Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28698 del 23/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 23/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 23/12/2011), n.28698

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

FARNESINA 355, presso lo studio dell’avvocato AMORESANO ALESSANDRA,

rappresentato e difeso dall’avvocato CORCIONE LUIGI, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8724/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/11/2008 r.g.n. 10322//05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Roma confermando la sentenza di primo grado respingeva la domanda proposta nei confronti del Ministero dell’Economia delle Finanze da B.A., già dipendente delle Ferrovie dello Stato transitato, in data 2 dicembre 1991, per effetto delle procedure di mobilità stabilite dal D.P.C.M. n. 325 del 1988 alle dipendenze del predetto Ministero, avente ad oggetto il computo nella determinazione della retribuzione spettante del controvalore delle concessioni di viaggio, fruite all’atto del suo trasferimento dalle Ferrovie dello Stato, con conseguente condanna del nominato Ministero al pagamento delle relative differenze retributive.

La Corte del merito poneva a base del decisum il rilievo secondo il quale, a norma DEL D.M. n. 73 del 1987, art. 8 i dipendenti transitati in mobilità conservavano il diritto alle “concessioni di viaggio” solo se transitati senza soluzione di continuità verso altra amministrazione dello Stato ed avevano, al momento del transito, già maturato il diritto a pensione ossia vent’anni di servizio.

Avverso tale sentenza il B. ricorre in cassazione sulla base di otto motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima censura il ricorrente, deducendo violazione dell’art. 15 preleggi, della L. n. 1108 del 1995, art. 20, lett. a) e della L. n. 210 del 1985, art. 21, del D.M. 15 aprile 1987, n. 73/T, e del ccnl 1987/1989, formula il seguente quesito: “la L. n. 1108 del 1955 ed il D.M. 15 aprile 1987, n. 73/T devono ritenersi tacitamente abrogati, ex art. 15 preleggi, dalla avvenuta regolamentazione del rapporto di lavoro dei dipendenti F.S. su base contrattuale collettiva, disposta dalla L. n. 210 del 1985, art. 21 ed attuata per la prima volta con il ccnl 1987/1989?”.

Con il secondo motivo il B., allegando violazione dell’art. 15 preleggi, della L. n. 1108 del 1995, art. 20, lett. a), del D.M. 15 aprile 1987, n. 73/T, del D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5, comma 2 articola il seguente quesito: “il disposto del D.M. 15 aprile 1987, n. 73/T, art. 8 è incompatibile con quello del D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5, comma 2 con la conseguenza della tacita abrogazione del primo ex art. 15 preleggi?”.

Con la terza critica il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 12 preleggi, della L. n. 1108 del 1995, art. 20, lett. a), del D.M. 15 aprile 1987, n. 73/T, art. 8, del D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5, comma 2 articola il seguente quesito: “La disposizione di cui al D.M. 15 aprile 1987, n. 73/T, art. 8 che regola il rilascio in natura delle concessioni di viaggio da parte delle Ferrovie dello Stato ai suoi ex dipendenti transitati in mobilità, è norma di natura eccezionale e, in quanto tale, insuscettibile di applicazione analogica nella attuale controversia che presenta una causa petendi ed un petitum del tutto differenti?”.

Con la quarta censura il B., allegando violazione dell’art. 12 preleggi, della L. n. 1108 del 1995, art. 20, lett. a), del D.M. 15 aprile 1987, n. 73/T, art. 8, del D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5, comma 2 pone il seguente quesito: “La disposizione di cui al D.M. 154 aprile 1987, n. 73/T, art. 8, che regola il rilascio in natura delle concessioni di viaggio da parte delle Ferrovie dello Stato ai suoi ex dipendenti transitati in mobilità, può trovare applicazione, in via analogica, nella presente fattispecie che riguarda la richiesta, ai sensi del D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5, comma 2 del riconoscimento che le concessioni di viaggio costituivano parte integrante del trattamento economico di fatto goduto al momento del trasferimento,quindi, che del loro controvalore, ai sensi della citata norma, si doveva tener conto nella determinazione della retribuzione spettante da parte della amministrazione di destinazione, oppure le due fattispecie presentano profili soggettivi e/o oggettivi talmente disomogenei che impediscono il ricorso all’analogia?”.

Con il quinto motivo il ricorrente, sostenendo violazione della L. n. 210 del 1985, art. 21 e D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 2, comma 2 rassegna il seguente quesito: “ritenuta la natura retributiva, il non tener conto del controvalore delle concessioni di viaggio, nella determinazione della retribuzione come disposta dal D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5, comma 2 comporta una reformatio in peius del trattamento economico dovuto al lavoratore?”.

Con la sesta censura il B. allega vizio di motivazione.

Con il settimo motivo il B., deducendo violazione del D.P.C.M. n. 325 del 1988, della L. n. 210 del 1985, dell’art. 2099 c.c. e del CCNL del settore 87/89 pone il seguente quesito:”può essere negata la corrispettività con la prestazione lavorativa ad un beneficio in natura perchè non direttamente connesso ad una specifica prestazione lavorativa ovvero perchè, per la sua fruizione, è rimesso al comportamento facoltativo del dipendente o dei suoi familiari?”.

Con l’ultima critica il B., assumendo violazione degli artt. 342, 434, 414 e 278 c.p.c., rassegna il seguente quesito: “formulata dal lavoratore la domanda specifica di riconoscimento della natura retributiva delle concessioni di viaggio di cui godeva all’atto della mobilità operata ai sensi del D.P.C.M. n. 325 del 1988 è ammissibile, ai sensi del predetto D.P.C.M. n. 325 del 1988, art. 5, comma 2 la richiesta di condanna generica dell’amministrazione di destinazione al pagamento di eventuali differenze retributive dovutegli, da calcolarsi e quantificarsi in separato giudizio?”.

Il ricorso per come sono formulati i quesiti è inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

La giurisprudenza di questa Corte, infatti, ha chiarito che il quesito di diritto, previsto dalla richiamata norma di rito, ha lo scopo precipuo di porre in condizione la Cassazione, sulla base della lettura del solo quesito, di valutare immediatamente il fondamento della dedotta violazione (Cass. 8 marzo 2007 n. 5353) ed a tal fine è imposto al ricorrente di indicare, nel quesito, anche l’errore di diritto della sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (Cass. S.U. 9 luglio 2008 n. 18759), in modo tale che dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in maniera univoca l’accoglimento od il rigetto del ricorso (Cass. S.U. 28 settembre 2007 n. 20360).

In tale prospettiva questa Corte ha affermato che, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, (Cass. S.U. 11 marzo 2008 n. 6420); ovvero quando, essendo la formulazione generica e limitata alla riproduzione del contenuto del precetto di legge, è inidoneo ad assumere qualsiasi rilevanza ai fini della decisione del corrispondente motivo, mentre la norma impone al ricorrente di indicare nel quesito l’errore di diritto della sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (Cass. S.U. 9 luglio 2008 n. 18759 cit.).

Pertanto questa Corte ha rimarcato che il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo con la conseguenza che la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. SU 30 settembre 2008 n. 24339 e Cass. 19 febbraio 2009 n. 4044).

Nella specie rileva la Corte che, relativamente alle dedotte violazioni di legge, la formulazione del relativo quesito di diritto o del principio di cui si chiede l’applicazione, prescinde del tutto dall’indicazione, come si desume dalla su riportata trascrizione degli stessi, della diversa regola iuris posta a base della sentenza impugnata sicchè non è consentito a questa Corte di valutare, sulla base del solo quesito, se dall’accoglimento del motivo possa o meno derivare l’annullamento della sentenza impugnata.

L’affermazione di un principio di diritto da parte di questa Corte, del resto, non è fine a sè stessa, ma è necessariamente strumentale, pur nella funzione nomofilattica, alla idoneità o meno del principio da asserire a determinare la cassazione della sentenza impugnata.

Relativamente al denunciato vizio di motivazione, poi difetta la indicazione del fatto controverso, intesa quale sintesi riassuntiva, simile al quesito di diritto, delle ragioni che rendono, in caso d’insufficienza, inidonea la motivazione a giustificare la decisione, in caso di omissione, decisivo il difetto di motivazione e in caso di contraddittorietà, non coerente la motivazione (cfr. Cass. 25 febbraio 2009 n. 4556, Cass. S.U. 18 giugno 2008 n. 16528 e Cass. S.U. 1 ottobre 2007 n. 2063).

Nè può sottacersi che l’inammissibilità del ricorso appare soluzione obbligata pur se si consideri che i quesiti sopra esaminati non danno in alcun modo spazio – non facendone alcun riferimento – alle argomentazioni che hanno supportato la sentenza impugnata, sia nell’escludere che le concessioni di viaggio spettassero a coloro che non avevano maturato l’anzianità di servizio di cui al D.M. 15 aprile 1987, n. 73, art. 8 sia nell’affermare, in modo corretto sul piano logico-giuridico, che i connotati della concessione ne escludevano strutturalmente la corrispettività con la prestazione lavorativa.

Sulla base delle esposte considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in Euro 50,00 per esborsi, oltre Euro 3.000,00 per onorario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2011

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