Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28693 del 16/12/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2020, (ud. 20/10/2020, dep. 16/12/2020), n.28693

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14868-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA

D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, ESTER ADA VITA SCIPLINO, LELIO MARITATO,

EMANUELE DE ROSE;

– ricorrente –

contro

A.M.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 966/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 05/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di Bologna, con sentenza n. 966 pubblicata il 5.11.2018, ha respinto l’appello dell’INPS e SCCI spa ed ha confermato la decisione di primo grado che, accogliendo l’opposizione ad avviso di addebito proposta da A.M.C., aveva dichiarato estinto per prescrizione il credito contributivo oggetto del decreto ingiuntivo n. 1221/90;

2. la Corte territoriale ha ritenuto che la decisione di primo grado, di mancata ammissione della prova documentale (atto interruttivo della prescrizione) prodotta in corso di causa, fosse conforme ad una corretta interpretazione dell’art. 421 c.p.c., e del sistema di preclusioni di cui all’art. 416 c.p.c., e che parimenti l’art. 437 c.p.c., impedisse l’acquisizione del documento nel giudizio di appello;

3. avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo; A.M.C. non ha svolto difese;

4. la proposta del relatore è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. con l’unico motivo di ricorso l’INPS ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione e falsa applicazione degli artt. 416 e 437 c.p.c., sotto un duplice profilo;

6. ha criticato, anzitutto, la pronuncia d’appello per aver ritenuto conforme a diritto la mancata ammissione nel giudizio di primo grado del documento, atto di precetto notificato dall’INPS il 5.5.2008 (debitamente trascritto e depositato in allegato al ricorso in esame) idoneo a dimostrare l’interruzione della prescrizione (artt. 416 e 421 c.p.c.);

7. ha premesso di avere, nella memoria difensiva di primo grado (allegata al ricorso come doc. 4), eccepito l’interruzione della prescrizione dei crediti contributivi con un primo atto di precetto notificato il 27.3.2000 e successivamente con altro atto di precetto notificato il 5.5.2008; ha precisato di avere indicato detto precetto a pag. 2 della memoria difensiva e di averlo esibito alla prima udienza di comparizione in Tribunale;

8. ha aggiunto di avere nel ricorso in appello (che ha trascritto per estratto), censurato la decisione del Tribunale di mancata ammissione del citato documento ed ha precisato come l’atto di precetto notificato il 5.5.2008 era stato indicato nella memoria difensiva di primo grado (che ha allegato al ricorso) tra i documenti prodotti (doc. 4) ed era poi risultato non depositato a causa di un disguido telematico;

9. sotto altro profilo, l’INPS ha censurato la sentenza d’appello per non avere, a prescindere dalla tardività della produzione documentale, ritenuto ammissibile la stessa in quanto indispensabile ai fini della decisione sulla pretesa creditoria (art. 437 c.p.c.);

10. ha richiamato i precedenti di questa Corte a Sezioni Unite (sentenza n. 10790 del 2017) e pronunce più recenti (Cass., 30953 del 2018);

11. la prima censura è fondata;

12. questa Corte ha più volte affermato come proprio per accelerare al massimo i tempi del processo del lavoro, il legislatore del 1973 ha imposto l’onere a ciascuna parte di specificare nei primi rispettivi atti giudiziari (ricorso e memoria di costituzione) non solo i fatti posti a base delle loro rispettive richieste e difese ma anche i mezzi di prova di cui intende avvalersi (Cass., S.U. n. 11535 del 2004);

13. tale rigoroso sistema di preclusioni trova un temperamento, ispirato alla esigenza della ricerca della verità materiale cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, nei poteri d’ufficio riconosciuti al giudice;

14. in particolare, con l’art. 421 c.p.c., comma 2, si è inteso imporre, quale caratteristica specifica del rito del lavoro, il contemperamento del principio dispositivo con le esigenze di ricerca della verità materiale con la conseguenza che il giudice, ove reputi insufficienti le prove già acquisite e possa desumere dalle risultanze di causa significativi dati di indagine, non deve limitarsi a fare meccanica applicazione della regola di giudizio fondata sull’onere della prova, ma ha il potere-dovere di provvedere d’ufficio agli atti istruttori sollecitati da tale materiale ed idonei a superare l’incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione, indipendentemente dal verificarsi di preclusioni o decadenze in danno delle parti (cfr. in tal senso Cass., S.U. n. 761 del 2002; S.U. n. 11353 del 2004; S.U. n. 8202 del 2005);

15. si è poi precisato che nel rito del lavoro, ai sensi di quanto disposto dagli artt. 421 e 437 c.p.c., l’uso dei poteri istruttori da parte del giudice non ha carattere discrezionale, ma costituisce un potere-dovere del cui esercizio o mancato esercizio il giudice è tenuto a dar conto (cfr. Cass. n. 14731 del 2006; n. 6023 del 2009; n. 25374 del 2017);

16. nel caso di specie, deve rilevarsi una erronea applicazione degli artt. 416 e 421 c.p.c., non emendata dai giudici di appello;

17. difatti, dalla memoria difensiva dell’INPS e dal successivo ricorso in appello, trascritti in parte e depositati unitamente al ricorso in esame e, comunque, visionabili da questa Corte in relazione alla denuncia di un error in procedendo (cfr. Cass., S.U. n. 8077 del 2012), emerge che l’atto di precetto notificato alla controparte il 5.5.2008 era stato esattamente individuato nella memoria difensiva depositata dall’Istituto in primo grado (e che fosse quindi allegato il relativo “fatto” della notifica del precetto); esso inoltre risultava elencato tra i documenti prodotti ma, di fatto, non prodotto tempestivamente, nel rispetto delle preclusioni di cui all’art. 416 c.p.c., bensì alla prima udienza di discussione;

18. l’esatta individuazione nella memoria dell’INPS del documento (atto di precetto), volto a dimostrare il fatto impeditivo rispetto all’eccezione di prescrizione sollevata da controparte, nonchè l’indicazione dello stesso tra i documenti prodotti (ma non materialmente depositato), non solo conduce ad escludere una lesione del principio del contraddittorio, alla cui tutela è volto il sistema di preclusioni nel rito del lavoro, mancando qualsiasi elemento di novità o sorpresa, ma certamente avrebbe dovuto indurre il primo giudice ad esercitare i poteri istruttori d’ufficio di cui all’art. 421 c.p.c.;

19. la sentenza impugnata, laddove ha confermato la decisione del Tribunale che aveva dichiarato tardiva la produzione dell’atto di precetto senza fare ricorso ai poteri istruttori d’ufficio, nonostante la puntuale indicazione del documento nella memoria difensiva di primo grado, non ha fatto corretta applicazione dell’art. 421 c.p.c., e non ha doverosamente contemperato le preclusioni del rito del lavoro con l’esigenza di ricerca della verità (cfr. Cass. n. 32983 del 2019);

20. per le ragioni esposte il ricorso deve trovare accoglimento nei limiti di cui in motivazione; la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2020

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