Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28694 del 07/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 07/11/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 07/11/2019), n.28694

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5530-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.A., elettivamente domiciliata in ROMA VIA COLA DI RIENZO

111, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO D’AMATO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENNIO BUCCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7/2011 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 11/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/09/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

Fatto

RILEVATO

Che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza n. 7/63/11, depositata l’11.01.2011 dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, che riformando in parte la pronuncia di primo grado, aveva quantificato in misura minore gli importi riconosciuti a R.A. a titolo di rimborso d’imposta.

Rappresenta che il contenzioso traeva origine dall’istanza di rimborso presentata dalla contribuente relativamente all’imposta sostitutiva sulla rivalutazione dei terreni per l’anno 2002, richiesta a seguito di una successiva rivalutazione, rigettata dalla Amministrazione che asseriva come non vi fosse corrispondenza tra i terreni oggetto della prima rivalutazione e quelli per i quali si era provveduto alla seconda rivalutazione.

All’esito del giudizio di primo grado, con sentenza n. 158/09/2009, la Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo aveva accolto il ricorso della contribuente, condannando l’Ufficio alla restituzione di Euro 110.912,76.

La R. aveva impugnato la decisione dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, chiedendo di ridurre alla minor somma di Euro 67.569,20 quanto dovuto dalla Amministrazione a titolo di rimborso. L’Agenzia, con appello incidentale, aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso introduttivo; nel merito il fondamento del rifiuto del rimborso, sia per la decadenza della contribuente dalla prima rata ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, sia perchè i terreni per i quali erano state presentate due richieste di rivalutazione non erano corrispondenti.

Il giudice regionale, con la pronuncia ora impugnata, aveva dichiarato inammissibile l’appello principale per difetto di interesse, aveva rigettato poi l’appello incidentale relativamente alle sollevate eccezioni, aveva ridotto l’importo del rimborso spettante alla R..

L’Agenzia si duole della sentenza con due motivi:

con il primo per violazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, perchè, secondo la prospettazione difensiva della ricorrente, il giudice regionale, una volta dichiarata l’inammissibilità dell’appello, non poteva poi decidere il merito;

con il secondo per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 57 e dell’art. 112 c.p.c., per omessa decisione sulla eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo, denunciata per mancata indicazione dell’oggetto della domanda.

Ha dunque chiesto la cassazione della sentenza, con ogni conseguente statuizione. Si è costituita la R., che ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, e nel merito la sua infondatezza.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Il primo motivo di ricorso è infondato. L’Agenzia, dopo aver riconosciuto la correttezza della pronuncia del giudice regionale in ordine alla inammissibilità dell’appello proposto dalla contribuente per carenza di interesse (avendo chiesto la contribuente di determinare il rimborso in un importo inferiore a quello riconosciuto dal giudice di primo grado), sostiene che la sentenza non poteva affrontare il merito della controversia. Sennonchè la Commissione regionale ha esaminato nel merito non già le questioni proposte dalla R., ma quelle introdotte dalla medesima Agenzia con l’appello incidentale, il quale non risulta neppure che fosse tardivo.

Correttamente dunque il giudice regionale ha deciso nel merito le questioni proposte dalla appellata – appellante incidentale.

E’ infondato quando non inammissibile anche il secondo motivo, con il quale l’Agenzia si duole dell’omessa decisione del giudice regionale sulla eccepita inammissibilità del ricorso introduttivo della contribuente.

Il motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza, perchè l’Agenzia non ha indicato nè riprodotto in modo specifico quando la questione fosse stata sollevata nel giudizio di primo grado, nè ha specificato l’atto nel quale la suddetta eccezione fosse stata riproposta in sede d’appello.

In ogni caso questa Corte ha chiarito, con orientamento ormai consolidato, che il mancato esame da parte del giudice di una questione processuale non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, che si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito (cfr. Cass., n. 321/2016; 22952/2015).

Infondate sono anche le questioni evidenziate con il medesimo motivo, che, per quanto comprensibile, insistono sulla circostanza che la pronuncia si sarebbe occupata della domanda introdotta dalla contribuente, appellante principale, laddove i profili esaminati dalla decisione attengono sempre all’appello incidentale formulato dall’Ufficio.

Il ricorso va pertanto rigettato.

All’esito del giudizio segue la soccombenza della ricorrente nelle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano nella misura specificata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia alla rifusione in favore della R. delle spese di lite, che si liquidano in Euro 3.200,00 oltre spese generali nella misura del 15% e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2019

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