stato proposto successivamente, quest’ultima assume la qualità di ricorrente incidentale (cfr. Cass. n. 7049 del 22/03/2007; Cass. n. 16589 del 05/08/2005; Cass. n. 15798 del 28/07/2005; Cass. n. 10309 del 28/05/2004);

2. con il primo motivo di ricorso principale il Consorzio deduce insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla natura imprenditoriale dell’attività consortile e della conseguente assoggettabilità a imposta IVA, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 26, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

2.1. in buona sostanza, si evidenzia che solo trentatrè soggetti sugli oltre mille consorziati sono imprenditori commerciali e che i beni sottoposti a vigilanza sono unicamente quelli dei proprietari consorziati, con conseguente applicabilità del regime di esenzione previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 26;

3. il motivo è inammissibile;

3.1. sotto un primo profilo, difetta di autosufficienza, non essendo stato allegato o trascritto il processo verbale di costatazione, dal quale si evincerebbe che l’attività di vigilanza del consorzio è diretta esclusivamente ai beni dei consorziati e non a quelli di estranei, che tra i consorziati il numero degli imprenditori commerciali era di sole trentatrè unità su oltre mille consorziati e che a questi ultimi sarebbe comunque applicabile l’esenzione IVA, secondo quanto affermato dalla circolare n. 23/E del 2009 dell’Agenzia delle entrate (peraltro riferentesi a disciplina sopravvenuta e, dunque, inapplicabile alla controversia);

3.2. sotto un secondo profilo, la CTR, con accertamento in fatto, ha ritenuto che: a) da un esame dello statuto del Consorzio si evince che l’attività esercitata potrebbe rientrare pienamente in quella di impresa; b) al contempo lo svolgimento di tale attività per il Consorzio necessita di una struttura organizzativa tale da non potere escludere la sussistenza di un’impresa; c) tra i partecipanti al Consorzio vi sono anche imprenditori commerciali; d) la semplice circostanza che la fonte primaria di finanziamento è costituita dai contributi versati dai consorziati non giustifica il diritto all’esenzione IVA, atteso che tale esenzione è limitata alle sole prestazioni rese direttamente dalle guardie giurate in qualità di lavoratori autonomi ai privati ed agli enti, ma non anche alle prestazioni fornite dagli istituti di vigilanza privata previsti dal R.D.L. 12 novembre 1936, n. 2144, tra i quali rientra il Consorzio;

3.3. la qualificazione del Consorzio come soggetto esercente attività commerciale e la non spettanza della esenzione prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 26 trova valido supporto argomentativo anche nella giurisprudenza di questa Corte: “in tema di IVA, l’esenzione dall’imposta prevista in materia di servizi di vigilanza dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 26, come modificato dal D.L. 30 dicembre 1982, n. 953, art. 5 (conv. in L. 28 febbraio 1983, n. 53) deve intendersi limitata alle sole prestazioni rese direttamente dalle guardie particolari giurate ai privati ed agli enti, in qualità di lavoratori autonomi, mentre non spetta relativamente alle prestazioni fornite, quand’anche a mezzo di guardie giurate, dagli istituti di vigilanza privata previsti dal R.D.L. 12 novembre 1936, n. 2144. Tale interpretazione è da ritenersi confermata dal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 2 conv. in L. 26 febbraio 1994, n. 133 che, dal primo gennaio 1994, ha esplicitamente previsto l’esclusione dall’applicazione dell’IVA delle prestazioni comunque eseguite dalle sole guardie giurate, rivelando in modo inequivoco l’intento del legislatore di non comprendere in ogni caso nell’esenzione o esclusione, nè prima nè dopo la modifica normativa del 1993, le analoghe prestazioni svolte dagli istituti di vigilanza” (Cass. n. 16101 del 22/07/2011; Cass. n. 8155 del 11/04/2011; Cass. n. 1039 del 19/01/2005);

con riferimento ai consorzi è stato altresì specificato che: “in materia d’IVA e d’imposte dirette, le prestazioni effettuate dai consorzi in favore dei propri associati costituiscono operazioni imponibili e reddito d’impresa, anche laddove rientrino nell’ambito dei compiti istituzionali dell’ente, allorchè siano effettuate dietro pagamento di un corrispettivo specifico che eccede i costi di diretta imputazione, essendo determinato in funzione delle maggiori o diverse prestazioni a cui dà diritto. Ciò vale anche relativamente ai servizi di vigilanza sui beni degli associati, resi, in virtù di specifica autorizzazione prefettizia, tramite guardie giurate, atteso che l’esenzione dall’IVA per l’attività di vigilanza è limitata alle sole prestazioni rese dalle guardie giurate quali lavoratori autonomi” (Cass. n. 7593 del 15/04/2015);

3.4. del resto, “in tema di IVA, i consorzi volontari di urbanizzazione, che ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 4, comma 2, n. 2, sono ricompresi fra i soggetti che possono effettuare esercizio di impresa, svolgono un’attività esterna nei confronti dei terzi, che ne connota la qualità di imprenditore, sicchè hanno l’obbligo di istituire una regolare contabilità fiscale – in particolare, con riferimento alle scritture prescritte dall’art. 14, lett. a) e b) citato D.P.R. – e di emettere fatture relative ai compensi percepiti dai consorziati; conseguentemente, assumono rilevanza fiscale anche i contributi versati dai consoci, che si configurano come corrispettivi di specifiche prestazioni di servizi, come tali rilevanti ai fini dell’applicazione dell’IVA, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3” (Cass. n. 9224 del 09/04/2008; Cass. n. 667 del 15/01/2014);

3.5. a fronte della puntuale ricostruzione in fatto della natura giuridica del Consorzio, la censura della ricorrente tende a supportare una diversa tesi sulla base dei medesimi elementi di cui la CTR ha già tenuto conto ed è, dunque, nel suo complesso inammissibile;

4. con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziando che la CTR ha pronunciato ultrapetita, avendo riconosciuto all’appellato contumace il diritto alla detrazione IVA mai richiesto in sede di ricorso introduttivo, che ha riguardato unicamente il disconoscimento dell’esenzione IVA;

2. il motivo è fondato;

2.1. il diritto alla detrazione dell’IVA ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 non risulta essere stato mai richiesto dal contribuente, contumace in appello, nemmeno con il ricorso in primo grado, sicchè la CTR non ha il potere di provvedere d’ufficio;

2.2. la sentenza va, dunque, cassata in parte qua;

3. con il secondo motivo di ricorso incidentale si contesta la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 55 e del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; evidenziandosi che il contribuente non ha diritto alla detrazione IVA non avendo rispettato il termine di esercizio del relativo diritto (che può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto) e provveduto a presentare la dichiarazione annuale;

4. con il terzo motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle entrate deduce insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non avendo la CTR mai effettuato alcun controllo sull’inerenza dei beni e servizi acquistati nell’attività di impresa e, quindi, sulla detraibilità dell’IVA.

5. I due motivi restano assorbiti a seguito dell’accoglimento del primo motivo.

6. In conclusione, il ricorso principale va rigettato e va accolto il ricorso incidentale limitatamente al primo motivo, assorbiti gli altri due; la sentenza impugnata va cassata con riferimento al motivo accolto e, non essendovi ulteriori questioni di fatto da esaminare, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto degli originari ricorsi proposti dal Consorzio;

6.1. il Consorzio va, altresì, condannato al pagamento delle spese relative al presente grado di giudizio, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore di lite dichiarato di Euro 169.505,28; sussistono, invece, giusti motivi per l’integrale compensazione tra le parti delle spese relative ai gradi di merito.

P.Q.M.

La Corte dispone la riunione del ricorso iscritto al n. 26736/2011 R.G. al ricorso iscritto al n. 25579/2011 R.G.; rigetta il ricorso principale e accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, assorbiti gli altri due; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta gli originari ricorsi proposti dal ricorrente; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 6.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2018

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