Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28700 del 07/11/2019
Cassazione civile sez. VI, 07/11/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 07/11/2019), n.28700
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15056-2018 proposto da:
D.B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
FILIPPO CAPRARA;
– ricorrente –
contro
P.A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
rappresentato e difeso da se stesso e dall’avvocato MARCO PEDRETT;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 518/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
depositata il 02/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 06/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO
ORICCHIO.
Fatto
RILEVATO
che:
è stata impugnata da D.B.A. la sentenza n. 518/2018 della Corte di Appello di Venezia con ricorso fondato su un motivo e resistito con controricorso della parte intimata.
Deve, per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogarsi, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.
La gravata decisione della Corte territoriale, in parziale riforma della decisione di primo grado, condannava D.B.A. al pagamento in favore dell’odierno controricorrente della somma di Euro 6.463,02, oltre accessori dovuta a titolo di competenze professione, compensando parzialmente le spese.
Nel giudizio di primo grado l’adito Tribunale di Verona aveva revocato il D.I. con cui veniva ingiunto al medesimo D.B.o il pagamento della somma di Euro 8.779,34 a titolo di dovuto compenso professionale per due distinte attività, accolto e, quindi, condannato l’ingiungente al pagamento delle spese di lite.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. – Col motivo del ricorso si censura il vizio di contraddittorietà della sentenza e violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c.”.
1.1 – L’impugnata sentenza, esaminata l’attività svolta dal professionista controricorrente-appellante, ha provveduto a determinare nel senso anzidetto le competenze il cui pagamento era dovuto dall’odierno ricorrente.
Il motivo, quindi, nella contestazione di una pretesa contraddittorietà, si appalesa del tutto inammissibile in quanto – a fronte delle argomentate e congrue valutazioni della Corte territoriale – non tiene presente che la contradditorietà motivazionale di una sentenza non è più invocabile con ricorso per cassazione a mente del novellato ed applicabile testo del nuovo n. 5 dell’art. 3609 c.p.c..
Per il resto il motivo tende, attraverso lo strumentale utilizzo della invocata violazione dell’art. 1176 c.c., ad una non possibile rivalutazione in fatto della entità della colpa professionale già adeguatamente svolta dalla Corte del merito (Cass. 25608/2013 e Cass. S.U. n. 24148/2013).
2. – .
3. – Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.
4. – Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019