Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28699 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/11/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 07/11/2019), n.28699

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14902-2018 proposto da:

A.A., R.M., elettivamente domiciliati in ROMA, V.

NOMENTANA 251, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GRILLO,

rappresentati e difesi dall’avvocato SALVATORE BURRASCANO;

– ricorrenti –

contro

RO.CA., RO.GI., G.G., elettivamente

domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONINO GIUNTA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 415/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 12/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

ORICCHIO.

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da A.A. ed a. la sentenza n. 415/2017 della Corte di Appello di Messina con ricorso fondato su un motivo e resistito con controricorso delle parti intimate.

Deve, per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogarsi, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

La gravata decisione della Corte territoriale, accogliendo l’appello delle odierne parti controricorrenti, dichiarava costituita, così come da atti, una servitù di passaggio sul terreno di proprietà degli odierni ricorrenti.

In primo grado, con sentenza in data 7/8.10.2009 l’adito Tribunale di Messina aveva rigettato la domanda di costituzione di servitù coattiva di passaggio per interclusione proposta dalle odierne parti controricorrenti.

Le parti ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – Il motivo su cui è basato il proposto ricorso è così rubricato:

“violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 1051 c.c., commi 1 e 2, nonchè dell’art. 10 c.p.c.”.

Con il motivo si deduce, nella sostanza, che la costituzione di servitù disposta dalla Corte territoriale sarebbe stata errata per il “difetto dell’imprescindibile presupposto stabilito dal legislatore (consistente nella) sussistenza della natura pubblica dell’area a cui accedere”.

1.1. – Il motivo non può essere accolto per più ragioni di seguito, in breve, riassunte.

L’impugnata sentenza, accertata l’interclusione del fondo delle odierne parti controricorrenti (interclusione, peraltro, non risultante neppure contestata) ha ritenuto di procedere alla costituzione della servitù secondo le indicazioni di cui alla svolta CTU in atti.

Tanto, in particolare, veniva statuito sul presupposto dell’attuazione del “minor pregiudizio per il fondo servente”, dell'”unico percorso attuabile” e tenuto conto che esisteva già una “rampa di accesso a strada interpoderale” che avrebbe consentito anche il collegamento dell’intercluso fondo delle odierne parti controricorrenti.

Con la censura oggi mossa parti ricorrenti adducono l’estraneità del tipo di accesso disposto ovvero della disposizione di accesso ad area privata e non pubblica che sostanzierebbe una ipotesi di difetto di condizioni dell’azione proposta con conseguente dovuto rigetto della domanda. Senonchè le doglianze di parti ricorrenti sono, in parte, innovative rispetto a quanto risulta dalla gravata sentenza e dal ricorso stesso (che non specifica dove e quando la questione è già stata posta).

Sotto tale profilo il motivo non è ammissibile (Cass. 7981/2007 e 17041/2013).

Il motivo, poi, non offre ragioni per poter affermare che la Corte territoriale sia andata in contrasto non norme od orientamenti giurisprudenziali.

Anche per tale aspetto il motivo è inammissibile (Cass. nn. 1317/2004 e 635/2015).

La sentenza impugnata ha, peraltro, correttamente provveduto a porre rimedio alla accertata situazione di interclusione (nè poteva ostarvi la destinazione mediata del passaggio accordata a strada interpoderale).

Appare, quindi, in tutta la sua evidenza l’ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso relativa alla strumentale deduzione di vizi di violazione di legge al fine di ottenere una revisione delle valutazioni in fatto correttamente svolte dal Giudice del merito (Cass. n. ri 25608/2013 e 24148/2013).

Il motivo è, quindi, nel suo complesso non accoglibile e va respinto.

2. – Il ricorso va, pertanto, rigettato.

3. – Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in atti.

4. – Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore delle parti controricorrenti delle spese del giudizio, determinate in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

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