Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28690 del 18/10/2021

Cassazione civile sez. I, 18/10/2021, (ud. 03/06/2021, dep. 18/10/2021), n.28690

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10734/2020 proposto da:

A.D., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della

Corte di cassazione, rappres. e difeso dall’avv. Giulio Marabini, con

procura speciale in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., rappres. e

difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è

elett.te domic.;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, n. 871/2020, depositato

l’8/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/06/2021 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

A.D., cittadino della Nigeria, propose opposizione al provvedimento della Commissione territoriale che aveva rigettato la sua domanda di protezione internazionale ed umanitaria, per l’inattendibilità delle dichiarazioni del ricorrente e per l’insussistenza di gravi motivi di carattere umanitario.

Con decreto dell’8.2.20, il Tribunale di Bologna ha rigettato il ricorso osservando che: le dichiarazioni rese dal ricorrente erano generiche, e non credibili in quanto non coerenti circa varie circostanze rilevanti oggetto di narrazione (la fuga dalla Nigeria per sfuggire alla minaccia di morte da parte di appartenenti ad un partito contrapposto a quello al quale il ricorrente apparteneva); dalle fonti esaminate non si desumeva la situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato nella regione di provenienza dell’istante, ai fini della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, sub lett. c); non ricorrevano i presupposti della protezione umanitaria per la mancata prova dell’integrazione sociale e lavorativa, non essendo a tal fine sufficiente l’attività lavorativa svolta, né il periodo trascorso in Libia per la mancata allegazione di relative specifiche condizioni di vulnerabilità A.D. ricorre in cassazione con due motivi.

Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

RITENUTO

Che:

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2, lett. e), artt. 4, 9, 15 20 direttiva 2004/83, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), art. 14, nonché omesso esame di fatto decisivo, avendo il Tribunale negato la protezione sussidiaria, erroneamente escludendo che in Nigeria vi fosse una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, considerando che il predetto art. 14, non aveva recepito il disposto dell’art. 8, della suddetta direttiva circa il riferimento alla regione d’origine, sicché il Tribunale avrebbe dovuto accertare la situazione di violenza sull’intero territorio nazionale, nonché nelle altre regioni indicate.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, per aver il Tribunale negato il riconoscimento della protezione umanitaria, omettendo di considerare sia il periodo trascorso in Libia, sia l’avvenuta integrazione sociale attraverso l’attività lavorativa svolta nell’ultimo anno, con l’assunzione avvenuta nel settembre 2019 da parte di un’impresa forlivese.

Il primo motivo è inammissibile, poiché diretto al riesame dei fatti relativi alla protezione sussidiaria, ex art. 14, lett. c), e generico, non sviluppando critiche specifiche sul contenuto delle fonti utilizzate dal Tribunale; inoltre, non è condivisibile la doglianza afferente all’omesso esame della situazione di violenza indiscriminata sull’intero territorio della Nigeria, essendo sufficiente che il Tribunale abbia verificato la situazione nella regione di provenienza del ricorrente, escludendone la pericolosità, essendo a tale fine irrilevante che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, non abbia recepito il contenuto dell’art. 8 della citata direttiva. Al riguardo, secondo l’orientamento di questa Corte (Cass., n. 29621 e 8230/20), non sussistono i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), nel caso in cui il pericolo di minaccia grave, derivante da violenza indiscriminata non sia presente nella regione di provenienza del richiedente, essendo tale ipotesi diversa da quella prevista dall’art. 8 della direttiva 2004/83/CE, non recepita nel nostro ordinamento, in cui il pericolo di persecuzione sussiste nel territorio di provenienza, ma potrebbe tuttavia essere evitato con il trasferimento in altra parte del territorio del medesimo paese.

Il secondo motivo è parimenti inammissibile, in quanto diretto al riesame dei fatti sull’integrazione sociale del ricorrente, che è stata rettamente esclusa dal Tribunale non essendo a tal fine sufficiente l’attività lavorativa di recente intrapresa e l’impegno profuso nello studio della lingua italiana.

Nulla per le spese, dato che il Ministero non ha depositato il controricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2021

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